Capitolo 2

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Non appena uscii dall'aeroporto mi resi conto che non c'era nessuno ad aspettarmi.
Nessun taxi, nessun autista, nemmeno un fattorino, niente di niente.
Controllai la percentuale della batteria che stava quasi per abbandonarmi e tirai un sospiro stanco.
Poi un taxi si fermò proprio difronte a me, a pochi passi da dove mi ero fermata e subito scattai verso di lui.
Solo che, non avevo minimamente considerato il fatto che avessi dei tacchi a spillo e tre valigie da portarmi dietro.
Arrancai a fatica e non appena arrivai alla portiera, il conducente mise subito in moto e partì in un nano secondo.
Non ebbi nemmeno il tempo di imprecare perché con le ruote, andò a finire su una pozzanghera enorme bagnandomi completamente.

Calma, calma, calma.

Calma un corno!

Il mio chemisier di Lanvin gridò a pieni polmoni di aver bisogno di un paio di lavaggi a mano per levare via non solo la vergogna, ma anche l'affronto che aveva subito.
Girai sui tacchi ed in men che non si dica mi trovai con il culo per terra e le tre valigie addosso.

«Serve aiuto?» un ragazzo poco più alto di me si avvicinò con aria preoccupata e mi tolse di dosso le valigie.

Oh ma no!
Sono caduta con il culo per terra solo per il piacere di vedere il merdoso aeroporto di Los Angeles dal basso!

Guardai i miei piedi e quasi mi venne un colpo nel vedere le mie décolleté senza un tacco.

Le mie povere Jimmy Choo!

Il ragazzo mi porse la mano ed io la presi per rialzarmi «Grazie» dissi saltellando leggermente per trovare un po' di equilibrio.
Lo squadrai da cima a fondo, occhi nocciola, capelli castani, T-shirt bianca ed un pantalone nero che gli fasciava le gambe.
«Sono Adam» mi porse la mano lui.

E chi cazzo se ne frega?

Katherine mantieni la calma!

La strinsi con vigore «Katherine» dissi a denti stretti.
«Vuoi un passaggio?» mi chiese squadrandomi anche lui da capo a piedi.

Oh ma ti prego!
Quella T-shirt grida "seconda mano" a pieni polmoni.

«No, grazie sono apposto» declinai l'offerta.
Per quanto potevo essere una sprovveduta, non ero di certo ingenua.
E nonostante fosse stato gentile, non potevo assolutamente abbassare la guardia.

Sinceramente, avrei più paura di te che di lui.

«Aspetto degli amici al bar qui difronte» ed indicai il locale a pochi metri di distanza.
Il ragazzo annuì e si allontanò salutandomi.
Con le valigie in mano, il passo traballante e la voglia di vivere di un opossum, mi incamminai verso il piccolo ma accogliente bar.
Era una sorta di diner vecchio stile: con divani in pelle azzurra, tavolini in alluminio ed un bancone enorme per servire.
Sentii la vibrazione del cellulare e subito sbloccai il telefono.
Era un messaggio della banca.

"La sua liquidità è stata congelata. Per la gestione del conto, prenda appuntamento in filiale.
Ci scusiamo del disagio"

Cosa?

Guardai il posto in cui mi trovavo e quasi mi mancò il respiro.
I soldi erano sempre stati una sicurezza.
Ed ora mi sentivo opprimere anche solo dal pensiero di un giudizio che mi additasse come una poveraccia.
Guardai la cameriera e lentamente feci dietro front senza mai staccare lo sguardo da lei.
Adesso capivo perché non andavano più le carte.
E mi tornò in mente lo sguardo imbarazzato del cameriere.
E non per lui. Ma per me.

No, no, no, no.

Respirai a fatica e mi catapultai fuori il locale.
Era uno scherzo. Doveva essere per forza uno scherzo.
Non ebbi nemmeno il tempo di metabolizzare il tutto che con uno spintone venni buttata a terra insieme alle tre valigie.
Tenni stretta la mia Birkin tra le mani ma non potei dire lo stesso del borsone da viaggio di Vuitton che venne strattonato in malo modo e rubato da un borseggiatore con un grosso passamontagna in testa.

•BAD KITTY - The Rules Series Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora