5. Il nuovo coinquilino

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"Sono vecchio!", un grugnito. "Vecchio, mi capisci? Non posso rincorrere una testa  imbizzarrita, che se ne va in giro per i posti sperduti del mondo, e l'altra testa sconsiderata, che fa di tutto per azzerarsi il conto in banca! Adesso, tu dimmi, come la risolviamo questa?".

Pausa. E poi, rotondo pieno, ecco scappargli un sonoro: "Porco mondo!".

Credo di stare sognando. Mi sono appena immaginata di aver sentito Corrado Sermenti lamentarsi in salotto. Mi stropiccio un occhio, sbadiglio. Quella che mi aspetta è una giornata impegnativa, già mi prefiguro il faccione maligno di Jacques Le Fèvre allargarsi in uno dei suoi ghigni inquietanti, i denti anneriti dal fumo e le labbra carnose attraversate da una riga di caffè rappreso, e i suoi occhietti piccoli e aguzzi posarsi su di me, con la solita ingordigia. Più Mister Quattro Milioni si mostra quale è, ovvero un aggregato affetto da un elevato grado di opacità, tanto più le gemme che tratta brillano, purissime, tra le sue mani.

"Ci sarà una soluzione, no? Chiedete un prestito a qualcun altro, qualcuno di fidato, e saldate il debito con gli usurai".

Questa è Daniela. Usurai? Debito? Mi metto seduta, in ascolto. Forse, non è stata la mia immaginazione; forse, Corrado è davvero a casa nostra. Ma che storia è mai questa?

"Ci serve tempo, qualche settimana almeno. E con la ragazza tutta matta come la mettiamo?".

Accidenti, è proprio lui. Uno strano presentimento mi trascina giù dal letto. Agguanto la vestaglia, dedico un secondo allo specchio per pettinarmi i capelli arruffati dalla notte e così, elegantemente infilata in un doppio giro di cotone rosa a pois rossi, mi ritrovo protesa sul divano, gli occhi sgranati per vedere meglio.

"Non posso crederci: è ancora qui?" sbraito, furiosa.

Damiano Re respira piano, le guance rosse e la bocca socchiusa. "Ehi, mi sente? Se ne deve andare...", lo scuoto con decisione.

"Shhh!". Daniela mi travolge in un abbraccio, un modo come un altro per calmarmi con dolcezza. La guardo, il mento tra le dita: due profonde occhiaie le solcano il viso.

"Ha avuto qualche linea di febbre e si è addormentato solo mezz'ora fa", si divincola, imbarazzata.

"Danny", indico il corpo abbandonato tra i cuscini. "Non hai riposato per stare al suo capezzale?".

Lei fa spallucce: "Ci ho provato, a dormire intendo, ma si girava e rigirava di continuo... Non potevo lasciarlo solo".

Non poteva, dice. Allargo le braccia, sbuffo, e le lascio ricadere, pesanti, sui fianchi: "Sono intrappolata nel peggiore dei miei incubi. Non lo voglio qui, te l'ho detto. Perché insisti?".

"Ros, cosa avrei dovuto fare? Metterlo alla porta, febbricitante, quando fuori c'è almeno un paio di gradi sotto lo zero?".

Incrocio le braccia, irremovibile: "Non è un problema mio, che si arrangi. E non dovrebbero essere nemmeno affari tuoi, Danny. Vuoi che ti ricordi come si è comportato con te, l'ultima volta che vi siete visti?".

"Gallina!", mi sembra ancora di sentire la nota di disprezzo nella sua voce. Damiano Re era furioso, Daniela gli aveva appena lanciato in pieno volto un cuscino. Lui stava per rivelare ad Aslan che ero un'impostora: carta canta, gli avrebbe mostrato che, da contratto, ero stata assunta all'Agenzia Re come semplice addetta alle pulizie. Afferrato per un angolo il cuscino, Damiano aveva cercato di colpirla. Per lui, non era che una ragazza senza nome che aveva osato affrontarlo, e con un'arma tanto ingloriosa poi. Ma i riflessi di Aslan l'avevano riparata dal colpo: Alessandro aveva intercettato il cuscino e, con una manata al volo, deviato la sua rotta.

"Ricordo perfettamente", sospira lei, lo sguardo vago diretto oltre le mie spalle.

"E ci passi sopra?", le pizzico di nuovo il mento. Quelle occhiaie mi sono insopportabili.

Crisantemi fritti tutto l'annoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora