Capitolo 11

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BELLE

Arcade - Duncan Laurence

La vita è breve. Rompi le regole, perdona velocemente, bacia lentamente, ama profondamente, ridi incontrollabilmente e non rimpiangere mai ciò che ti ha fatto sorridere.
MARK TWAIN

Le lezioni sono passate in fretta e non ho avuto neanche tanta ansia. Ho chiamato Jonathan, siccome non riuscivo a scorgerlo in nessun angolo del campus, ma è scattata la segreteria; quindi ho immaginato che avesse ancora lezioni a cui partecipare.

Sono tornata a casa a piedi e devo dire che mi ha fatto bene. Il sole non mi ha dato troppo fastidio e il sentiero non era troppo affollato.

Ho cercato di non pensare al mio incubo, ma piuttosto a cosa potrei cucinare. Il cibo è sempre un buon pretesto per scappare dai problemi. È l’unico che colma i vuoti e lo sappiano tutti, purtroppo.

Sono addirittura passata al supermercato a prendere pasta, sugo di pomodoro, panna da montare, latte condensato, biscotti e fin troppi barattoli di infusi di te.

È meglio che alcune miscele le tenga in camera, perché se Grace vedesse quante ne ho prese mi direbbe sicuramente che, la prossima volta, sarebbe meglio che venga anche lei a fare la spesa.

Sarebbe comico perché potremmo finire per discutere e litigare come al nostro solito.

È meglio che mi si tenga alla larga da librerie e negozi di miscele di tè perché finisco per spendere più del dovuto.

Apro la porta di casa, entro e la richiudo alle mie spalle, lasciando le scarpe all’ingresso. La villa è silenziosa e le possibilità sono due: o sono tutti a lezione oppure ognuno è nella propria camera. Credo la prima perché nessuno dopo lezione si rintana in camera. Di solito passiamo molto tempo insieme e non sarebbe carino nei confronti di nessuno fare sempre gli asociali.

Appoggio la spesa, gli occhiali da vista e la borsa del college sul tavolino davanti al divano. Mi affaccio in cucina e dentro noto che non c’è nessuno. Allora vado verso il giardino e mi accorgo che la porta finestra è stata lasciata come l’ho sistemata io. La apro e vedo che Dylan sta ancora dormendo sullo sdraio. La coperta è ancora sopra di lui, ma lui si è girato ed è appoggiato su un lato.

Quanto cavolo dorme questo ragazzo? Non ha lezione?

Mi avvicino lentamente e penso che forse è meglio svegliarlo. Lo scuoto delicatamente, ma non ricevo alcuno stimolo come risposta.

“Dylan svegliati, sono le due del pomeriggio” gli dico, inginocchiandomi davanti alla sua testa.

Non dice nulla e non si muove. Inizio ad accarezzargli i capelli morbidi e non riesco a capirne il motivo, ma lo faccio comunque.

Sono così morbidi e lisci.

Inizia a muoversi e ritraggo la mano spaventata, perché sto facendo una cosa istintiva senza il consenso di Dylan.

“No” mugola contrario. “Continua Belle” continua poi.

Continuo ad accarezzargli i capelli e socchiude leggermente gli occhi, ma li richiude infastidito dalla luce.

“Sei un idiota” gli dico quasi arrabbiata.

Sono arrabbiata perché non capisco se abbia bevuto a causa mia e perché se ne è approfittato di un momento di debolezza per fare finta di dormire.

Ora magari si beffeggerà di me.

Eppure la rabbia non la sento, sta nascosta dietro la porta e aspetta solo il momento giusto per uscire.

Noi Sott'acqua 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora