Capitolo 29

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KATHERINE

29 dicembre 2015 ore 20:30

METROPOLITAN MUSEUM OF ART, 5th Ave, New York.

Parte prima.

L'associazione di volontariato di cui la mia famiglia faceva parte, aveva organizzato un'asta di beneficenza al MET (metropolitan museum of art) di New York, una galleria d'arte moderna dove durante l'anno, si svolgevano anche famose sfilate ed eventi mondani.
Chiunque avrebbe potuto comprare i quadri affissi alle pareti, ma solo uno si sarebbe accaparrato il vero premio della serata: lo scatto della principessa ed il ragazzo mascherato.
In galleria erano stati messi in vendita anche degli scatti fatti da fotografi conosciuti in tutto il mondo, fra cui Mario Testino; quest'ultimo, aveva preso come soggetto dei propri lavori la sottoscritta.
Per un giorno intero mi aveva seguita, e sotto le sue severe indicazioni avevo fatto tutto ciò che lui aveva richiesto: provare vere emozioni.
Inutile dire che in un primo momento avevo girato a vuoto tra i negozi della città pensando che quello che stessi facendo, mi avesse potuto in qualche modo provocare felicità e divertimento, ma solo quando eravamo passati per la quarantottesima, ed i miei occhi erano guizzati verso il piccolo chioschetto difronte a noi, un lampo di felicità aveva pervaso il mio cuore.

Tre mesi prima..

Avevo girato per quasi un'ora da Bendel nella remota speranza che un paio di Loubutin potessero rendermi felice come una Pasqua, e per quanto il rumore della carta di credito che scivola sul POS, era musica per le mie orecchie, la verità era che la felicità che sentivo, non era paragonabile a quella che una specifica persona poteva darmi.
Certo, la felicità di un paio di scarpe nuove dalla suola rosso scarlatto era unica, ma nel mio caso, Mario Testino non vedeva assolutamente niente. Solo una ragazzina vuota e superficiale.

"Devo sentire le emozioni passare nei tuoi occhi. Rabbia, tristezza, felicità, malinconia. Voglio vedere le vere emozioni che si nascondono dietro il volto di porcellana di Katherine Walton"

I miei piedi andavano da soli.
Il mio cuore anche.
Ma la mente ancora non lo ammetteva.
Una volta arrivata sulla quarantottesima, i miei occhi si posarono su un piccolo chioschetto vicino a delle panchine.
Sentii il click di uno scatto e mi girai sorpresa verso il fotografo in questione.
Mi sorrise «Ho visto malinconia» spiegò «Una piccola crepa in mezzo alla porcellana. Magnifica».

Forse un giorno nel viale dei ricordi mi avrebbe fatto bene.
Forse avrei potuto davvero provare qualcosa dopo tanto tempo.
Mario Testino mi seguì, e rimase sorpreso quando comprai dal chioschetto in questione, due piadine con kebab, patatine e salsa allo yogurt.

Ci sedemmo sulla panchina e gli passai una piadina «Non te lo aspettavi, vero?» scherzai dando un morso.

Lui scosse la testa «Pensavo fossi più il tipo da caviale e champagne».

Feci una smorfia disgustata «Queste cose sono da arricchiti» tagliai corto, prendendo un altro morso.

«Quindi è questa la vera Katherine Walton?» mi chiese interessato.

Guardai verso il chioschetto, con un po di malinconia in volto.
Quello era uno dei miei posti preferiti in assoluto.

«Una piccola parte di me dice di sì, l'altra vorrebbe che mi prendessi a schiaffi».

«Vorrei vedere quella piccola parte di te, se non ti dispiace».

Annuii appallottolando la carta argentata della piadina e buttandola nel cestino al nostro fianco.

Mi misi difronte a lui tendendogli la mano «Sei sotto accordo di riservatezza, qualunque cosa io dica, o faccia, non dovrai farne parola con nessuno» lo minacciai.

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