14 febbraio 2007 ore 02:10
The Rules, East 37 Street, New York.SEBASTIAN
«Ti stavo aspettando, ragazzo sperduto» la voce vellutata di Emma fu musica per le mie orecchie.
Era seduta sul bancone del bar, con le gambe accavallate, una gonna con le balze così corta da far intravedere la giarrettiera in pizzo nero, la maschera a coprirle il volto, ed un cerchietto sui capelli. Ma non era un semplice cerchietto.
Era quello che si era tolta durante il suo "primo" spogliarello.Merda!
Quella ragazzina sapeva come torturarmi.Inarcai un sopracciglio maliziosamente «Io conosco il tuo nome, Emma, ma tu non conosci il mio».
Giocherellò con la gonna tirandosela ancora più sù, poi alzò gli occhi su di me e con uno scatto felino mi afferrò la cravatta e mi fece avvicinare a lei.
Per un attimo ebbi paura che con i suoi occhi da perfetta scrutatrice, riconoscesse che stavo indossando delle lentine, oltre alla maschera, e che mi scoprisse all'istante.
Ma non successe.«Luigi Pirandello era uno scrittore italiano, e sai cosa diceva?» inalai il suo odore dolce, vaniglia e peccato, non potevo esserne più inebriato.
«Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti; qui, nonostante indosso una maschera, c'è il mio vero volto».Come può una ragazzina di quindici anni ragionare come una ragazza di dieci anni piu grande?
Lei era maledettamente perfetta, con la sua istruzione privata, il suo corpo da capogiro, e la sua lingua ben poco educata.«Quindi non ci saranno nomi, o almeno, veri nomi. Io non saprò il tuo, e tu non saprai il mio, ma entrambi saremo noi stessi».
«Perché?» chiesi curioso ed al tempo stesso confuso.
Fece un sorriso «Perché la me di Manhattan, non si interesserebbe mai ad uno come te».Adesso ero ancora più confuso «Uno come me, come?».
Notai i suoi occhi verdi oscurarsi, ed il sorriso dolce che aveva sulle labbra sparire in un'espressione dura.
Trattenni il fiato.
Il suo tono fu duro, fermo, così gelido da farmi accapponare la pelle.
Solo una parola, eppure mi fece sentire sprofondare negli abissi dell'umiliazione.«Povero».
*******
Il soffitto della mia camera non era mai stato più interessante fino a quel momento.
Guardai attentamente il colore bianco delle pareti e non riuscii a scorgere nemmeno una crepa.
Mi alzai di scatto e sfilai il vestito di Johanna che fino a quel momento avevo tenuto addosso come promemoria di quello che era appena successo.
Ero così impegnata a non crollare che mi ero precipitata fuori dagli studi con quel fazzoletto addosso, senza pensare al fatto che fosse un vestito di scena.
Mi guardai allo specchio e sfiorai il microscopico tatuaggio che avevo sul basso ventre, al lato sinistro.
Lost
Nessuno lo aveva mai visto, nessuno ne conosceva l'esistenza.
Nessuno, eccetto J.C.
Avevo scelto quel posto proprio per evitare che qualcuno potesse vederlo, sarebbe stato ben nascosto dal sottile strato di tessuto di uno slip, e nessuno avrebbe potuto fare domande.
Sfiorai una per una le lettere che componevano l'intera parola e ripensai a quello che mi aveva urlato Sebastian."Una ragazzina annoiata, insoddisfatta, che preferisce umiliare per non mostrare i propri sentimenti"
Mi morsi il labbro trattenendo le lacrime che minacciavano di uscire.
Non era così, o almeno non lo ero da tanto tempo.
Sebastian era una testa di cazzo a cui piaceva vedermi stare male senza alcun apparente motivo, credeva di conoscermi, ma si sbagliava di grosso.
Tutti si erano sempre sbagliati di grosso su di me.
"Una debole"
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•BAD KITTY - The Rules Series
Fanfiction«Devi solo ammettere che il tuo corpo desidera essere toccato da un semplice ragazzo di Brooklyn che non può respirare la tua stessa aria perché il tanfo di povertà si sentirebbe a chilometri di distanza». ****...