Emma ha i capelli umidi, un groviglio di boccoli spenti in cui affonda le mani, immobile. Deve essere passata dalla parrucchiera, questa mattina sul presto, per sistemarsi il caschetto e darsi un tono: è abituata così, lei, le cause in tribunale le ha sempre vinte con la tinta fresca di posa e una ripassata di piega. E quella di oggi credo sia la causa più importante della sua vita, per questo s'è fatta arricciare i boccoli. Ma la pioggia ha rovinato tutto, le cade in testa con antipatica insistenza e Emma forse nemmeno se ne accorge.
Avvicino il viso al finestrino, provo a vederci meglio: è davvero mia sorella, quella donna che sembra stringersi in se stessa per tenere assieme i pezzi? Se non fosse per la posizione che occupa - è davanti alla porta del civico dieci, la nostra porta, quella con su una ghirlanda sbiadita - ecco, se non fosse per il posto, non l'avrei riconosciuta.
Il cappotto che indossa è imperlato di gocce piene. Un lembo, cascante dal bordo del marciapiede, inzuppato nel rivolo d'acqua che ci scorre contro. La strada è deserta, si nota solo lei, piegata sullo stomaco, con quei capelli di un rosa acceso che stonano contro le decorazioni verdi a palline rosse tipiche di questo periodo dell'anno.Già, non ci avevo fatto caso. È quasi Natale, mi calo tremante la cuffia sugli occhi. E non c'è regalo più grande che il destino possa farci, se non restituire a mamma la nostra casa.
Eppure, l'immagine di mia sorella lì, abbandonata in quel modo sul marciapiede, mi restituisce ben altra sensazione. Non c'è speranza, in quelle mani che sembrano voler fermare un turbinio di pensieri tristi; non c'è sollievo, in quel viso nascosto al mondo.
Yuri accosta qualche metro più in là e il rumore dell'auto in manovra ridesta Emma dal suo assopimento. Finalmente, solleva la fronte e rivolge le occhiaie nella nostra direzione. È proprio lei, sospiro. Non appena si accorge che si tratta di me, come percorsa da una scossa, si rimette in piedi.
"Rossella", scuote il capo e non aggiunge altro. Il labbro inferiore vibra al ritmo dei suoi singhiozzi trattenuti. "Se n'è andato".
"Chi?", la sorreggo per un braccio. "Dimmi. Chi se n'è andato?".
Mia sorella fatica a parlare, ha il volto tirato e vecchio, una ruga nel mezzo che prima non c'era: "Il signor T.", sussurra appena. "Ci ha pregate di riceverlo prima, perché doveva tornare in città per un impegno improvviso. Sarà partito almeno un'ora fa. Ho provato ad avvisarti, ma non mi hai risposto".
Accidenti, la telefonata. Poteva essere importante, così mi aveva suggerito Yuri. Ma io non ho voluto dargli retta e sono entrata negli studi di Rete Uno. Ho fatto male.
"Non importa". Il suo rossetto si sta sciogliendo, non riesco a non fissarle le labbra annacquate di pioggia e pianto. "Tanto sapevamo che sarebbe stato un fiasco, no? La proposta di affitto di mamma era un'idea strampalata, difatti il signor T. non ha accettato". Le sue mani si posano sulle mie spalle, delicate: "Rossella, dobbiamo farcene una ragione. Verderaso è venduta".
Venduta.
"Adesso, pensiamo a lasciare la nostra casa". Emma tira su con il naso: "Conviene che ci trasferiamo al più presto. Dimenticheremo prima". Dopodiché, soffia decisa in un fazzoletto.
"Aspetta, vuoi già arrenderti?". La pioggia mi punge gli occhi, batte sui miei nervi già tesi. "Non osare, Emma. Questa casa ci è stata portata via ingiustamente, sono pronta a occuparla. Anzi, quel lampione! Lo vedi? Mi incateno al lampione, qualcuno deve ascoltarci!".
"Rosellina...".
"Non chiamarmi così! Non se vuoi arrenderti, se sei disposta a lasciare che un estraneo si prenda tutto", comincio a piangere. "Nonna Ines non se lo merita. Come faremo anche solo a pensarla senza vergogna, poi?".
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Crisantemi fritti tutto l'anno
Lãng mạnSeguito di Crisantemi fritti a colazione (Vincitore Wattys 2020). Quella non era una verità come tutte le altre. Cosa avreste fatto voi, se foste stati al mio posto? Avreste aperto la lettera oppure ve la sareste dimenticata, fingendo di non sapere...