Parte 53: Il patto

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Hope fa le feste al suo padrone quando rientra a casa. Can si abbassa per coccolarla e gioccare un po' con lei.

Dalla sala arriva solo la luce soffusa della lampada, ma non si sente nessun rumore. "Forse si è addormentata sul divano" pensa.

Va in bagno e quando esce va dritto nella sala. Rimane confuso non trovandola lì.

"Forse è andata a letto".

Apre leggermente la porta della camera da letto. Il suo cuore manca un colpo quando non la vede nemmeno lì. Spalanca la porta e di nuovo il suo cuore si ferma, ma questa volta vedendo la moglie a cavalcioni nella sedia. Lo schienale della sedia nasconde il suo corpo, ma inarca le sopracciglia con interesse, vedendo i tacchi alti che ha ai piedi. Hope irrompe nella stanza e va dritta da lei.

«Qui!» le ordina Can, senza staccare gli occhi dalla moglie. Hope ubbidisce portandosi ai suoi piedi. Abbassa gli occhi per guardare la cagnolina. «Gli adulti devono discutere» la fa uscire e chiude la porta.

Il cuore di Evelyn batte all'impazzata. "Perché prima mi sembrava una cosa carina e invece ora mi sembra una cosa stupida e imbarazzante? Perché non ho riflettuto abbastanza, prima di comprare questo completino?!"

Can torna a guardarla. Gli ci vuole un attimo per abituarsi alla penombra della stanza. Slaccia il cinturone e lo appoggia sulla scrivania, sfila la camicia da pantaloni, ma invece di andare nella sua direzione, va verso il comodino e accende l'abat-jour, poi si porta davanti al letto e si siede nell'orlo. Si toglie anche le scarpe e le mette da parte. Infine, appoggia le mani ai lati del corpo e rimane in attesa.

Il petto di Evy si alza e si abbassa frenetico. "E adesso?" Si schiarisce la voce, «Puoi spegnere la luce, per favore?»

Can scuote lentamente la testa.

Evy prende un gran respiro. "Okay! Tanto ormai mi sono data la zappa sui piedi"

Si alza dalla sedia. Con mani tremanti si scioglie i capelli e li fa ricadere sulle spalle. Si dondola nervosa su i tacchi, mentre il marito la percorre da capo ai piedi con lentezza, per non perdersi nemmeno un minimo particolare. Indossa un babydoll in pizzo nero, trasparente, con degli slip in coordinato.

Evy stringe i pugni per la tensione e guarda verso la porta desiderosa di scappare.

"No, Evy. Non permettere a quella donna di dubitare di te stessa."

Si volta di spalle e sposta i capelli sulla spalla destra, facendogli vedere la scollatura sul dietro.

Si morde il labbro, sentendo Can trattenere il respiro. Si rigira e il suo stomaco si contrae, vedendo il modo in cui la guarda e, sentendosi più sicura, va verso di lui ondeggiando i fianchi.

Can si alza in piedi e fa gli ultimi passi che li separano. Si china in avanti, portando i loro volti a pochi centimetri di distanza.

«Non devi mai dubitare di quanto sei bella» le appoggia una mano sulla schiena, dove il tessuto in pizzo si apre sul fondo schiena, «hai capito?»

Lei annuisce, rabbrividendo per il passaggio delle dita che le sfiorano la pelle fino al solco delle natiche.

Evy lo afferra per il colletto della camicia e slaccia i bottoni, esponendo la pelle ai suoi baci e dimostrandogli tutta la sicurezza che ha nell'amarlo.

I giorni successivi Evelyn torna alla centrale sempre all'ora di pranzo e ogni volta che le capita di vedere Abbie, anche da lontano, si sente sicura nei suoi jeans e maglioni premaman e mostra con orgoglio la radiosità che soltanto una madre può avere.


Passano altri dieci giorni, tra la sistemazione della cameretta per il bambino e gli ultimi acquisti, Evy non si accorge nemmeno che le mancano quattro giorni al termine.

Io voglio te,  Tu vuoi me?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora