3. A mai più rivederci

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Seguo la penna roteare tra le sue dita sottili. Il quadernetto spiegato sul viso da bambola carico di lentiggini, l'incarnato di madreperla. Quello che mi rivolge è il guscio di pagine pronte ad accogliere i suoi ghirigori. La fodera di carta, ricoperta da una miriade di coccinelle, mi ricorda i suoi gusti in tema di stampe. E le mie galosce. 

Fa freddo, l'umidità ci sta penetrando dentro le giacche pesanti e l'aria tagliente fa arrossire la pelle che non siamo riuscite ad avvolgere nella lana, ma lei, Daniela, è irremovibile: senza il tradizionale giro delle vetrine, non ci può essere regalo di Natale adatto.

Ogni anno la stessa litania, il solito elenco di "ce l'ho", "mi manca", "quanto lo vorrei", "non penserai che lo voglia!", che la mia adorabile coinquilina annota con precisione certosina verso i primi di dicembre, per poi scordarsene per le settimane successive e lanciarsi alla frenetica corsa all'acquisto il pomeriggio della Vigilia. In questo immancabile rituale, per la seconda volta, ci sono finita anch'io.

"Contando che tua madre ti riempirà l'armadio di un altro vestito a manica lunga tagliato sotto il ginocchio e che Emma prenoterà per te la milionesima seduta dalla sua parrucchiera di fiducia, chi può rimediare sono soltanto io!", si è giustificata mentre mi trascinava fuori di casa.

Per la verità, è di ben altro che ci siamo trovate a parlare, intirizzite nel mezzo del via vai concitato del centro, che si prepara ad abbassare le serrande. Qualcosa che non sono stata capace di esternare ad altri. Non c'entrano gli abeti, né il panettone. Qualcosa che mi logora dentro e di cui, ahimè, non ho colpa. C'entra, lo avrete capito, Alessandro Aslan.

Daniela affonda la penna nell'imbottitura della mia giacca, all'altezza del cuore. "Rossella, l'astragalo!", trilla isterica. Quindi, prende a sbattere ripetutamente gli occhi, gonfia il petto e comincia a scuotere le braccia. Le imitazioni, sorrido, sono sempre il suo forte.

Soddisfatta, torna se stessa: "Quindi - annota qualcosa sul quaderno - la cara Madame, prima di rompersi l'osso del piede, voleva sapere cos'è successo tra te e Aslan. Lecito, direi. Tu, a quel punto, cosa le hai risposto?", mi interroga, concentrata.

I nostri fiati caldi, nuvolette nell'aria ghiacciata della sera, si intrecciano, intimi. Tutt'attorno, tante pupille ferme, a fissarci. L'oggetto del nostro accorato confronto ha per spettatori un reggimento di soldatini intagliati nel legno, rotaie e trenini in legno, burattini di legno e la faccia di cipresso del proprietario del negozio, visibilmente infastidito dalla nostra sosta prolungata, che scoraggia ogni altro cliente intenzionato a dare un'occhiata alla mercanzia in esposizione.

"Cosa volevi che rispondessi, Danny?", mi stringo nella giacca, le dita affondate nelle tasche. "Quello che ho raccontato a tutti quanti, che già sa: credevamo di amarci, dietrofront!, ci siamo sbagliati. Tutto qui. Poi, Yuri ha fatto il resto...".

"Lasciatelo dire, il nostro Damerino è spassoso. E lei finalmente ci avrebbe creduto?".

Faccio spallucce: "Mi chiedo se abbia importanza, il parere della gente intendo. Non servirà a riportarmi Ömer".

Danny sfila coraggiosamente una mano dal guanto di pile e me la posa sulla guancia: "Hai lasciato che lui fraintendesse tutto, amica mia. Chissà, magari questi Oscar della Pubblicità saranno l'occasione per...".

"Non dirlo, Danny", la interrompo, colta da un tuffo allo stomaco. "Non seminare speranze nel mio animo, ti prego. Potrei crederci".

Daniela, l'espressione contrariata impressa sul viso, attende un istante, poi dà colpo ai suoi folti ricci rosso acceso, o meglio a quel che è rimasto fuori dal giogo della cuffia, ed eccola cambiare argomento: "Entriamo in questo laboratorio, ti va?".

Crisantemi fritti tutto l'annoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora