I mocassini firmati che sforbiciano in volo. Non un lamento, soltanto lo stridore di una sedia che ne attenua un poco la caduta e lo sbattere poderoso del suo corpo a terra, su un fianco, tre le briciole dei biscotti seminate da Madame dappertutto.
Damiano Re si volta verso Aslan e noi presenti, in egual misura, lanciamo un lungo lamento, quasi fosse nostro il naso che ha incassato il colpo, nostra la faccia coperta da una maschera di sangue che riesce comunque a esprimere tutto il suo sgomento.
Ömer tuttavia non lo sta guardando, non è il risultato del suo sinistro a interessargli. Traccia sul pavimento i giri di un immaginario infinito, mentre si osserva le nocche arrossate, che gli anelli hanno tagliato. Quale paradosso, vederlo così, scuro in volto la testa china: credo che, dei due, sia lui il più sofferente in questo momento critico per l'azienda di famiglia. E poi c'è il nostro rapporto, pieno di inciampi e di slanci, e c'è l'amicizia che lo lega a Corrado e a Madame, spettatori di una scena che non ha saputo risparmiare loro, e ancora la parentela che, malvolentieri, è costretto a riconoscere e a preservare, nonostante tutto. Al diavolo un naso rotto - sta sicuramente pensando - qui ad andare in pezzi è tutta la mia vita.
"Sei il solito villano". Damiano si asciuga il sangue che gli cola da una narice con il polsino della camicia, stoffa bianchissima. Il piglio è impersonale, quasi distaccato.
Gli farà tanto male? Mi soffermo per un attimo sul colletto: è pieno di schizzi e macchie di un rosso vivo, noto. Un rosso ammaliante. E finisco - non so come - per provare pena per il delfino dei Re. Forse, almeno questa volta non se lo meritava, un pugno di quella potenza. Perlomeno, non ancora.
"E tu sei il solito idiota!", Aslan si ferma e, l'indice spiegato, punta dritto verso di lui. Una lancia da infilare nel costato. "Non solo non ti sei smentito, Damiano: ti sei addirittura superato!", il dito affonda nell'aria, come fosse carne. "Volevi distruggere l'Agenzia Re, il frutto del lavoro incessante di tuo padre?", eccolo avventarsi sul bavero della giacca, strattonare il cugino che, inerme, lascia fare. "Bene, ci sei quasi riuscito, razza di un incompetente!".
Coco interviene nel vano tentativo di dividerli. Ma Aslan non molla la presa, scuote anzi Damiano più forte, neanche fosse un burattino scomposto, gambe e braccia rigide e senza fili. "Ragazzo, calmati", grugnisce il buon vecchio. "Calmati o lo ucciderai, diamine!".
"E chi lo piangerebbe?".
Un altro grugnito: "Basta, su basta, porco mondo!".
Lo sguardo smarrito di Daniela scotta. Lo incrocio, poco sopra questo groviglio di corpi che non saprei districare, e mi dico che tocca a me, adesso: devo proteggerla. Che non veda altro sangue allargarsi sul viso di Damiano, che le botte smettano, e si possa parlare, ragionare.
È per lei, la mia migliore amica la mia famiglia, che cerco il viso teso di Aslan. Passo con i palmi sulla sua barba, lui prova a scansarsi ma io insisto e, appena racchiuso quel viso a coppa tra le mani, cerco di catturarne lo sguardo. "Ömer", sussurro. Non aggiungo altro, la mia fronte contro la sua fronte.
Ha ancora il fiato corto, per lo sforzo su per le scale e per il rancore che ancora gli incatena il cuore. "Ömer". Siamo noi due, noi due soltanto adesso. "Dai, vieni con me". A poco a poco, il suo respiro si fa regolare, lascia andare la giacca di Damiano, lascia che lo guidi sulla poltrona, ammansito. E lì, i palmi sugli occhi, soffia fuori la delusione, quel senso di impotenza che non sopporta. Lui, accidenti, è Alessandro Aslan: se esiste un modo per salvare tutto senza ricorrere all'aiuto di un meschino come Le Fèvre, lui ha il dovere di trovarlo.
"Mi sono tirato indietro per rispettare i tuoi diritti", è a Damiano che si rivolge. Non lo guarda, ma lo inchioda con le parole. Anche Re si mette seduto, accetta il fazzoletto umido che Daniela gli porge e lo ascolta, tirando su con il naso gonfio. "Ho aperto una nuova agenzia, pur di non continuare la nostra guerra. L'avevo promesso a Ercole. A fatica ho messo da parte più di quindici anni di progetti, i miei sogni, il mio team... Cosa resta, per colpa tua?".
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Crisantemi fritti tutto l'anno
RomanceSeguito di Crisantemi fritti a colazione (Vincitore Wattys 2020). Quella non era una verità come tutte le altre. Cosa avreste fatto voi, se foste stati al mio posto? Avreste aperto la lettera oppure ve la sareste dimenticata, fingendo di non sapere...