Capitolo 10

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BELLE

Panic Room - Aura

A volte mi soffermavo davanti a un vortice,mi catapultavo dentro ad esso, mi perdevo e non riuscivo più a vivere in maniera tranquilla e sana.
C'erano come dei buchi neri nella mia memoria ed era spaventoso e inquietante. Questo vortice si chiama passato ed è più nocivo di qualsiasi droga letale.
AURORA BELLINASO

I raggi prepotenti del sole mi bruciano il viso che stranamente sento bagnato. Tocco la guancia sinistra e del sangue scivola lungo la mia mano. Mi alzo a mezzo busto irrequieta e la stanza gira attorno a me.

Sembra di stare in bilico su un filo sottilissimo e questo mi spaventa.

Mi alzo in piedi confusa e solo ora noto che in fondo al corridoio c'è James con delle valige in mano.
Sorrido gioiosa e quasi non ci credo che sia tornato.

Corro verso di lui per abbracciarlo, ma appena sono abbastanza vicina inciampo cadendo di faccia contro il parquet bianco. La ferita si aggrava e non smette di sanguinare.

Non me ne curo, mi alzo in piedi per andare verso mio fratello, ma lui si gira e se ne va verso le scale. Lo rincorro piangendo, continuando a inciampare e a farmi del male.

La porta di ingresso è spalancata e io capisco che non è tornato ma che sta iniziando, tutto si ripete di nuovo.

Come un circolo vizioso. Malato. Impetuoso.

Mi accascio sul pavimento portando le ginocchia al petto e mi dondolo zittendo i rumori circostanti con le mani sulle orecchie.

"Mi dispiace, Belle"

Le parole pungenti di James sono le uniche cose che riesco a sentire e sono anche le uniche cose che non riesco a togliermi dalla testa.

La porta si richiude e io inizio a urlare. Due braccia mi bloccano per le spalle, impedendomi di muovere qualunque muscolo. Non faccio nulla per dimenarmi, me ne sto ferma immobile con le braccia penzolanti.

La mia vita si è spenta di nuovo. Lo odio talmente tanto che la rabbia mi sta bruciando.

Lascio che l'acqua fredda del getto mi percorra il corpo scosso dai singhiozzi del mio pianto. Appoggio la fronte contro le piastrelle fredde del box doccia.

Mi sento spossata e impaurita. Brooklyn è il flusso dei miei ricordi.

I miei incubi sono sempre stati disconnessi, incomprensibili e anche dimenticabili all'inizio della giornata. Solo all'inizio erano chiari e nauseanti.

Odio rimettere nel wc, ma ho dovuto perché le emozioni sono più forti del mio controllo. E odio quando accade. Mi sento una stella alla fine della sua vita, una di quelle stelle che nessuno guarda più perché ormai ha perso la sua luce.

Luminosa. Affievolita. Ultimo attimo di luce. Il nulla.

Ma io non sono vecchia e non brillo di luce propria. Sono solo un'umana che non riesce a mandare a quel paese il proprio passato.

Voglio stare sott'acqua e voglio che i rumori intorno a me siano tenui.

Sospiro percossa da un brivido di freddo. Faccio scaldare l'acqua, prendo la spugna e il bagnoschiuma al miele, inizio a passarlo sul mio corpo. Strofino delicatamente e in seguito mi risciacquo.

Metto la mano a coppa per versare dello shampoo su di essa. Lo passo sulla cute, grattandola con forza, ma facendo attenzione a non provocarmi del male. Risciacquo nuovamente, applico il balsamo sulle punte e sulle radici.

Noi Sott'acqua 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora