Capitolo 25

175 12 2
                                    

BELLE

Don't You Wait - CLOVES

Si diventa più forti se si impara a conoscere e ad accettare le proprie forze e le proprie insufficienze.
ETTY HILLESUM

"C'è qualcuno in casa?" urlo, chiudendo la porta alle mie spalle con un tonfo secco.

Appoggio le chiavi sul mobiletto, tolgo i piedi doloranti dalle scarpe e appoggio la borsa sul divano a L.

Mi dirigo in cucina per iniziare ad apparecchiare la tavola. Apro lo sportello della mensola dove ci sono i bicchieri che, purtroppo per me, sono troppo alti. Decido di ricorrere al mio caro e vecchio metodo.

Mi guardo intorno per essere certa che non ci sia nessuno a vedermi. Mi aggrappo al rubinetto che si trova alla mia destra per riuscire a salire sopra al ripiano in marmo con le ginocchia.

Perfetto! Ora posso prendere i bicchieri.

"Cosa stai facendo?" sobbalzo spaventata, perdendo l'equilibrio.

Urlo impaurita, ma due braccia forti mi prendono al volo, salvandomi da una brutta caduta.

Riconoscerei il suo profumo tra mille. Con lui mi sento un colibrì senza le sue ali, sono incapace di fare qualsiasi cosa senza di loro.

Ho bisogno che lui mi accetti e che mi prenda per quello che sono: un colibrì mutilato.

Apro gli occhi sollevata, incontrando, così, quelli allarmati di Dylan. Mi mette a terra con accuratezza, mi accarezza i capelli e osserva il mio corpo, preoccupato.

"Potevo rimetterci la pelle, idiota" gli schiaffeggio il petto, facendomi assalire dalla paura.

Se non fosse stato così veloce solo Dio sa cosa sarebbe successo.

"Io sarei l'idiota? Tu sei stata imprudente" mi sgrida severo, grattandosi la fronte cercando di riprendersi dallo spavento.

Lui sarebbe spaventato? E io cosa dovrei essere?

"L'ho sempre fatto e non mi sono mai fatta niente. Non so perché tu ti stia arrabbiando così tanto" sminuisco la faccenda con testardaggine.

Appoggio le mani sul davanzale, mentre guardo dritta davanti a me.
Il pulsante dolore alla testa ritorna, facendomi chiudere gli occhi di soprassalto. Sento i battiti del mio cuore rimbombare fino al cervello.

"Mi arrabbio perché potevi farti male seriamente" controbatte guardandomi in volto, ma io non lo guardo neanche un po'.

Ho sempre fatto così anche da bambina. Quando sapevo che mia mamma aveva ragione, mi voltavo dall'altro lato e ignoravo il suo sguardo indulgente. Sono umana anche io. Il mio lato irrazionale e arrogante alle volte si ricorda di esistere e salta fuori sorprendendo tutti.

"Questo non giustifica la tua eccessiva rabbia. Cosa te ne frega se cado?" lo sfido inconsapevole a cosa io vado incontro.

Sento il suo respiro accelerare e la mascella contrarsi. È una bomba pronta ad esplodere.

Avrà mai il coraggio di esplodere insieme a me?

"Okay mettiamola così" mi viene davanti, appoggia le mani ai lati dei miei fianchi tenendomi imprigionata tra il suo corpo caldo e muscoloso. Indossa gli stessi vestiti di questa mattina, ma sembra che abbia fatto una doccia. Il suo profumo è sempre più devastante, come lo sono i suoi occhi d'altronde. "Ascolta e mettiti bene in testa quello che sto per dirti, Isabelle. Me ne frega di quello che ti accade come se fossi la cosa più importate in questo mondo. Me ne frega di chi ti fa del male. Me ne frega di chi ti rende felice. E soprattutto me ne frega vederti sorridere ogni fottuto secondo della tua meravigliosa vita" avvicina il viso al mio, abbassando la voce a un timbro più deciso e intenso.
"Non voglio più vederti piangere per me e non voglio più vederti arrabbiata per colpa mia. Mi stai facendo uscire di testa con quegli occhi brillanti e la tua mente intelligente. Impazzisco ogni volta che ti vedo e odio come le mie difese si abbassano vicino a te e al tuo bel visino. Quindi non dire mai più che non me ne deve fregare" riprende fiato, ma senza staccare le sue mani dal piano di cucina di marmo e il suo corpo imponente dal mio.

Noi Sott'acqua 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora