38. Sazanka tsuyu

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La berlina rossa attende a motore acceso, in seconda fila. La vedo e non ho dubbi: è tutta per me, è me che aspetta. Sgambetto fuori dalla sede di CanalDi, sbracciandomi in quella direzione. Eccomi! E il clacson prende a strombazzare con insistenza. "Arrivo!", urlo a Yuri con il fiato corto.

"Accidenti a questi tacchi, accidenti a questa pioggia...". Forse, è un gomito quello che ho appena sfiorato, qualcuno si volta infastidito. "Mi scusi", incasso il collo nella sciarpa. Per tutta risposta, percepisco un mugugno, l'attrito di una barba che sfrega contro un bavero alzato.

Ma tiro dritto.

Se non sbaglio, il maestro Satoshi diceva che in questo periodo cade la pioggia delle camelie. Sazanka tsuyu.
Guardo, fronte all'insù, quella che non è una pioggia come tutte le altre. Perché insiste, placida e costante. Scrollo le spalle e aumento il passo: "Un modo gentile per rendere sopportabile un vero impiccio", sibilo.

È proprio così. Quando c'è una prova da superare, posso starne certa: neppure il cielo mi assiste.

Non sono che pochi metri, ma le pozzanghere sparse sull'asfalto mi obbligano a una gincana che rischia di farmi perdere l'equilibrio e, soprattutto, di macchiare irreparabilmente le francesine sulle quali ho elegantemente oscillato finora.

Un anno intero dimenticate nell'armadio e, ora che le ho tirate fuori, che faccio? Le affogo in due dita d'acqua. 

"Ci sono", afferro la maniglia, leggera, e tiro un sospiro di sollievo: non so come, ma sono ancora in piedi.

"Sbrigati, il tempo stringe!", la voce di Yuri mi arriva ovattata, al di là del vetro. Subito dopo, sento la portiera emettere uno scatto, mentre il tubo della marmitta comincia a vibrare, sputacchiando fuori una nuvola di gas.
Pochi istanti e la preziosa auto di Conciarini si lancerà nel traffico per raggiungere gli studi di Rete Uno. Mi ci infilo dentro, lasciandomi trascinare sul sedile posteriore da un borsone ricolmo, che mi tocca portare dietro dal primo albeggiare. Ci segue - me e il borsone - l'ombrello bagnato fradicio che ho rubato ad Anna e che finisco inavvertitamente per scuotere una volta scivolata, gambe all'aria, nell'abitacolo. O, per la precisione, sui pregiati rivestimenti del lucidissimo, pulitissimo abitacolo.

Capo reclinato all'indietro, mi lascio scappare un rimprovero: "Uff, possibile io sia così imbranata!".

Per mia fortuna, Yuri sembra non essersi accorto degli schizzi volati sulla pelle del sedile e su uno dei tappetini. Piuttosto, mi osserva dallo specchietto retrovisore con aria indagatrice: "Ros, che hai sulla faccia?".

Oddio. Che avrò mai sulla faccia?

"Fammi controllare", frugo con foga nel borsone alla ricerca della trousse. "Non dirmelo: sono riuscita a rovinare il trucco di Odette? Con tutta la fatica che ho fatto per convincerla a presentarsi alla Tenuta e preparare me e le gemelle...".

"Be', è arrivata brontolando, ma l'effetto uao  è assicurato. Le AnnaLena era irriconoscibili, quasi rassicuranti sotto quello strato di fondotinta".

"Effetto uao?". Ridacchio, divertita. "Dai, metti in moto". In un attimo, la spinta dell'accelerata mi incolla al sedile. "Comunque", solco il viso con l'indice alla ricerca dell'imperfezione che non trovo. "Avresti la stoffa per lanciare uno spot; sai, Conciarini?".

"Ah, non ci provare. Sei tu la signora Aslan!". Ride a sua volta, sovrastato dal ruggito del motore che lavora adesso a pieni giri. "Come ha detto la conduttrice di CanalDi?".

"Che vergogna, non farmici pensare...". Arrossisco al pensiero di quell'accoglienza organizzata in pompa magna. Tutti quegli occhiolini, i complimenti melliflui; persino, i fiori nel camerino, che ho occupato giusto il tempo di fare pipì.

Crisantemi fritti tutto l'annoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora