Ho il cuore che batte all'impazzata. Salgo gli scalini uno dietro l'altro, li premo li schiaccio tanta è la voglia di arrivare in cima più in fretta che posso.
Leonardo mi segue a fatica, lo sento farfugliare qualche parolaccia che lo sproni a continuare la nostra corsa immotivata fino al quinto piano.
"Schifo di ascensore, proprio oggi doveva bloccarsi... Ehi, Ros, possiamo fermarci un secondo?", tossisce a un certo punto, la schiena ricurva e le mani puntellate alle ginocchia. "Così ci ammazziamo, bellezza".
Ma io non ho intenzione di perdere tempo: "Leo, fa' con calma", lo rassicuro una mezza rampa più avanti. "Daniela ti consegnerà quanto ti spetta per il passaggio che mi hai dato. Tu chiedile di aprire il mio salvadanaio, d'accordo?".
"Come vuoi". La bocca spalancata, il giovane autista, rubato per qualche ora al Pan per Focaccia, prova a incamerare un po' d'aria. "E tu dove stai andando, me lo dici?", inspira a pieni polmoni.
Già, dove sto andando? Una scarica di adrenalina mi induce a proseguire. Il piano quarto è la mia destinazione.
L'ultima occhiata alla piccola adorabile canaglia in anfibi e mimetica, ancora ferma sul pianerottolo sottostante, e finalmente mi ascolto pronunciare ad alta voce la solenne promessa che ho rivolto a me stessa, poco prima che lasciassi la tenuta di Madame, a bordo del furgoncino pieno zeppo di farina della panetteria all'angolo: "Vado a regolare i conti con Damiano Re". Guardo su: ancora uno sforzo, ci sono quasi. "E ti giuro che, stavolta, non l'avrà vinta lui".Leo fa spallucce, sotto il cappotto marchiato dai bozzi di bruciatura di sigaretta. Scuote i cerchi da pirata che gli pendono dalle orecchie: "Damiano Re, mai sentito. Chi sarebbe questo tizio?", la gomma da masticare ferma sulla punta della lingua.
Chi sarebbe, scandisco saltando uno, due, tre scalini che mi scorrono sotto i piedi. Lascio Leonardo così, prendendo il volo, più determinata che mai. Uno, due. Perdo nuovamente il conto e ricomincio.
Chi sarebbe, Damiano Re, se non il peggiore dei miei mali, un mascalzone infilato in un paio di mocassini di vera pelle del più raffinato artigianato italiano, l'alfiere della malvagità, il creatore del doppio gioco prima ancora che del doppio petto, un inetto traboccante di boria dal testosterone ripiegato nel panciotto. Proprio così, chi sarebbe questo omuncolo che ha distrutto il mio sogno d'amore. Chi sarebbe."L'uomo della fotografia, questo sei; così ti sei infilato nella mia vita, povero diavolo. E adesso, a noi due", sfilo con impazienza la giacca imbottita. Eccomi, tutta sudata, davanti alla sua porta. Calpesto lo zerbino e subito mi ritraggo: hai portato del vino? ci leggo stampato sopra. Rido, solo per un istante: "Oh, Danny!". Poi, prendo fiato: "Forza, Rossella, torna in te. E bussa".
Le mie nocche tamburellano decise contro il legno e - una mano alzata, agitata da un sottile tremore - mi ritrovo ferma, ansante, ad aspettare un cenno dall'altra parte.
Mi basta il cigolio delle cerniere che ne accompagnano l'apertura, e dritta sulla soglia lancio il mio guanto di sfida: "Sono io, signor Re. Che le piaccia o no, è venuto il momento di parlare, guardandoci dritto negli occhi".E questi occhi, in effetti, mi stanno fissando. Interrogativi, si allargano per inghiottirmi tutta, sotto le folte ciglia che sbattono e sbattono, quasi a voler vederci più chiaro.
"Oh, mi scusi!", porto le mani al viso, mortificata. "Lei non è...".
"Direi di no...".
"Non è il signor...".
Una giravolta attorno ai collant: "Proprio no".Grembiule rosa avviluppato ai seni pesanti, uno scovolino che le spunta dalla tasca, la donna di mezza età che mi è comparsa davanti, dai folti ricci color polenta e la spessa ricrescita, allarga il suo faccione paffuto per rivolgermi un'insolita accoglienza: "Non è me che cerca, signorina", strizza l'occhiolino. "Provi di là", si scansa per lasciarmi passare.
Obbedisco, sfilandole davanti rigida come un soldatino, il collo schiacciato tra le scapole per l'imbarazzo. Mi volto e la vedo uscire, discreta.
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Crisantemi fritti tutto l'anno
RomanceSeguito di Crisantemi fritti a colazione (Vincitore Wattys 2020). Quella non era una verità come tutte le altre. Cosa avreste fatto voi, se foste stati al mio posto? Avreste aperto la lettera oppure ve la sareste dimenticata, fingendo di non sapere...