Pensieri nocivi

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Oliver si guardò intorno: tutto quel bianco gli metteva tristezza. E lui era triste molto raramente. Si sedette sul secondo lettino, sospirando. Il mondo in cui si era ritrovato a vivere era così diverso da quello in cui aveva sempre vissuto; questo era un mondo così rigido, rigoroso, severo. "Forse i miei genitori sapevano che questo posto era anche un centro di tortura e mi hanno mandato qui apposta" pensò Oliver. Poi scosse la testa: "Ma no, è impossibile! Come potevano saperlo? Forse sono io che sono stato abituato troppo bene."
Oliver decise che era meglio disfare la valigia piuttosto che perdersi nei propri pensieri, altrimenti sarebbero stati guai seri per lui. Se fosse successo come l'ultima volta sarebbe stata la fine.
Poso' la valigia sul letto e cominciò a tirare fuori i suoi vestiti. Quando ebbe finito si diresse verso l'armadio per riporli, ma quando l'apri' vide che era già mezzo pieno. C'erano canottiere, magliette e jeans colorati oltre a qualche paio di scarpe. Oliver dedusse che quei vestiti erano del suo coinquilino. "Sarà al lavoro, sicuramente" pensò. "Poverino, non vorrei essere nei suoi panni."
Dopo aver riposto i suoi vestiti Oliver si recò in bagno per mettere la sua busta con dentro tutti i prodotti per la cura del corpo. Anche il bagno era spoglio: c'erano un water, una piccola doccia e un lavandino con sopra uno specchio. Il bagno inoltre non aveva finestre. Oliver poggio' la busta sopra al lavandino e notò che ce n'era un'altra, tutta colorata, ma un po' più piccola, e accanto un barattolino con dentro uno spazzolino, anch'esso tutto colorato, e un tubetto di dentifricio. Tutti quegli oggetti appartenevano senz'altro al suo coinquilino.
Oliver poggio' le mani sopra il bordo del lavandino e sollevò lentamente la testa. Quando vide la sua immagine riflessa allo specchio non si vanto' come avrebbe fatto di solito. La sua immagine in quel momento lo disgustava. "Dove cazzo sono finito?" mormorò. Sospirò profondamente e strinse le mani al bordo del lavandino. Sperava con tutto il cuore che quell'incubo in cui si era ritrovato per errore fosse finto il prima possibile.

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