"Andiamo, Clementine. Cinque minuti, non di più".
Dovreste vedermi, le caviglie e le dita delle mani intrecciate, il collo tirato e il labbro sporgente, imploro la segretaria di Jacques Le Fèvre ricorrendo alle moine che dispensavo da bambina. Una vigliaccata, devo ammetterlo.
Be', non avrei voluto arrivare a tanto, ma non potevo fare diversamente: Clementine, uccellino in gabbia, ha paura della sua stessa ombra. Non posso alzare la voce, né minacciarla, tantomeno comprare la sua collaborazione con una ceramica, cosa che ho peraltro tentato. Rimediando un bel no. Per la precisione, un cavernoso mais non, Rossellà. E, così, sono passata alle moine.
"Ascolta, Clemmy, comprendo e apprezzo la tua professionalità, ma - permettimi - si tratta di una questione importante: basterà che tu annoti il mio nome sull'agenda di Jacques, in questo spazio qui, lo vedi? E io, dammi dieci minuti al massimo, sbrigherò la questione e me ne andrò soddisfatta. Cosa ti costa... Dai, permesso accordato?".
Mi guarda, la guardo.
"Rossellà - sbatte a ripetizione le ciglia - il signor Le Fèvre detesta le visite non concordate. Sono le otto del mattino, se ti vede nel suo ufficio senza preavviso, andrà su tutte le furie". Un tuffo sotto al bancone della reception, che mi costringe a sporgermi per vederla armeggiare tra le bottiglie, e la francesina torna su, concentrata sui passaggi di un rituale che mi sembra conosca a memoria: "Se potessi, ti aiuterei, dico davvero. Ma non oggi, oggi proprio no. Il lunedì è una giornata complicata. Che ne dici di tornare domani, verso le undici?".
Un gorgogliare ambrato attira la mia attenzione. Il vassoio che ho di fronte si riempie in poche mosse di una ciambella glassata, due dita d'acqua frizzante e una fettina di limone e - credo di avere le traveggole - un bicchiere di whisky appena servito. Lo indico confusa: "Scusa Clementine - le domando, abbassando il tono della voce - questa sarebbe la colazione di Le Fèvre?".
Whisky. A quest'ora. Credo di aver appena scoperto come Mister Quattro Milioni ha costruito il suo impero: completamente sbronzo.
Sapete? Non è male come idea, penso. Mi ci vorrebbe proprio un sorso di sano scotch delle Highlands, per fare quello che sto per fare.
È deciso. "Posso?", sorrido a Clementine, e subito il bicchiere passa alle mie labbra. Senza pensarci troppo, butto giù il whisky con un lamento. "Puah, com'è forte!".
Clementine, il bel nasino che si allarga per aspirare più aria che può, si scioglie in un'imprecazione sommessa: "Ma come osi, Rossellà. Dammi questo bicchiere, dannazione! Quello mi uccide". E scappa a sciacquarlo.
La lingua paralizzata e la gola che sa di torbato, mi stacco dal banco della reception e aspetto alcuni secondi. La segretaria non torna. Sparita.
È il mio momento. "Perdonami, Clemmy". Afferro il piatto con la ciambella e, a passo spedito, ticchetto verso l'ufficio di Jacques Le Fèvre, il tipo più subdolo e untuoso che conosca, eppure l'unico in grado di salvare un'intera azienda e, stento quasi a crederlo, la mia relazione con Ömer.
Percorro il corridoio, voltandomi di continuo. Temo di vedere comparire sul fondo una Clementine su di giri, occhi rossi e capelli ritti, pronta a riagguantare la colazione del suo capo. E, con la ciambella glassata, il posto di lavoro.
Quel che mi sorprende è che, mentre mi sincero di non essere raggiunta dalla inviperita sculettante segretaria di Jacques, non provo agitazione o rimorso. Mi scappa da ridere, invece: sì, credo che il goccetto di whisky stia facendo l'effetto sperato. Sto per entrare in affari con lo spietato Le Fèvre. Uno con cui, prima, non avrei condiviso nemmeno una puntata all'ippodromo. E mi avvio ridendo.
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Crisantemi fritti tutto l'anno
RomanceSeguito di Crisantemi fritti a colazione (Vincitore Wattys 2020). Quella non era una verità come tutte le altre. Cosa avreste fatto voi, se foste stati al mio posto? Avreste aperto la lettera oppure ve la sareste dimenticata, fingendo di non sapere...