Piacere di conoscerti

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Felipe era sdraiato a pancia in su sul suo letto. Oliver cercò con tutte le sue forze di non guardarlo negli occhi per evitare di fare un'altra figuraccia e andò a sdraiarsi sul letto accanto a quello del suo compagno di stanza, dandogli la schiena.
Per un po' nessuno dei due proferi' parola. Oliver non aveva il coraggio di dire cos'era davvero successo, mentre Felipe non sapeva come aiutarlo ad aprirsi.
Dopo un po' Felipe decise di rompere quel silenzio imbarazzante chiedendo ad Oliver: "Tutto bene?" Nel sentire la voce di Felipe Oliver si irrigidi': anche la sua voce gli piaceva. Così gentile e premurosa... ma non riusciva comunque a girarsi per paura di sprofondare di nuovo in quegli occhi meravigliosi. "Sì, sto bene. Grazie." L'aveva detto però in modo molto teso, nervoso. E il suo compagno di stanza se ne accorse. "Bugiardo" gli disse. "Riesco a sentire il tuo disagio. C'è qualcosa che ti preoccupa."
Oliver sgrano' gli occhi: come aveva fatto quel ragazzo a capire il suo stato d'animo con una semplice frase?! A lui sembrava di non aver detto niente di particolare.
Come se avesse sentito la sua domanda Felipe gli rispose: "Il tuo corpo parla per te, sai? Sei girato di spalle e non mi vuoi guardare in faccia. Inoltre il tuo tono di voce è la conferma del fatto che c'è qualcosa che ti preoccupa. Quindi per favore puoi girarti e dirmi cosa c'è che non va? Non ho voglia di parlare col tuo sedere."
A quest'ultima frase Oliver senza volerlo fece un piccolo sorriso. Non voleva ancora girarsi, ma sapeva che Felipe aveva ragione. Così si girò lentamente facendo ben attenzione a non guardarlo negli occhi. "Non ho niente che non va" provò a mentire spudoratamente Oliver. Felipe però scosse la testa: "Stai mentendo. Dai, parla con me. Non ti mangio mica. Non ho mai mangiato nessuno, e non ho intenzione di iniziare a farlo ora."
Oliver rise e anche Felipe si uni' a lui. "È così bella la sua risata..." si ritrovò a pensare Oliver, ma scaccio' subito quel pensiero stupido. "Perché sei scappato via in quel modo prima?"
La domanda di Felipe fece ritornare subito serio Oliver. Non voleva dirgli la verità, ma allo stesso tempo non voleva neppure mentire. Così decise di dirgli una mezza verità.
"Perché non mi aspettavo il tuo arrivo, anche se avevo visto i tuoi vestiti nell'armadio e tutte le tue cose in bagno..." "Oh sì" lo interruppe Felipe. "Sei riuscito poi a sistemare tutte le tue cose?" "Sì sì. Dicevo" riprese Oliver, "avevo visto i tuoi vestiti e le tue cose, ma quando sei entrato mi hai totalmente preso alla sprovvista, ecco tutto." "Per questo ti sei sentito in imbarazzo e sei scappato in bagno" concluse Felipe. "Esattamente."
Felipe abbassò lo sguardo sul materasso per riflettere su quello che il suo nuovo compagno di stanza gli aveva appena confessato. Mentre Felipe rifletteva lo sguardo di Oliver si posò su di lui, su quei particolari che prima non aveva notato: primi tra tutti c'erano i suoi occhiali squadrati di plastica gialla. Poi c'erano i suoi capelli; erano castani e tagliati a sottosquadro. Oliver pensò che dovevano essere davvero morbidissimi al tatto. E per finire c'era la sua pelle, che aveva il colore del miele. "È proprio un bel ragazzo..."
Felipe alzò la testa di scatto: "Cosa?" Quando Oliver si accorse di averlo detto ad alta voce avrebbe voluto sprofondare la testa nel cuscino e non alzarla mai più. "Niente, niente!" si affrettò a correggersi cercando di sembrare più disinvolto possibile.
Per fortuna Felipe non sembrò darci troppo peso e tornò a riflettere. Oliver pensò: "Grazie al cielo l'ha bevuta. Devo stare più attento e riprendere il controllo dei miei pensieri. E del mio uccello. Soprattutto di quello."
"Quello che mi hai detto è vero." Oliver lo guardò. "Sei scappato perché ti sei sentito in imbarazzo" aggiunse Felipe. Increspo' le labbra prima di proseguire: "Però allo stesso tempo nascondi un segreto. Un qualcosa che non vuoi dirmi." Oliver senti' un rivolo di sudore freddo scendergli lungo il collo.
Lo sguardo di Felipe si addolci': "Non preoccuparti. Non sono arrabbiato. Ricordati, non devi sentirti obbligato. Puoi rivelarmi il tuo segreto quando e se te la sentirai."
Oliver era affascinato ora: "Come ci riesci?" Felipe lo guardò con curiosità: "A fare cosa?" "A fare questo, a capire i sentimenti degli altri. Cosa sei, una specie di mago?" Felipe si mise a ridere e la sua risata scosse il cuore di Oliver, che dovette stare attento per ascoltare la sua risposta: "Sono in tanti ad avermelo detto. Ma io non mi sento così bravo. Ho ancora tante cose da imparare. Sai, studio psicologia all'università, mi piace davvero un sacco, i miei compagni e i prof sono tutti molto simpatici e..."
Oliver lo guardava ad occhi sgranati con una mano davanti alla bocca per trattenere una risata e Felipe si interruppe di colpo. "Scusa, parlo sempre troppo." "Ma no, figurati! Ho un amico che è proprio uguale a te." "Ah sì? Allora era destino che ci incontrassimo!"
Oliver sorrise a quel ragazzo così simpatico e solare. Felipe continuò: "Sono così felice di avere finalmente qualcuno con cui parlare dopo sei mesi di prigionia!"
A quelle parole Oliver si pietrifico': "Che cosa?! Sei qui da sei mesi?!" "Sì" rispose Felipe incupendosi in volto. "Ho provato più volte a scappare ma non ci sono mai riuscito... per ora. Ma ci riuscirò prima o poi, lo vedrai." Nei suoi occhi brillo' una luce di determinazione. Oliver fece per aprire bocca quando il suono forte e chiaro di una campanella squarcio' l'aria. "Che succede?" chiese subito Oliver irrigidendosi. "Non preoccuparti" lo rassicuro' Felipe. "È solo la campana della cena. Sono le otto." Felipe si alzò dal letto. "Dai vieni!" lo incito'. "Non vedo l'ora di presentarti i miei amici!" Poi si batte' una mano sulla fronte: "Che sbadato, mi sono dimenticato io stesso di presentarmi! Mi chiamo Felipe. E tu?" "Felipe è un bel nome..." pensò Oliver alzandosi. "Io sono Oliver. Oliver Castro." Felipe sorrise: "Oliver. Bel nome." Oliver arrossì.
"Sai dov'è la mensa?" chiese per togliersi dall'imbarazzo. "Non te l'hanno fatta vedere?" domandò Felipe perplesso. "Be' ecco... è complicato." "Non fa niente, ti faccio strada io" disse Felipe. "Seguimi."
I due ragazzi uscirono dalla stanza e si diressero verso la mensa.

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