42. Oro

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"Proprio così, zia Isolina. Il notaio Ainis altri non era che un mediatore, e chi se lo aspettava!".

Fa avanti e indietro per il corridoio, Mutter. Lei parla e le assi del pavimento scricchiolano. E tutti insieme producono un gran baccano. Mi sporgo dalla porta della camera per osservarla meglio. Telefonino appiccato all'orecchio, la vedo procedere di spalle mentre con le dita sfiora le gocce di cristallo delle lampade a muro che Madame ha fatto arrivare appositamente dalla Francia. Una dietro l'altra, quelle tintinnano al suo passaggio e non appena accennano a fermare il loro moto oscillatorio, eccola di ritorno a dar loro nuova spinta.

Tre giri di perle le accorciano il collo, già basso per meglio concentrare la voce e arrivare dall'altra parte, se potesse a soffiare la sua soddisfazione direttamente sul muso di zia Isolina, che l'ha sempre mal sopportata.

"Il signor Aslan sapeva che Rossella non avrebbe accettato alcun aiuto. Testarda come suo padre, e ho detto tutto. Ma è stato più forte di lui: doveva intervenire per salvare la nostra casa. Non è un vero gentiluomo uno che si comporta così?". La sua voce di colpo si fa flebile e un palmo le sale alla bocca, guardingo: "Ti dirò, io a quel Damiano Re non ho mai creduto fino in fondo. E devo ammettere che, per la prima volta nella sua vita, Rossella ha fatto una scelta sensata scegliendo Aslan. Che poi ha un nome impronunciabile, questo facoltoso turco, comunque lo chiamerò semplicemente mio genero. Che dici, suona bene?".

Suona assurdo, vorrei risponderle io. Da quando in qua Mutter sta dalla mia parte? E da quando in qua si confida con la sorella di nonna, bandita dalle riunioni di famiglia dopo che candidamente aveva ammesso che un po' mio padre bisognava capirlo, una qualche ragione doveva pur avercela se l'aveva piantata in asso dall'oggi al domani, esasperato.

"Pronto, mi senti?". Le perle si strizzano le une contro le altre. Lei scuote la cornetta: "Zia, ci sei?", si lamenta con uno sbuffo. Dimenticavo: zia Isolina, cento anni compiuti un mese fa, avrà sentito la metà di questo racconto. Sapete, non le funziona un orecchio e non è detto che abbia accostato la cornetta a quello buono. Ma a Mutter non interessa: lei deve urlargliela comunque addosso, la sua euforia, che le arrivi o meno.

"Sono curiosa di sapere chi le è rimasto da chiamare sulla rubrica. L'ultimo dei malcapitati, presumo. Questa sarà la centesima telefonata in una settimana".

Mi volto. Emma si è appena appoggiata allo stipite della porta, le braccia conserte e un'espressione divertita calata sulla faccia. Indica nostra madre alzando il mento: "Guardala. Non c'è persona a Verderaso che non sappia che il tuo futuro marito ci ha ricomprato casa. È completamente su di giri".

"Completamente", rido. "Aspetta, tra poco toccherà a te. Non hai ancora sentito il passaggio che ripete di continuo su Alfio?".

E il passaggio arriva a noi puntuale, dall'altra estremità del corridoio.

"Sia chiaro, a rimediare doveva essere l'unico responsabile di un simile guaio... Parlo di Alfio Tagliaferri, certo! Di chi, sennò?". Un sospiro lungo ne rallenta la marcia da soldatino: "Che delusione, non puoi capire... Ancora non mi spiego come Emma abbia potuto sposare un idiota simile. Stai sicura, zia, che appena Rossella e il mio caro genero Aslan saranno partiti in viaggio di nozze, comincerò a cercare un uomo per Emma. Se lo merita, povera bambina".

"Accidenti, fa sul serio". Noto mia sorella scomporsi. Sta, forse, cominciando a realizzare cosa significa diventare la missione prioritaria della vita di nostra madre. Io, per mia fortuna, non lo sono più. 

"Rosellina, ho qualche speranza di riuscire a evitare che mamma organizzi una serata di incontri al buio in salotto?".

"Be'...", stavolta sono io a parlare a voce bassa. "Potresti trovarti un fidanzato da sola,  per esempio".

Crisantemi fritti tutto l'annoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora