Capitolo 1

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Ventiquattr'ore prima dell'Apocalisse .

Quando tutto il mondo intorno a te crede di sapere cosa vuoi, cosa pensi, cosa credi, o perfino cosa è giusto per te, è lì che ti rendi conto di quanto in realtà tu sia destinata a fare altro.
E non perché non sei stata brava ad importi, o perché non hai mai disubbidito, ma perché per tutta la vita ti hanno insegnato che ciò che l'apparenza vuole, è vederti per quello che in realtà non sei.
Una perfetta, impeccabile, intoccabile figlia della dinastia più conosciuta nel campo legale di tutta la East Coast americana. La dinastia Walton.

"L'immagine è tutto. Mai mostrarsi deboli."

Se commetti un'errore, fai di tutto per farlo tornare a tuo favore.
E le parole servivano proprio a quello: per ingannare anche il più scaltro degli interlocutori.
Il problema?
Tutta la mia vita era sempre stata programmata.
Amicizie programmate.
Fidanzato programmato.
Scuole programmate.
Perfino i capelli non potevo decidere di che colore li volessi.
La frase che sin da bambina mia madre continuamente mi ripeteva era:

"Mai mostrarsi vulnerabili, se vuoi il mondo ai tuoi piedi, comportati come se lo avessi già"

Ed era vero.
Se volevi essere una leader, dovevi avere il controllo su tutto: cose, persone, relazioni, ma sopratutto sulle emozioni.
Perché il controllo significa potere.
Quindi, non erano permessi passi falsi.
Ma ad un certo punto, inizia a starti tutto stretto.
Senti come se il controllo della tua vita in realtà non lo avessi mai avuto.
Inizi a chiederti cosa vuoi fare della tua vita
Cosa puoi decidere
Inizi ad annaspare realizzando che in realtà non hai mai vissuto fino in fondo.
Ed allora cerchi di fare qualcosa per poter cambiare le cose.
Dopo ventiquattro anni rinchiusa in una torre dorata, avevo deciso di dover mettere un punto a tutto questo.

«Papà» entrai nello studio di mio padre a passo spedito.
Daniel Walton era non solo proprietario di diversi studi legali sparsi lungo la East Coast Americana, ma era anche l'avvocato che si occupava di quasi tutte le cause.
Lo trovai seduto, sulla poltrona in pelle marrone, con le spalle ricurve concentrato su qualche tipo di scartoffia burocratica.
Solo dopo qualche secondo alzò la testa accorgendosi che lo stavo fissando «Scusami peperoncino, stavo finendo di leggere una pratica».
Sorrisi al nomignolo che continuava a darmi.
Per tutta l'Upper East Side io ero Katherine, Cornelia, Emma, Walton, meglio conosciuta come stronza manipolatrice seriale; ma per mio padre, ero solo Pep.
All'età di tredici anni, Crystal Walton - mia madre - aveva deciso di tingermi i capelli di biondo, nascondendo il mio vero colore: il rosso.
Da allora, mio padre, per ricordarmi chi fossi veramente, aveva deciso che mi avrebbe chiamata in quel modo.
Fortunatamente per me, mia madre, non aveva avuto nulla da ridire sulla lunghezza, né troppo lunghi, né troppo corti, fino a metà schiena.
Gli occhi andavano bene, forse perché erano di due colori diversi: l'iride verde smeraldo con un'aureola marrone attorno alla pupilla.
Mentre sul fisico non aveva nulla da ridire, o quasi..
L'altezza giocava a mio sfavore: aveva sperato in una figlia alta, ed il mio metro e sessantasette non l'aveva accontentata, perciò mi ha sempre costretto ad indossare tacchi a spillo, rigorosamente tacco dodici per camminare.

Non era una cattiva madre, anzi, solo che ogni tanto, si rivelava essere una vera e propria iena!

Mi avvicinai a mio padre, spostai leggermente la poltrona difronte la scrivania in vimini ed mi ci sedetti sopra «Ho bisogno di parlarti».
Lui annuì portandosi le braccia al petto «Di cosa si tratta?».
Mi morsi il labbro, cercando di sopprimere l'ansia che mi stava divorando «Ricordi quando mi avevi detto che dopo la laurea avrei potuto chiedere qualsiasi cosa?» gli ricordai le esatte parole che aveva usato qualche anno prima.
Lui annuì intimandomi di andare avanti.
«Bene» esclamai, prendendo coraggio «Ho bisogno di un anno».
Mi guardò più confuso di prima «Un anno? Cosa vuoi dire?».
Inspirai intensamente per poi espirare «Voglio un anno lontano da qui. Ho bisogno di capire chi sono, cosa voglio, e sopratutto se questa è la vita che desidero».
«Pep, hai appena conseguito una laurea in legge a pieni voti, cos'è questo cambio di direzione?» il tono di mio padre rimase sereno e pacato.
Non era mai stato un uomo irascibile, la calma e la compostezza erano sempre stati i suoi tratti distintivi.
«Mi sento chiusa dentro una bolla. Ed ogni giorno diventa sempre più difficile riuscire a respirare, è come se fosse tutto ormai già scritto ed io non sono così sicura di quello che avete deciso per me».
Mio padre chiuse gli occhi e sospirò pesantemente «Cosa vuoi fare?».
Poggiai i palmi delle mani sulla scrivania e mi appoggiai ad essa «Trasferirmi per un anno, inseguire i miei sogni, trovare me stessa, capire chi sono davvero».
Lui inarcò un sopracciglio «Cos'è che non ti fa stare bene qui? Si tratta di Benjamin?».
Colpita ed affondata.
Ben faceva parte di tutto il complesso di cose che avrei voluto mettere in pausa nella mia vita.
Cresciuti insieme dall'età di nove anni, inevitabilmente ci siamo fidanzati ed abbiamo attirato da subito l'attenzione su di noi; non solo perché facevamo parte dell'elite di Manhattan, ma anche perché lui all'epoca, era il figlio del Sindaco di New York, oggi diventato Senatore.
Mia madre era sempre stata entusiasta di questa relazione, tanto da sperare in un matrimonio da qui a qualche anno.
Non che non lo amassi, ma non mi sentivo pronta.
C'erano così tante cose che dovevo fare, ma sicuro come la mia Birkin da 298 mila dollari, il matrimonio non era una di quelle.

•BAD KITTY - The Rules Series Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora