Parte 37: Una cosa importante

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Io e Can siamo seduti nella panca con le gambe intrecciate sotto il tavolo. Rubo una patatina dal suo piatto, poi bevo un sorso di coca dalla cannuccia.
Racconto brevemente a Can quello che ho provato entrando in quella casa. Lui ascolta in silenzio e capisco che gli fa piacere che finalmente riesco a parlarne senza farmi venire nessuna crisi.

«Capisci?! Era tutto nella mia testa!»

Lui mi guarda di traverso e sorride come con comprensione

Sorrido dolcemente e allungo la mano per accarezzargli la guancia «Tu lo sapevi. Tutte le volte che hai provato a dirmelo e io non ho voluto darti ascolto»

«Lo dovevi capire da sola»

Alzo le sopracciglia, «Vuoi dire che ho trovato il modo?» lo guardo speranzosa.

Sorride «Solo tu puoi dirlo»

Ci penso su, «Sì. Credo, insomma, mi sento come se mi fossi tolta un peso enorme dallo stomaco. Forse posso toglierlo dalla mia lista.»

«Quale lista?»

Scuoto la testa, «Nulla, una cosa mia.» prendo un altro sorso di coca. Poi, mi avvicino di più a lui e mi schiarisco la voce, «Ora parliamo di noi.» dico a voce bassa.

«Di che cosa in particolare?» anche la sua voce è bassa e mi fissa le labbra.

«Di noi» ripeto.

«Tipo?» sorride.

Alzo gli occhi al cielo e mi faccio ancora più vicino, incollando i nostri nasi. «Di te e di me, insieme!»

Arriccia il naso, «Hai fatto mettere la cipolla in quel panino?»

Mi addrizzo di colpo e mi tappo la bocca con la mano «Sì!» mi allontano con il sedere.

Lui ride e, avvolgendomi il braccio nelle spalle, mi attira di nuovo a lui. «Vieni qui.» strofina i nostri nasi.

Una donna si avvicina alle sue spalle. Punto gli occhi sulla cameriera che si guarda la punta delle scarpe imbarazzata.

Mi scosto da Can e guardo in attesa la donna. Ora anche lui si gira verso di lei.

Raddrizza la schiena «Salve Signora Glimore. Non sapevo lavorasse anche qui.» la saluta con familiarità.

"La conosce?"

«Buongiorno sceriffo» dice lei, con voce timida.

La donna sui trentacinque anni, o forse qualche anno in più, ha un'aria avvilita. Indossa la divisa che sembra di una taglia in più rispetto alla sua corporatura esile e piccolina. Mi colpiscono i suoi occhi, del color del miele, cerchiati da profonde occhiaie, e vi leggo dentro tristezza, e forse, qualcosa di più cupo.

«Come sta?» chiede Can.

«Sto... bene» Si attorciglia le dita nervosa, «Non volevo disturbarla.» alza per un attimo i suoi occhi verso di me, poi li abbassa come per nascondersi.

«Nessun disturbo. Le presento la mia fidanzata, Evelyn Cooper. Evelyn, lei è Lana Glimore»

«Cooper?» chiede sorpresa, «La famiglia che ha accolto il mio Peter, quando io... ho avutol'incidente?» dice imbarazzata. «Mio figlio mi ha parlato tanto di quella sera che ha passato da voi»

"Ora capisco."

Le sorrido allegra e le porgo la mano che lei stringe debolmente «È un piacere Lana. Peter è stato a casa di mio fratello. Le faccio i miei complimenti, ha un bellissimo bambino, educato e sveglio.»

Lei sorride timida, «Grazie» poi guarda di nuovo Can, «È in compagnia, magari ne riparleremo un'altra volta»

«Se vuole, può parlarne anche davanti a Evy, ma se è una cosa personale possiamo spostarci...»

Io voglio te,  Tu vuoi me?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora