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La mattina seguente mi sveglio presto, alle 6:00 in punto.
Ho intenzione di passare a trovare Jules, Sam mi ha detto che, non appena l'ha lasciata in ospedale, ha aspettato che arrivassero i suoi genitori, che le hanno chiesto espressamente di andarsene, così non ha potuto fare altrimenti e non è a conoscenza delle sue condizioni attuali.
La sala d'aspetto è vuota, come qualsiasi luogo a New Hope a quest'ora. È un posto anonimo, dai colori spenti, dove i medici non sembrano avere voglia di lavorare e passano il loro tempo nella zona relax, a bere caffè e a raccontarsi storielle di vita.
"Signorina Evans, i genitori di Jules Morrison hanno detto che può entrare adesso" mi chiama un'infermiera vestita con un camice verde e con i capelli, di un biondo pallido, legati in una coda.
"Grazie mille."
Mi alzo e mi dirigo verso la stanza, passando accanto alla dottoressa che per un secondo mi guarda malamente.
È incedibile che ogni giorno riceva conferme su quanto questa città sia raccapricciante, soprattutto a causa della gente che ci vive.
La stanza di Jules è arredata con un tavolino grigio accanto al letto e una finestra dalle ante che cadono a pezzi, posizionata sopra a un armadio antico e rovinato.
"Salve" saluto i suoi genitori. Entrambi hanno l'aria assente e le loro facce sono prive di emozioni umane.
Ricambiano il mio gesto con delle semplice occhiate e, prima che mi avvicini a Jules, suo padre mi blocca la strada, piazzandosi davanti a me. "Jules è una ragazza fragile, non farle del male" dice.
Non mi sta guardando, parla rivolto al muro ma sono certa che le sue parole siano destinate a me.
E io che pensavo fosse Aaron la persona più spaventosa che avessi mai conosciuto.
"Non si preoccupi signor Morrison, mi trovo qui per una semplice visita."
"Tu sei Zoe Evans, non può essere solo questo."
La sua risposta enigmatica mi confonde; non credevo che conoscesse il mio nome o la mia famiglia.
I due vanno via insieme prendendosi a braccetto, mentre io non posso far a meno di seguire i loro movimenti finché non escono dalla stanza e non si allontanano dalla mia traiettoria visiva.
Qualsiasi cosa avesse voluto intendere con quella frase, non me la scorderò facilmente, non nelle prossime settimane.
Jules, intanto, dorme tranquilla; il monitoraggio del suo cuore è buono.
"Jules" dico, anche se non vorrei svegliarla ma, se dovesse ricordarsi qualcosa riguardo la scorsa notte e su Aaron, avrei bisogno di saperlo.
Apre gli occhi con una certa fatica e tenta di focalizzare chi ha davanti. "Zoe" afferma, mettendosi seduta e sorpresa di vedermi.
"Ehi, volevo sapere come stessi, nel senso, se fossi ancora tutta intera." "Che stronzata!"
Ride, seguita da me.
"Credo di sì, comunque" risponde poi. "Ottimo, perché ho realizzato un book con le foto che hai scattato durante la partita e vorrei che le vedessi. Sono meravigliose, hai un vero talento." Estraggo il raccoglitore dal mio zaino, preparato adeguatamente per le lezioni di oggi.
"Zoe, era un mio compito, quando hai avuto il tempo di sviluppare le foto?" risponde agitandosi.
"Chiamala magia, ho fatto tutto stanotte" sorrido passandole il book,  che ora guarda con interesse.
Lo sfoglia e, ad ogni pagina, resta sempre più colpita, piacevolmente, direi, visto il luccichio nei suoi occhi. "Non posso crederci, mi hai salvato la vita, oggi devo pubblicare l'articolo."
"Non è nulla, in fondo te lo dovevo: non meritavi che ti accadesse una cosa del genere" dico teneramente,  sedendomi accanto a lei.
"È solo un graffio."
Vuole mostrarsi forte ma una risata nervosa esce dalla sua bocca.
"Che cosa ricordi?"
Arrivo alla domanda fatidica.
Jules ci pensa su; la sua mente si sforza a ricordare ed è costretta a toccarsi una tempia.
"Ricordo poco, solo che è arrivato quell’uragano mentre stavo tornando a casa dopo aver lavorato tutta la sera a scuola sul mio articolo, e poi...poi..." la frase non ha una fine; Jules è terrorizzata.
"Poi?"
La invito a continuare, mostrandomi comprensiva.
Lei fissa il muro bianco, perde colore in viso e si intristisce.
"Niente, poi niente" dice rimettendosi in sesto.
Non mi sta dicendo tutta la verità, Aaron potrebbe averle fatto qualcosa. "I miei mi hanno detto che sono stata salvata da un passante, è stato molto gentile da parte sua."
"Un passante dici?" chiedo con aria interrogativa.
"Già, a quanto pare esiste ancora della brava gente al mondo"
Sorride.
I genitori di Jules sono a conoscenza della verità, ovvero che è stata Sam a prendersi cura di lei, allora perché mentire?
Jasmine avrebbe dovuto essere la minaccia principale di cui preoccuparsi ma non è così: ci sono altre persone in agguato a New Hope che potrebbero sapere il nostro segreto.
Resto con Jules una decina di minuti, poi mi dirigo fuori dalla stanza. Davanti a me si presentano di nuovo due occhi freddi e distaccati dal mondo circostante, quelli della signora Morrison sta volta.
L'incontro inaspettato e ravvicinato con questa donna mi fa saltare all'indietro per lo sgomento.
"Signora Morrison, cosa..."
Respirare sta diventando difficoltoso per me, eppure dovrei essere già morta.
"Che Dio protegga te e la tua anima" dice porgendomi un rosario, che mi costringe a tenere stretto tra la mani. È fuori di testa!
"Che diavolo fa?" chiedo ma lei si precipita dall'altra parte del corridoio senza rispondere.
Apro il palmo della mia mano e guardo il rosario che brucia su di essa. Mi sembra di andare a fuoco.
Corro in modo svelto fuori dall'ospedale, lanciando via l'oggetto che mi sta ustionando, in un cassonetto dell'immondizia.
La mia mano è diventata rossa, piena di segni di bruciature.
Come aveva detto Justin, la chiesa, e qualsiasi cosa che abbia a che fare con quest'ultima, sono un malus per noi, a meno che non dovessimo riempirci dalla testa ai piedi di acqua santa.
Non avendo più molto tempo, decido di comprare un cornetto per Alec e uno per me, passando dal Moo.
Ty è felice di vedermi, cerca persino di instaurare una conversazione con me, che lo liquido repentinamente.
La scuola, e il mio piano per portare Jasmine nelle mie grazie, mi aspettano.
"Ehi, ti ho portato la colazione" dico ad Alec piombando alle sue spalle nel cortile scolastico.
Lui sobbalza irrequieto, poi mi guarda poco amichevolmente.
"Zoe, cazzo! Mi hai spaventato, stavo studiando per il compito di fisica."
Si porta una mano al petto, ride per qualche secondo e poi torna serio; purtroppo per me, non è così felice della mia affermazione.
"Scusa, è che volevo farti una sorpresa. Sono stata assente in questi giorni ma, per farmi perdonare, ho preso un cornetto, con cioccolato, ovviamente."
Tiro fuori la busta con la scritta 'Moo' dal mio zaino, così da mostrargliela. "Wow, tu...non c'era bisogno! Anche io ho avuto da fare questa settimana, ho studiato ogni mossa per la partita." "Quale partita?"
"Jasmine ha organizzato un torneo di scacchi sabato sera, a casa sua." "Jasmine eh? Credo sia davvero simpatica, magari dovresti farci conoscere meglio. Dimmi un po' di lei, le piacciono i cornetti?"
Mantengo per tutto il tempo un sorriso falso sulle labbra e ad Alec non ci vuole molto per capire che ho un secondo fine.
Se prima ero dubbiosa sul suo malumore nei miei confronti, ora ne sono certa.
"Non è che l'uragano della scorsa notte ti ha causato qualche trauma?" Mi schernisce.
"Sto bene, sul serio, è che sono interessata al tuo mondo, come tu lo sei ai miei occhi neri."
Si fa teso e stringe la spallina del suo zaino.
"Li trovo belli, tutto qui" dice sviando il mio sguardo.
"E io trovo belli i tornei di scacchi; dovresti invitarmi."
"Cosa?"
"Ma sì, sarebbe divertente, potrei fare da giudice."
"Non è proprio così che funziona e tu non sembri tanto la tipa che gioca a scacchi" risponde sospettoso.
"Devi scoprire ancora tante cose di me."
Accenno un sorriso scaltro.
Lui non è del tutto convinto ma presto cederà; siamo amici ormai e si fida di me, o almeno è ciò che spero.
"Oh no..." dice, distaccandosi dalla nostra conversazione quando sente il rombo di una macchina che parcheggia di fronte alla scuola.
Mi volto e riconosco il ragazzo che sta guidando con il finestrino abbassato. Quasi mi scappa un urlo rabbioso. Aaron scende dalla vettura, un'auto sportiva di colore rosso; ai lati sono dipinte delle fiamme, per rendere il tutto più sobrio.
Cammina con passo sicuro lungo il cortile e le ragazze lo guardano affascinate, mentre io reprimo un senso inevitabile di nausea.
"Speravo che questo giorno non sarebbe mai arrivato" dice ancora Alec, atterrito da una tale visione. "Anche io" sussurro, prima di avvicinarmi ad Aaron.
Non ha nessun diritto di venire a scuola a causare nuovi danni, come se non ci avesse già messo nei guai.
"Tu, che cavolo ci fai qui?" strepito,  ricevendo in breve tempo la sua considerazione.
"Felice di vederti anche io."
"Non scherzare, hai idea di quanto la gente abbia paura di te? Vuoi per caso che Jasmine si avvicini ancora di più alla verità?"
"In realtà voglio proprio il contrario: se devo controllarla ho bisogno di starle vicino, nella stessa scuola; è l'idea migliore."
"No, è la peggiore, e solo tu potevi essere così stupido da pensarlo" interviene Justin, che ci ha ascoltato mentre si avvicinava.
"Ciao Justin, bella camicia" dice Aaron sorridendogli ; Justin indossa una camicia a quadri in stile vintage che gli va più stretta di quanto dovrebbe, mettendo in risalto i suoi pettorali.
"Sono serio, vattene subito o ti manderò via a calci."
Justin lo minaccia in modo chiaro. Come mi aspettavo, non lo sta spaventando ma aumenta solo il suo piacere.
"Molto convincente, prova a ridirlo senza quegli occhioni dolci adesso" risponde Aaron.
"Ho detto vattene!" ripete Justin.
"No! Ho un piano ben preciso: arrivare a Jasmine, conquistarla, farla innamorare di me e poi convincerla a lasciarci in pace."
"E credi che funzionerà perché...?" dico, volendo trovare almeno un punto a favore in questo piano privo di logica.
"Perché sono morto e la gente è affascinata da me, anche tu lo sei ma ancora non vuoi ammetterlo" risponde lanciandomi una di quelle occhiate che farebbero salire i nervi a chiunque.
"Non è necessario conquistare Jasmine, mi sto già lavorando Alec: andrò alla partita di scacchi di sabato sera con lui" ribatto.
Uno strano lampo di irritazione passa sul viso di Justin.
"Davvero?" chiede lui scettico.
"Te l'avevo detto che siamo amici, ma tu, ovviamente, dubiti di me" rispondo alla sua domanda, detta con sfiducia, accusandolo.
"Non dubito, mi preoccupo" chiarisce.
"Che noia mortale! Senti, tu lavorati pure Alec, io penserò a Jasmine, tu, invece, va a salvare qualche cucciolo di cane o fa quello che di solito dovrebbe fare un eroe fallito come te" dice Aaron al suo vecchio amico.
"Giuro che ti..."
Justin si arresta da solo, stringendo un pugno e abbassandolo poco dopo, portandosi una mano in tasca.
"Sai una cosa? Non ne vale la pena.  Devo andare in classe o farò tardi a lezione" continua.
Quanto mi piacerebbe possedere il suo stesso autocontrollo.
"Anche io, non ho tempo da perdere con questo idiota" dico stizzita, per poi camminare lontana da Aaron. Justin mi segue, dopo avergli rivolto un'ultima occhiata glaciale. "Suppongo che non pranzeremo insieme" dice Aaron che tenta ancora di fare il simpatico, fallendo miseramente.
Durante l'ora di pranzo mi dirigo al tavolo del club di scienze, ma non faccio in tempo a sedermi che Aaron mi sorpassa e prende posto davanti a Jasmine.
Mi fermo sbigottita, poi incrocio le braccia al petto.
Alec e gli altri lo guardano con terrore, ma Jasmine rimane abbastanza sicura di sé.
Attraverso il labiale comprendo che Aaron sta dicendo agli altri di andarsene e lasciarli soli. Loro non se lo fanno ripetere due volte e scappano via a gambe levate.
"Mio fratello è un genio ad ammaliare le persone, lo odio per questo" dice Sam infastidita, mentre Aaron parla tranquillamente con Jasmine, che ora sembra ipnotizzata da lui.
"Va fermato, sono stanca di averlo in mezzo" rispondo.
Con fermato intendo ucciso, ma dirlo a sua sorella sarebbe un po' eccessivo.
"Dovremmo lasciarlo fare, almeno sta volta si sta rendendo utile, Jasmine è già caduta ai suoi piedi."
Speravo che il fascino di Aaron non l'avrebbe colpita, almeno non subito, ma lui è davvero bravo in queste cose. "Sù, sediamoci prima di impazzire" dice Sam, prendendo posto accanto ad Aiden e Sarah, che continua ad accarezzargli il braccio, tentando un approccio seduttivo.
Mi siedo davanti a loro, titubante, mentre controllo cosa abbia portato a pranzo da mangiare.
Nel mio zaino c'è un semplice panino con il prosciutto, preparato da mio padre; sarebbe appetitoso se non avessi perso la fame a causa di Aaron. "Sam, perché hai portato quella nuova a sedersi qui?" dice Sarah, facendo sospirare il ragazzo.
Non ho ancora dimenticato lo stato pietoso di Aiden al Moo l'altra sera, tutto pur di non perdere questa ragazza.
"È mia amica, fattela piacere" risponde Sam.
"Ma non vedi come guarda Aiden? È chiaro che sia pazza di lui."
"Come prego?" domando, ricordandomi, per un attimo, di quelle stronze che nella mia vecchia scuola mi trattavano come se fossi una stramba o una fuori di testa.
"Ho detto che stai fissando il mio ragazzo da giorni e mi hai stancata" mi accusa lei.
Aiden è a disagio, io spalanco la bocca contenendo, con scarsi risultati, l'indignazione.
"Sarah, quante volte devo dirtelo che noi due non stiamo insieme?" chiede Aiden, arreso allo sconforto.
"Lo dici perché sei orgoglioso e non lo vuoi ammettere, ma io lo so che mi ami."
"L'unica cosa che amo è il basket, mi dispiace deluderti"
"Che c'è? Per caso hai trovato un'altra con cui scopare? Io non ti basto più?" schiamazza Sarah; tutti gli altri studenti si voltano a guardarci.
"Magari dovrei farlo, almeno ti leverei di torno" replica Aiden.
Sarah, a quel punto, non ci vede più dalla rabbia.
"La metti così? Bene allora, divertiti a fare sesso con gli spaghetti nei capelli" dice e rovescia il contenuto del suo vassoio addosso ad Aiden.
Tutti noi, compresi Aaron e Jasmine, ci concentriamo sul loro litigio, sconcertati dalla piega presa.
Aiden si tocca il volto e sposta un po' di pasta lontano da quest'ultimo, disgustato.
"Buona fortuna" dice Sarah alzandosi con calma, prendendo la via per il corridoio.
Io e Sam ci guardiamo nello stesso momento, decidendo di non infierire commentando la vicenda.
"Ti servirà" dico ad Aiden passandogli un fazzoletto.
"Grazie."
Lui si pulisce il volto e, per quel poco che riesco a vedere, capisco che Sarah non la passerà liscia facilmente; gli occhi di Aiden sono pieni di rabbia.
Per rinfrescarmi, e lasciare Aiden da solo con Sam, mi incammino verso il bagno.
Vengo fermata da Justin, che mi sbarra il passaggio quando esce da una delle aule.
Le nostre strade si incrociano in questo modo e, il fatto che non abbia continuato sui miei passi, significa che da una parte sono felice che sia accaduto.
"Ehi, stavo leggendo un libro in santa pace, scusa" dice spostandosi leggermente.
"Non ti preoccupare, io andavo in bagno."
Mi sento così impacciata.
"Ok, allora mi levo di torno."
Gli impedisco di andarsene prima che possa muovere un muscolo.
"Aspetta" dico, pur non essendo sicura che sia la scelta giusta.
Justin resta immobile.
"Quello che ci siamo detti ieri sera, prima che...beh..."
Inizio quella che si presuppone essere una conversazione imbarazzante. "Sì?"
Justin sorride; non vedeva l'ora che aprissi l'argomento.
"Forse dovremmo smetterla di illuderci" dico.
"Illuderci? E in che modo?"
Fa un risolino.
"Quello che stiamo vivendo, le nostre stranezze, non vanno bene per una relazione, lo capisci?"
"Ti prego, sono stronzate e lo sai anche tu, eravamo felici ieri sera." Mantiene un tono basso, nonostante abbia voglia di sgridarmi.
"Justin, io non sono la ragazza per te, ho ancora tante cose da scoprire e un mostro vuole farmi del male, non ho tempo per cose come le relazioni o l'amore."
"Non hai tempo o non vuoi trovarlo?" risponde.
Vedo la sofferenza in lui che si espande e sembra attraversare anche me.
"Ti farei soffrire" affermo spostando lo sguardo da un'altra parte.
"Sono già morto, peggio di così non può andare."
Justin è in grado di prendere le cose con filosofia e, se non mi sentissi bloccata dalle stesse barriere che ho costruito da sola, forse ci riuscirei a mia volta.
"Sono morta anche io e forse per questo non sono in grado di provare dei veri sentimenti."
"Ma tu li provi, lo so che è così."
Si avvicina a me disperatamente, accarezzando la mia mano.
Le nostre dita si intrecciano in modo naturale.
"Io..."
Sto per dire qualcosa ma sono consapevole che la mia risposta non avrà importanza; Justin non si arrenderà, non lo farebbe mai. "Dammi una possibilità, vedrai che staremo bene" continua.
Potrei dire tante cose, che è il primo ragazzo ad aver catturato il mio cuore, che il suo aiuto mi ha regalato tanta autostima e amore per me stessa, e che voglio che resti nella mia vita, ma non dirò nulla di tutto ciò, perché sono una codarda.
"Pensiamo a Jasmine, è la cosa più importante ora" rispondo e lascio andare la sua mano.
È in quel preciso istante che noto Aaron. Si trova con la schiena appoggiata a un armadietto e ha l'aria divertita. Vedere Justin che viene respinto deve gasarlo molto, di sicuro crederà di essere migliore di lui ma non è così; il ragazzo che mi stava tenendo per mano è una brava persona, a differenza sua.
"Ma sappi che sono stata bene con te la scorsa sera; grazie per la cena" gli do un bacio sulla guancia, facendo sì che Aaron perda quel barlume di eccitazione che tanto odio.
"Anche io sono stato bene" dice Justin che, gentilmente, gioca con una ciocca dei miei capelli, ridendo davanti alle mie occhiate divertite.

Undead (ritorno a New Hope) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora