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Quando Nini se ne andò, mi sembrò una pessima idea quella di avergli chiesto di restare...

Mi ero voltata verso la porta, per vederla uscire e rimasi così girata finché Leo non mi mise una mano sulla spalla

-Tutto a posto?-

Mi girai verso di lui, imbarazzata guardando per terra, gli dissi:

-Sì, sì... Tutto bene. Ma tu mangia prima che ti si freddi...-

Mentre Leo mangiava io mi aggiravo un po’ per la stanza, curiosando e facendo qualche domanda...

Appena ebbe finito la cena ci sedemmo vicino alla porta finestra a vetri che dava sul giardino...

Gli descrissi come era andata la mia cena e la presa in giro che avevano improvvisato per Raffaello

-Mio dio sul serio?-

-Sì, pensavo che gli avrebbe ribaltato il tavolo addosso, per quanto era infuriato.-

-Me lo immagino...-

Sorrise.

-Dovevi esserci ti saresti divertito da morire... “Perché lei è MIA! Ti è chiaro il concetto?”-

Rise divertito da quella pessima imitazione...

Che però rendeva del tutto l’idea...

- Raf è sempre stato un “cerino” diciamo... Anche quando eravamo in vita faceva sempre così...

Il maestro dice che ha preso il carattere di nostra madre, esasperandolo all’ennesima potenza però!-

Sorrisi vedendo che parlava volentieri...

Quando era tornato la sua reazione non era stata delle migliori...

Guardai fuori: le stelle brillavano come diamanti nel cielo notturno, avevamo spento la luce grande e c’era  solo la luce dell’abatjour accesa...

-Senti, ma...-

Spostai gli occhi su di lui per essere sicura di avere la sua attenzione:

-Sì...?-

Mi spinse a continuare; la luce calda della abatjour dava alla sua pelle un riflesso ambrato e ai suoi occhi una luce gialla, come se una fiammella venisse riflessa nei suoi occhi neri...

-...Mi chiedevo se tu qui hai una foto di tua madre... Sai mi hai incuriosito con il tuo racconto ieri sera e volevo vedere com’era...-

Mi guardò un po’ di sbieco,

“Forse non è la domanda più intelligente che gli potevo fare; che idiota che sono!”

Stavo per aggiungere una trafila di scuse, ma non feci in tempo:

-Sì ce l’ho, però dopo mi devi descrivere tua madre.-

Disse ridendo...

Sorrisi mi alzai in piedi e gli risposi:

-Non c’è problema,-

Feci un giro su me stessa

-ce l’hai qui davanti!-

Mi guardò perplesso

-Non mi guardare così! Mi hanno sempre detto che sono sputata a mia madre.-

Lui si era alzato ed era andato vicino alla porta per accendere la luce sul soffitto

-Oh, in quel senso “ce l’hai davanti”-

-Sì, che ti credevi?-

-No niente...-

Concluse sorridendo: si girò verso di me alzando le mani, andò alla scrivania e aprì l’ultimo cassetto, ne estrasse una piccola chiave, lo richiuse e aprì il primo cassetto, ne tirò fuori un cofanetto azzurro chiaro con dei disegni di un laghetto e delle carpe.

L’apertura era una serratura dorata, con il bordo di tutta la scatola ricoperto di un piccolo cordolo d’oro con motivo a ricamo, ci infilò quella piccola chiave dorata

-Questo era di mia madre; mio padre me l’ha regalata poco prima che iniziasse la guerra, mi disse che se lui fosse morto e noi sopravvissuti avrei dovuto conservarla io...-

Aprì il cofanetto, era piccolo 15 per 10, profondo 10 centimetri circa; ne estrasse fuori una foto a colori, un po’ sbiadita, me la porse: il soggetto era una tartaruga femmina senza capelli, con la pelle verde chiaro, e due grandi occhi neri, un rossetto abbastanza acceso sulle labbra e un kimono rosa pallido con dei fiori di pesco ricamati sopra, sembrava molto giovane...

-Che bella!-

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