Il mappamondo cade dalla faccia dell'Australia e si schiaccia sul legno della veranda. Sbianco, il collo all'ingiù, a osservare l'equatore tagliato di netto e tanti pezzetti scuri sbriciolatisi nello schianto.
Dannazione, Rossella! Ne combinerai mai una giusta?
Mi è mancata la presa, così il respiro. E ora mi ritrovo china a terra, impegnata a raccogliere frettolosamente ciò che resta della sfera di mango nero che neppure la corsa giù per le scale del mio palazzo e il successivo viaggio in taxi avvolto nel gelo hanno scalfito. Ci ero riuscita, a mantenerlo integro, il povero mappamondo; finché, sull'uscio di Madame, è comparso Ömer.
Non oso incrociare il suo sguardo, mi sento improvvisamente nel posto sbagliato. Abbiamo appena litigato, la festa è stata un fiasco, ma - tu pensa! - tra milioni di destinazioni, nella Metropoli, siamo stati capaci di scegliere la stessa. Ci manca un nido, e lo prendiamo in prestito.
Aslan si piega, proprio davanti a me, gli occhi che mi osservano e seguono ogni mio gesto. "Ti posso aiutare?", chiede a bassa voce e intanto spande intorno il suo profumo al sandalo, che respiro a pieni polmoni. Sono confusa e agitata, e non trovo le Filippine.
"Qui", mi allunga l'ultimo ritaglio di pianeta che sto cercando. Un mezzo sorriso dei suoi mi spiazza: "Riuscirai a ripararlo? Non è una ceramica, e chissà se il rinforzo dorato tiene, però...", si zittisce per scrutarmi a fondo, le pupille strette. "Ci proverai, almeno?".
"Forse", balbetto mentre lascio che prenda tutto, la metà ancora integra e i cocci, e li appoggi su un mobile dietro la porta.
"Entra", mi invita di spalle. "Non restare al freddo".
"Sono qui per Madame", afferro il bagaglio sulla difensiva. "Se mi consideri di troppo, me ne vado".
Mi guarda, ancora. Non so dire come.
"Dai, entra", ripete dopo una breve pausa, roteando i polsi. E subito allunga la mano, lo fa con lentezza quasi esagerata per darmi modo di scansarla, se volessi rifiutare. Le sue dita forti sfiorano le mie, magre e tremanti, si fanno largo e afferrano la maniglia del trolley che tengo sospeso a pochi centimetri da terra.
Guancia che sfiora la guancia, pelle viva a contatto, la sua prova di galanteria mi fa per un attimo dimenticare il perché mi trovo qui, senza preavviso e a tarda sera. Con le mie cose poi; come chi arriva per restare, e non lo spiega.
Lo sento schiarirsi la gola prima di allontanarsi per posare il trolley in un angolo: "Eravamo in salotto", si gratta una tempia. "Conosci la strada, vero? Prego".
Annuisco e, senza aggiungere altro, lo precedo.
Vestaglia colorata e fascia tra i capelli, Marguerite Rochelais non ha bisogno di chiedere, sa già che si tratta di me. Muove appena il capo, per farmi segno di raggiungerli.
Finge platealmente e non lo nasconde, Madame: "Questa sì che è una sorpresa, tesoro!", esclama facendo vibrare il piede immobilizzato, che troneggia al centro del salotto, dall'alto di una torre costruita con tre cuscini. "Siediti e bevi un infuso caldo", mi invita con la solita cortesia.
È solo una mia sensazione o sembra anche a voi che Madame si aspettasse di vedermi apparire nella sua tenuta, in cerca di una spalla - la sua - contro la quale accucciarmi?
"Ti trovo bene", la stringo forte. "Spero tanto di non disturbare".
"Sciocchezze, sei sempre la benvenuta. Quanto a me, me la cavo", sbuffa issandosi sulle nocche per trovare una posizione più comoda. "Seguire l'evoluzione del progetto a distanza e così distesa mi angoscia, ma ho un ottimo collaboratore qui a casa...".
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Crisantemi fritti tutto l'anno
Roman d'amourSeguito di Crisantemi fritti a colazione (Vincitore Wattys 2020). Quella non era una verità come tutte le altre. Cosa avreste fatto voi, se foste stati al mio posto? Avreste aperto la lettera oppure ve la sareste dimenticata, fingendo di non sapere...