Capitolo 47

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10 Gennaio 2018 ore 19:15

Premiere Avengers Infinity War

SEBASTIAN

Le luci della ribalta erano un qualcosa a cui non mi sarei mai abituato.
Ad ogni premiere mi sentivo come un pesce fuor d'acqua che cercava disperatamente un appiglio a cui aggrapparsi.
Ed in quei momenti stringevo l'unica cosa che mi collegava a lei.
In tasca, stretto nella mia mano, c'era una collana che tanti anni prima lei aveva appeso nella sua stanza. Ed io me ne ero appropriato, rendendolo un mio amuleto porta fortuna.
Un fiocco di neve.
Sciocco considerando che fosse una collana dal valore monetario pari a quello di un semplice braccialetto Tiffany, ma per me, in realtà racchiudeva tutta la sua essenza: un cristallo freddo, bellissimo, angelico, che ti bacia la pelle ricordandoti che non c'è possibilità di raggiungerlo perché è inarrivabile; solo che, quel fiocco apparentemente indistruttibile e letale, in realtà è molto più fragile di quanto pensi.
E così come lo afferri, così esso si sgretola.
Katherine nascondeva tutte quelle sfaccettature.
Era così bella da essere paragonata ad un qualcosa di divino, la sua pelle brillava quanto la neve baciata dal sole, irraggiungibile ed incredibilmente distaccata, come il freddo pungente che penetra sulla pelle quando la neve entra in contatto con l'incandescente temperatura corporea, eppure fragile, come il modo che ha la neve di sgretolarsi al minimo contatto con un qualcosa di vivo.
Katherine era tutto questo.
Ed io amavo ogni sua sfaccettatura.
Perciò, era come se fosse sempre stata al mio fianco nel corso degli anni.
Ed ora, nel mio abito firmato Tom Ford, formato da un completo blu scuro ed una camicia nera, mi diedi un'occhiata intorno per cercare di trovarla tra la folla.
Non appena uscii allo scoperto per poter fare la passerella sul tappeto rosso, un milione di flash iniziarono a puntare verso di me.
Sorrisi spavaldo, mi abbottonai la giacca e mi avvicinai verso la gigantografia del film.
Tantissimi fan gridavano il mio nome, porgendomi foto e maglie da poter autografare.
Lo feci.
Ciò perché amavo il mio lavoro, ma sopratutto amavo tutti loro che mi supportavano.

«Possiamo fare un selfie?» una ragazza gridò sognante, ed io accettai con piacere.

Mi sporsi verso di lei e scattammo la foto.
Firmai autografi, e cercai di accontentare tutti per ogni richiesta.
Poi mi voltai, come se fossi stato risucchiato da una forza immaginaria ed attratto verso l'unico magnete capace di portarmi alla follia.
Le urla diventarono solo un brusio di sottofondo perché non appena mi girai lei era lì, sul tappeto rosso, in un abito che avrei voluto strapparle di dosso e non farglielo indossare mai più.
Era un angelo con l'anima del diavolo.
Era così bella da poter essere paragonata alla Venere di Botticelli.
E rimasi folgorato dalla sua perfezione.
Indossava un abito con solo applicazioni in Swarovski, e delle frange a coprirle il busto e le maniche.
Battei le ciglia per mettere ancora di più a fuoco il suo abito che scivolava sul tappeto rosso catturando tutta la luce. Stava brillando.
Ero come ammaliato dal suo abito a colonna dall'effetto vedo-non vedo con un fondo in tulle, ricamato con pietre a goccia, maxi frange lungo tutta la silhouette, spalline marcate, scollo vertiginoso, ed una cintura realizzata sempre con cristalli scintillanti che le segnava il suo vitino di vespa.
Non riuscivo a capire più niente.
Sapevo solo che avevo fatto la cazzata del secolo a non rendere ancora pubblica la nostra relazione, ma non potevo rischiare. O almeno, non ancora.
Ero nella merda. Ne ero consapevole, ma dovevo riuscire a risolvere tutto quel casino, in un modo o nell'altro. Prima che Katherine scoprisse qualcosa.
Ma la Santa Trinità doveva essere dalla mia parte.
O altrimenti..
Non volevo nemmeno pensarci.

«Sebastian!».

Ed intanto a lei si affiancarono Chris e Tom, che le strinsero entrambi la vita.
Mi venne un nodo alla gola, e quasi dovetti reprimere l'istinto di prenderla e baciarla davanti a tutti.
Ma cazzo, non potevo.

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