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Aaron rappresenta un problema, dato che, in seguito a quel bacio sulla guancia, il suo fascino velenoso deve avermi infettata, portandomi a pensare a lui ogni qual volta non abbia nulla da fare nella mia noiosa vita da sedicenne.
Ho deciso che, per ingannare il tempo e porre fine al miscuglio di ansia e agitazione che solo quel ragazzo avrebbe potuto provocarmi, avrò bisogno di intraprendere delle nuove e svaganti attività.
Sono partita dallo yoga, poi sono passata alla meditazione e, infine, ai lavori manuali, quelli che il sindaco Archer ha proposto ai suoi cittadini qualche giorno fa con un annuncio pubblico sul suo profilo Facebook.
Il Moo ha bisogno di una passata di vernice nera sul muro esterno e io mi sono occupata di offrire la mia esile mano al bene di questa comunità.
"Che cosa combini?" chiede Justin che, sfortunatamente, mi ha trovata, nonostante abbia fatto di tutto nelle ultime ore per disperdere le mie tracce.
"Non lo vedi?" rispondo passando la vernice sulla parete, su e giù con movimenti lenti e accurati.
Mio padre ha sempre voluto che mi impegnassi nei lavori di casa e, il fatto che lui non ne fosse per nulla in grado, ha spinto me a diventarlo. "Vuoi una mano?" chiede mentre la sedia che ho utilizzato per raggiungere un'altezza maggiore traballa.
"A verniciare?"
Lo guardo con il pennello gocciolante nella mano destra e l'aria da saputella.
"Sei pensierosa, è di sicuro colpa di quello che ti stava succedendo in bagno: il mostro ti perseguita."
"Non iniziare" dico saltando giù dalla sedia e rimettendo il pennello nel secchio di vernice.
Dovrei scattare delle foto a questo posto ma i ricordi mi riporterebbero a Jules, a come una notte venne qui da sola per immortalare il Moo, mostrandomi poi il suo lavoro orgogliosamente.
A volte mi manca ma, sapere che Aaron non l'abbia uccisa, basta a farmi tornare il sorriso.
"Puoi parlarne con me."
"Posso, certo, ma a cosa servirebbe? Lui è qui e non sappiamo come liberarcene."
Justin ha il complesso dell'eroe, non ci vuole molto a capirlo, vive con la costante paura che, se non salverà tutti, la sua punizione finale sarà molto più cattiva di quanto già dovrebbe esserlo per un non morto. Non ci penso più quando le campane della chiesa prendono a suonare, rimbombando in modo assordante.
I cittadini camminano davanti all'edificio con timore, aumentando il passo per superare quella stradina il più in fretta possibile.
"Sta iniziando una messa privata" dico, attratta da ciò che sta accadendo all'interno della chiesa tanto misteriosa di New Hope.
"Ne fanno almeno due al giorno, che cosa c'è di strano?" domanda Justin che vorrebbe discutere di tutt'altro argomento.
"C'è di strano che sono private; perché?"
Mi avvio alla grande finestra vetrata che riflette la luce del sole, abbassandomi di qualche centimetro. Non voglio che la gente del posto parli di come abbia provato a introdurmi di soppiatto in chiesa durante una messa privata.
"Non vorrai intrufolarti? Abbiamo quasi finito la scorta di acqua santa"
Justin mi insegue, mosso dalla paura che queste siano le mie reali intenzioni.
"Ne basterà poca."
"Zoe, è una pessima idea."
"Una delle tante."
Lo metto a tacere e gli rubo l'acqua santa dallo zaino, mettendomene un po' sulla fronte. Brucia e sento improvvisamente il mio corpo andare a fuoco.
Ci saranno quindici gradi, non dovrebbe fare così caldo.
Justin mi imita con titubanza e ci teletrasportiamo in chiesa, nascondendoci dietro a una fila di panchine.
Il discorso che padre Ernest sta tenendo di fronte agli altri sacerdoti è da accapponare la pelle.
"E doniamo a te, nostro protettore, il sacro sangue delle nostre carni, come atto di fede per la purificazione di New Hope."
La sua voce è inconfondibile, di un colore caldo e ipnotico, seppur rauca e appartenente a un uomo anziano.
"Ha detto sangue?" domanda Justin. "Spero che intendesse vino."
"Sarebbe troppo bello per essere vero."
Analizzo i movimenti di Padre Ernest, come stia prendendo una ragazza, vestita con un lungo abito bianco, per farla stendere sull'altare.
"Aspetta, quello è il corpo di Jasmine" dico sforzandomi per riconoscere di chi siano le forme di quel cadavere ormai senza anima.
Aaron gliel'ha rubata, strappata via dalla carne aggressivamente sotto ai nostri occhi increduli e disorientati.
"Doniamo a te la nostra vergine fanciulla ormai libera da ogni peccato."
È ciò che dice padre Ernest e le stesse parole vengono ripetute dagli altri sacerdoti meccanicamente.
"Prendi il suo cuore e fanne ciò che vuoi, beandoti del suo dolce calore."
Il discorso dell'uomo incappucciato procede e, nello stesso modo di prima, i sacerdoti si comportano come dei pappagalli.
Mi sprono a non guardare la scena mentre padre Ernest pulisce un coltello da macellaio, si occupa di lucidarlo attentamente, non lasciando il minimo segno di sporcizia, e lo solleva impugnandolo dal manico.
"Justin..."
Il mio fiato sta calando insieme alla capacità di assistere a quello che sta inevitabilmente per accadere. Jasmine viene colpita al petto con violenza, una, poi due e tre volte, fino a diventare vera e propria carne da macello, sfruttata da un gruppo di matti per il loro sacrificio. "Allontanati!"
Justin tira l'orlo della mia manica. "No, sei matto? Stanno per farla a fettine."
"Ecco perché ti devi allontanare" dice accigliato, guardandomi cupo.
Non do ascolto alla sua richiesta e punto gli occhi su padre Ernest che gira il capo verso di me, incontrando la mia espressione sconcertata.
È uno scambio di sguardi che dura per un solo secondo, ma non vuol dire che lui non mi abbia riconosciuta, che non sappia già chi sono e perché lo sto spiando.
"Mi ha guardata" dico, sta volta allontanandomi e uscendo dalla chiesa, arrabbiandomi con me stessa per non aver dato retta a Justin quando ancora padre Ernest non mi aveva beccata.
"Scappa, cazzo!" ingiunge lui, correndo con una fretta dettata dall'orrore al quale abbiamo assistito entrambi.
Il sangue schizzava ovunque, sulla tunica di Padre Ernest, sulla sua faccia e sulle pareti, perfino sulla panchina, dalla quale mi sono ritrovata costretta a spostarmi inorridita.
"Teletrasportati a casa" dice introducendosi in un vicolo alle spalle del Moo, sparendo con un salto.
Mi ha lasciata qui, dimenticandosi del mio problema con il teletrasporto. Non sono ancora abbastanza brava per scappare in un modo simile, verrò catturata da padre Ernest e ridurrà anche me in piccoli pezzi da vendere poi al mercato nero.
Il vicolo termina con un cancello di ferro che sbarra la strada.
Se ho superato l'incantesimo di Mike, per quale motivo non dovrei oltrepassare questo cancello?
Aaron ha creduto in me mentre mi trovavo sulle sue spalle e lo stringevo talmente forte da fargli male, è arrivato il momento che inizi a farlo anche io.
Chiudo gli occhi e, stimolando i miei poteri, li tiro fuori.
Salto, raggiungendo un'altezza che mi permette di oltrepassare il cancello, finendo in un vortice nero formato dall'energia tenebrosa che sto imparando ad amare e che fa parte di me.
"Ci sono riuscita" dico aprendo gli occhi, ritrovandomi nella mia stanza. Sono caduta sul letto e la colluttazione non è stata spiacevole come pensavo. "Sì, e loro avranno già strappato il cuore dal petto di Jasmine" risponde Justin seduto davanti alla scrivania, con una penna nella mano.
Ci gioca schiacciando il piccolo tasto sulla punta, freneticamente.
"Ma che cosa significa? Che razza di messa sarebbe? Sacrificano i cadaveri delle vergini? Io non..."
"È per lui" chiarisce.
"Per lui?" domando, troppo frastornata per arrivarci da sola.
"Il re della morte, l'uomo di cui Claire ci ha parlato, si nutre delle anime delle vittime di Aaron" dice e, a quel punto, non ci metto ancora molto a compiere un ragionamento crudo e spiacevole.
"Crede di star diventando più forte di lui ma non è così" rispondo.
"Lo sta nutrendo" fa eco Justin.
Aaron è deciso a combattere il re della morte ma non ha alcuna idea che, più persone ucciderà, più lui diventerà forte, e che il suo compito adesso è quello di fargli da fattorino.
Justin costringe sia me che Sam a passare il resto della serata leggendo i libri che Claire non ha chiuso in soffitta, quelli che lei non definisce proibiti ma semplicemente informativi.
"Gli altri ragazzi staranno facendo una scampagnata nel bosco adesso, noi invece dobbiamo passare il venerdì sera a lavorare, come se non fossimo già abbastanza stressati" dice Sam passando svogliatamente da una pagina all'altra.
Non credo stia nemmeno capendo ciò che i suoi occhi stanno leggendo ma che finga sia così per non far arrabbiare Justin.
"Se tu avessi visto quello che abbiamo visto io e Zoe ora capiresti perché stiamo cercando qualcosa in questi libri."
"Non sono quelli proibiti, non servirà a niente."
"Non possiamo saperlo."
Justin non si arrenderà finché non avrà trovato una spiegazione a quello che Padre Ernest ha fatto a Jasmine e, di conseguenza, neanche noi avremo scampo fino a quel momento.
"Ho letto questi manoscritti almeno dieci volte, non parlano di alcun sacrificio" risponde Sam.
"Tranquilla, presto andremo al Moo, anche io sono stanca" le dico, rasserenandola.
"Scordatevelo, dobbiamo trovare quello che stiamo cercando, nessuno si muoverà da qui finché non avremo una soluzione tra le mani" tuona Justin scorbutico.
"E da quando tu saresti il nostro capo?"
Sam gli tiene testa, cosa che suppongo faccia da quando erano solo dei bambini.
"Sono l'unico che si sta impegnando davvero."
"Il tuo ragazzo è odioso, lasciatelo dire."
Sam mi guarda innervosita, sospirando.
Justin non accetta il suo disobbedire e aggrotta la fronte.
"Lui non...non è..." rispondo prendendo a balbettare.
Non mi ha chiesto direttamente di essere la sua ragazza e la questione mi rende piuttosto agitata.
"Sei insopportabile, è vero" dico nascondendo, in questo modo, i miei sentimenti.
"E voi siete delle ragazzine che pensano ancora a giocare."
"Abbiamo sedici anni, a cosa dovremmo pensare?" chiede Sam, per poi ridere.
"Non siamo dei sedicenni normali, forse a volte ve lo dimenticate; noi dobbiamo proteggere la città."
La serietà e la convinzione di Justin sono disarmanti, mi tolgono il coraggio di replicare o di dire qualsiasi altra cosa.
"Continuiamo a cercare" rispondo, sfogliando la pagina seguente del libro che sto studiando.
Si chiama 'Spettri e demoni nascosti', è una lettura interessante che spiega, anche se in modo approssimativo, quanti esseri soprannaturali esistano e le loro caratteristiche.
Il libro proibito di Claire era molto più accurato ma non c'era una voce sul re della morte, a differenza di ciò che trovo su questa pagina.
"Qui parla del tristo mietitore, il re della morte, l'unico in grado di decidere se dare o no una seconda possibilità alle anime vaganti. C'è scritto che esiste da migliaia di anni" leggo ad alta voce, informando i miei compagni.
"Il suo potere è così forte che potrebbe distruggere l'intero pianeta terra se solo lo volesse ed è immortale, nessuno può ucciderlo, a meno che non lo voglia lui stesso." "Aaron è fuori di testa per volersi mettere contro di lui, non ne uscirà mai vincente" dice Justin piegandosi verso di me, assicurandosi che abbia letto bene ogni parola.
"Dopo tutti questi anni ancora dubiti delle mie capacità, mi ferisci, Justin" risponde Aaron che, entrando in casa, si dirige in salotto.
Rivederlo genera in me un subbuglio di emozioni incredibile, che vorrei controllare ma tira ogni mia  nervatura e mi fa contrarre.
Sam sposta lo sguardo lontano da lui e Justin si fa serio, sistemandosi sulla sedia.
"Che sono queste facce? Dobbiamo trovare un modo per distruggere il mio lato oscuro, no? Sono un po' in ritardo ma..."
"Nessuno ti ha invitato e io credevo di essere stata chiara: non voglio vederti mai più" risponde Sam avvelenata dal rancore.
È stata oggetto di uno dei suoi piani più malefici, non potrà mai dimenticare che la morte degli amici di Alec sia in parte anche colpa sua. "Ho già pagato le mie conseguenze, quel ragazzino mi ha davvero conciato per le feste, dovrò ricordarmi di ucciderlo una volta risolto questo problema" dice Aaron per nulla empatico, senza mostrare tristezza o pentimento.
E pensare che gli ho salvato la vita; avrei dovuto lasciarlo morire, permettendo ad Alec di vendicarsi.
"È questo il tuo problema, risolvi tutto con la violenza, uccidere Alec ti porterà solo a perdere le persone che ami" risponde Justin che vorrebbe cambiarlo ma non sa che le persone non possono diventare chi non sono. Togliere ad Aaron il bisogno di uccidere sarebbe come impedire a un leone di cacciare. Impazzirebbe e si sentirebbe chiuso in gabbia, fino a esplodere e morire lentamente. "Abbiamo finito con la predica? Sono quasi morto, gradirei rispetto."
"Il rispetto va guadagnato, e ammetto di essere felice che tu sia vivo ma non ti posso perdonare; hai ucciso troppe persone sta volta."
Sam lo critica imperterrita.
"Per favore, finiamola, non ne posso più" dico al limite dell'esasperazione. "Aaron, abbiamo assistito a una delle messe private ieri sera e hanno letteralmente aperto il petto a Jasmine Torres per sacrificare il suo cuore, indovina un po' a chi" continuo cercando di ottenere un minimo di buon senso da parte sua.
"Il tuo amato re della morte" termina Justin.
"È una cazzata" risponde e, con una risata, annulla le speranze che avevo riposto in lui.
"No, non lo è, perché, se lo fosse, non avrei avuto i brividi per un giorno intero" dico immaginando il sangue che schizzava sulla panchina, finendo dritto davanti ai miei occhi.
"Sai? Mi hai appena dato una buona notizia."
Aaron, che tranquillamente si prepara un bicchiere di vodka, parla con gioia. "Come?" chiede Justin sgomentato. "Beh, se stanno sacrificando le mie vittime al re della morte, vuol dire che mi sta notando e che presto potrebbe palesarsi."
"E noi perché dovremmo volere che si palesi?" domando.
"Perché così lo ucciderò."
"Mentre il tuo lato oscuro vaga per New Hope? Certo."
Justin ride, trovando il tutto bizzarro e impossibile.
"Ok, avete ragione, il lato oscuro ha la precedenza e io ho già pensato a un modo per riportarlo da dov'è venuto, ma avrò bisogno di te, novellina." Aaron allunga il suo bicchiere verso di me, alzandolo un pochino.
"Di me?"
"Dei tuoi poteri, puoi riportarlo dentro al mio corpo, ti basterà qualche giorno di allenamento e..." "Lei non rischierà la vita per te!" dice Sam chiudendo il libro di getto, provocando un rumore fragoroso.
"Credi che voglia questo?" chiede Aaron offeso.
"Credo tu voglia portarmi via l'unica amica che abbia mai avuto e che non te ne importi niente, niente di niente, né di me, né di Zoe e Justin. Sei uno sporco manipolatore."
"Ripetilo ancora se hai il coraggio." Aaron le si avvicina con il luccichio infuocato che gli appare negli occhi quando sta per colpire qualcuno. "Aaron" dico alzandomi in piedi, cosa che fa anche Justin, bloccandolo.
"Non ti avvicinare a lei" dice fermo tra di loro, così da proteggere Sam dal suo stesso fratello, che ha perso la testa da ormai troppi anni.
"Anzi, vattene, non saresti dovuto venire" aggiunge Justin con tono autorevole.
Non è intimidito o spaventato da ciò che Aaron sarebbe in grado di fare se dovesse smettere di controllare la sua collera.
"Non puoi cacciarmi da casa mia" risponde lui mentre i loro sguardi si scrutano a vicenda nel tentativo di ferirsi.
"Sfidami."
Justin rimane immobile di fronte a Sam che non ha più detto nulla dal momento in cui lui si è prestato ad aiutarla.
Aaron asseconda le occhiatacce di Justin qualche altro secondo, poi smette di farlo e viene da me, fermandosi al mio fianco.
"Grazie per l'aiuto" sussurra sfiorandomi il lobo dell'orecchio, riuscendo, in modo contorto, a farmi sentire in colpa per non averlo difeso. Varca la soglia di casa, andando via senza voltarsi, con odio e afflizione.
Forse avrei dovuto aiutarlo, avrei dovuto dire ai miei amici che Aaron, seppur essendo un mostro e un assassino, ha davvero intenzione di stare dalla nostra parte e che dovremmo collaborare.
Per liberarmi dalla negatività delle mie azioni, decido di andare a cercarlo, fidandomi dell'istinto che già più volte mi ha portata da lui.
Vedo Aaron seduto sul campanile della chiesa, intento a guardare la bellezza della città dall'alto.
Il vento muove i suoi capelli e ora fa lo stesso con i miei.
Salto lì sopra, apparendo alle sue spalle.
"Bip bip, è arrivata la polizia, ora dovrò arrestarti per eccesso di tristezza" dico scherzando sull'alone di malinconia che sembra lo stia uccidendo.
Aaron ridacchia infastidito.
"Che cosa vuoi?" chiede mantenendo un distacco evidente nei miei confronti.
L'ho fatto arrabbiare sul serio.
"Ah, non lo so, forse dirti che mi dispiace e che avrei dovuto difenderti prima?" rispondo tenendomi aggrappata a una colonna, aspettando che arrivi il momento giusto per sedermi al suo fianco.
"Non eri tenuta a farlo."
"Lo ero, invece."
Aaron non dice nulla, si concentra sul rumore del vento e degli uccellini che cinguettano nascosti nel bosco.
È così assente e fuori da questa dimensione che mi piacerebbe raggiungerlo, per scoprire che cosa stia realmente guardando con i suoi occhi adesso.
"Fammi spazio" dico sedendomi accanto a lui, che si sposta un po', dandomi modo di non cadere.
New Hope vista da quassù ha tutt'altro effetto.
I negozi e le strade sembrano un ricordo lontano e il cielo, invece, una certezza vicina da poter accarezzare con un dito.
"È bello che possiamo sederci qui senza prendere fuoco" parlo estasiata. "L'ho imparato a soli otto anni, ci venivo sempre."
Aaron si lecca le labbra.
"Mi piaceva credere che fosse un posto solo per me, che fosse la mia piccola scoperta" dice nostalgicamente.
"E lo è stata?"
domando con lo sguardo rivolto a lui. "Sì" risponde sorridendo.
"Fino ad oggi" va avanti, dicendomi, anche se indirettamente, che mi sono appropriata di qualcosa che apparteneva solo a lui e che, da ora in poi, non sarà più così.
"Scusami se ti ho rovinato un bel ricordo allora."
"Lo stai migliorando, suppongo." Sorrido, ricambiando il gesto che prima mi aveva regalato.
Il contatto tra i nostri sguardi dura qualche secondo di troppo, che soprassale l'autocontrollo che mi ero imposta di mantenere con lui. Entrambi smettiamo di fissarci e torniamo a guardare il paesaggio mozzafiato che abbiamo davanti.
"Sam non mi perdonerà mai" afferma.
"Te l'avevo detto."
"Ok, così non mi aiuti."
"Dovrei?"
Aaron mi squadra di nuovo, probabilmente rammentando della conversazione da noi intrapresa lunedì.
"Le passerà, quando si ricorderà che sei suo fratello e che non potrà odiarti per tutta la vita" dico.
"Come lo sai?"
"Perché, se non riesco ad odiarti io, nemmeno lei potrebbe farlo."
È una risposta che gli conferisco senza riflettere, lasciandola semplicemente uscire dalla mia bocca.
Me ne pento ma è tardi per tornare indietro e cancellare quello che ho detto, dovrò assumerne le responsabilità.
"E odio un po' me per questo" aggiungo con voce più tenue.
Aaron deglutisce come se fosse sul procinto di gettarsi da questa altezza, spiaccicandosi al suolo.
"Anche io mi odio, non so mai quando fermarmi."
"Fallo adesso" rispondo, incitandolo a guardare dove ci troviamo e quanto siamo liberi da ogni preoccupazione su questo campanile.
"Guarda che paesaggio da sogno, si avvicina il Natale, fa freddo al punto giusto e sei seduto su un campanile realizzato oltre trecento anni fa; è un'opera architettonica magnifica" dico ammaliata dalla bellezza del periodo invernale, il mio preferito.
"È tutto magnifico."
Esprimo la felicità del momento con questa ultima affermazione, per porre fine al mio elogio.
"Non dirmelo" risponde Aaron che non distoglie più lo sguardo da me ma ne aumenta l'intensità, perdendosi nelle forme del mio viso, studiandone ogni particolarità, ogni minimo dettaglio da voler ricordare.
Le campane vengono azionate e il loro suono, ascoltato da così vicino, mi fa sobbalzare.
"Le mie orecchie" urlo coprendole con entrambe le mani.
"Ah, avrei dovuto avvisarti, il suono è davvero forte" risponde Aaron che deve essersi abituato dopo tutti questi anni passati qui.
"Grazie per avermelo detto."
Ridiamo mentre gli do una gomitata sottile e lui, stando al gioco, mi colpisce, ridendo a sua volta.
Ma come ho imparato negli ultimi due mesi, la pace non dura a lungo e, quando lunedì torno a scuola, Alec conferma questo triste pensiero.
"Ma che cavolo fai? Idiota" dico non appena lo vedo di fronte al suo armadietto, mentre nasconde una bottiglia di vodka al suo interno. Gliela strappo dalle mani e la faccio sparire.
Non sono sicura di dove l'abbia mandata e non mi interessa saperlo. "Ehi, quella mi serviva per pranzo" mugugna in modo infantile.
"Ora vuoi diventare un alcolizzato? Oddio, non sono riuscito ad uccidere Aaron quindi mi do alle dipendenze da sostanze dannose?"
Ottengo delle occhiate confuse. "Sicura di non essere tu quella bevuta di cervello?" risponde pungente.
Ha ancora i capelli spettinati e due enormi borse sotto agli occhi.
"Sono seria, lo vedo che ti stai distruggendo da solo, ma non ne hai bisogno; tu sei ancora qui e dovresti lottare."
"Lottare per cosa? Ho perso tutti i miei amici e anche l'unica ragazza che mi sia mai piaciuta davvero; è un disastro."
Controlla stentamente le lacrime, stringendo le palpebre che si riempiono di grinze.
"Non hai perso tutto perché hai ancora me e giuro che io non ti abbandono."
"Zoe, non mi serve la tua compassione."
"Ma non è compassione, è che tu...ah, tu sei diventato importante, in un certo modo, e non voglio perderti."
Ora sembra quasi voglia mettersi a piangere.
Ha realizzato che non è più solo, che ci sarà sempre qualcuno che lo amerà e lo farà sentire protetto dal male che ci circonda.
Non risponde, però; le parole gli rimangono bloccate sulla punta della lingua.
"Devo andare in classe" dice venendo risucchiato da un buio penetrante.
Sta guardando verso Aaron, entrato a scuola proprio adesso, con l'aria trionfante e tutti gli occhi delle ragazzine puntati contro.
Alec se ne va senza darmi il tempo di replicare.
"Vuole ancora uccidermi, eh?" chiede  Aaron raggiungendomi e ignorando quindi tutte le altre ragazze.
"Dagli un motivo per non volerlo."
"Se sapesse che Jasmine è stata tagliata come una fetta di carne di prima scelta."
"Aaron!" 
Rimprovero la sua insensibilità che diventa ogni giorno più insopportabile.
"Scusa."
Mi accarezza la punta del naso, che si storce involontariamente a causa del suo tocco.
"Tu come stai?"
Cambia discorso, notando il mio disappunto.
"Ti interessa davvero?"
"Siamo amici e gli amici si interessano a questo genere di cose."
"Ora non esagerare."
"Zoe, condividiamo il segreto del libro, ci siamo salvati il culo un paio di volte a vicenda, ci siamo divertiti a New York, se non siamo amici siamo sul procinto di andare a letto insieme e mi vanno bene entrambe le cose."
Si avvicina piano a me, fermandosi a pochi centimetri di distanza dal mio viso, che osserva acutamente.
Aaron conosce i miei punti deboli e sa che meno sarà la distanza tra noi, e più saranno le sue possibilità di avere un bacio.
Mi scosto e guardo Justin e Sam:  stanno ridendo e scherzando con un complicità che poche volte si percepisce tra due persone.
"Sono carini, vero? Ho sempre pensato che sarebbero stati una coppia davvero smielata insieme" dice Aaron.
"Sì, una bella coppia di amici" rispondo trascurando le sue occhiate istigatrici.
"Certo ma non solo quello. Forse non lo sai ma Sam ha sempre avuto una specie di cotta per lui, fin da quando era bambina e frequentava il centro; diceva che era il suo uomo dei sogni, il perfetto eroe."
"Non ti credo" obietto.
Sam non mi avrebbe mai nascosto un sentimento tanto forte per qualcuno, specialmente se si tratta del primo ragazzo che mi sia mai piaciuto. "Conosco mia sorella come le mie tasche, facevano tutto insieme e lei aveva un diario dove scriveva ogni giorno quanto Justin fosse fantastico." Resto ancora scettica.
"Sam me l'avrebbe detto."
"È qui che ti sbagli: è tua amica e non vuole ferirti, è troppo buona per questo mondo."
Ride lui mentre io continuo a guardare fastidiosamente Justin e Sam.
I loro sguardi sono radiosi, si intersecano perfettamente, come gli ultimi due pezzi dello stesso puzzle che si incontrano dopo ore di gioco per completare l'intera figura.
"Non puoi dire sul serio" rispondo con il solito nodo nello stomaco che stringe ancor più delle volte precedenti.
"Mento su tante cose, Zoe, ma non sull'amore, è un sentimento troppo raro per giocarci sopra."
Non fiato, iniziando a credere alle affermazioni di Aaron.
Insomma, lo vedo anche io, solo uno stupido non si renderebbe conto di quanto Justin e Sam siano innamorati l'uno dell'altra.
La mia migliore amica ha una cotta per il mio ragazzo e io non ho altra scelta se non quella di farmi da parte.

Undead (ritorno a New Hope) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora