Una verità agghiacciante

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Teodoro e Lisa se ne andarono. Oliver li guardo' andarsene e fece un respiro profondo: da quel momento in poi era da solo. Ma avrebbe dato il massimo e avrebbe reso felici i suoi genitori. Si girò verso Guillermo e gli chiese: "Allora, mi potrebbe dare i libri di testo, per favore? Sono quasi le otto e mezza, le lezioni stanno per iniziare."
Il direttore della Esma si girò verso di lui. I suoi occhi, prima così gentili, erano diventati freddi come il ghiaccio, tanto che Oliver rabbrividi'. "Ehm... mi scusi, non volevo dire qualcosa di inopportuno" si scuso' il ragazzo arrossendo. "Tu non hai detto niente di inopportuno" lo interruppe Guillermo. Anche la sua voce era diventata fredda. "Però tu non andrai a lezione oggi. E neanche domani. E neanche nei mesi a venire." Oliver lo guardò senza capire: "Cosa? Ma... ma questa non era una scuola militare?" Guillermo fece un sorriso che sembrava quello di uno psicopatico: "Muchacho, questa non è SOLO una scuola militare. È ANCHE una scuola militare. Questo è un centro di detenzione clandestina."
Oliver non credeva alle proprie orecchie. Aveva sentito sicuramente male. Poi di colpo impallidi': "L'urlo che abbiamo sentito io e i miei genitori non era finto, non è così?" "Pensavo che non te ne fossi accorto. Però no, non era finto, era reale. I tuoi genitori però l'hanno bevuta, ed è questa la cosa importante."
Oliver era pallido come un cencio dalla paura: non riusciva a credere che la Esma fosse anche un centro di tortura. E la cosa più scioccante era che nessuno se ne fosse mai accorto.
"Ha... intenzione di... torturarmi?" chiese Oliver inorridendo al solo pensiero. Guillermo lo guardò, poi sorrise: "No." Oliver tirò un sospiro di sollievo. "Giusto stamattina" continuò il direttore sempre sorridendo, "si è liberato un posto di lavoro nella nostra campagna stampa. Che ne dici Oliver? Lo vuoi il posto?" Oliver si sentiva ancora più confuso adesso, ma capi' che doveva per forza accettare se voleva salvare la pelle; per cui rispose: "Sì, ne sarei felice." "Perfetto."
Guillermo fece per andarsene quando si voltò di nuovo verso Oliver e gli disse: "Potrei farti cominciare subito a lavorare, ma oggi mi sento buono, quindi per oggi ti lascio stare, ma da domani inizi." Oliver sgrano' gli occhi: "Davvero?" Guillermo annuì. "Grazie, grazie signore."
Guillermo non gli rispose. Disse solo: "Aspettami un attimo, vado a chiamare Alfonso. Lui ti porterà nella tua stanza." Poi se ne andò.

Qualche minuto dopo Alfonso arrivò. "Seguimi" ordinò ad Oliver  prima di avviarsi su per le scale.  Ad Oliver non rimase altro che seguirlo.
Quando arrivarono al secondo piano Oliver disse: "Il direttore mi ha detto che questi sono i dormitori. Dovremmo fermarci qui." Alfonso si mise a ridere: "È vero, questi sono i dormitori, ma quelli per gli ufficiali come me. I vostri dormitori sono al terzo piano." I due salirono ancora una rampa di scale e finalmente arrivarono davanti ad un corridoio buio. Alfonso arrivò fino ad una porta con sopra il numero 13 e l'apri'. Oliver guardò dentro alla stanza; la vista lo colpi'. La stanza era piccola, le pareti erano bianche e c'erano pochi mobili, a parte due letti, due comodini con sopra due piccole lampade e un armadio. Due finestre accanto a ciascun letto e una piccola croce di legno completavano il tutto.
"Cos'è, una specie di scherzo?" chiese Oliver ad Alfonso. "Dove sono finiti tutti gli altri mobili?" "Qui ha tutto quello di cui ha bisogno signor Castro, mi creda." Oliver storse il naso, poi chiese: "Ma c'è un bagno qui?" Alfonso gli indicò una porta alla loro sinistra.  Oliver entrò nella sua nuova stanza tirando dietro di sé la valigia che aveva tenuto fino a quel momento. "Da questo momento in avanti, signor Castro, questa sarà la sua nuova casa" gli disse Alfonso. "La cena inizia alle otto. Le auguro un piacevole soggiorno" concluse sarcastico prima di chiudere la porta.

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