Sanem
«Can, io…» Ero confusa, mi sembrava tutto irreale. Trovare Can lì era stata una sorpresa inaspettata. Prima di partire non ero riuscita ad avvisare nessuno visto che mia madre aveva deciso di non riconsegnarmi il cellulare. Ci saremmo tenute in contatto tramite Mihriban. Pertanto non avevo potuto contattare né Ayhan, né Can.
«Sanem!» mi sentii chiamare da Mihriban che ci guardava poco distante.
«Ti aspetto vicino la macchina… qualunque sia la tua scelta» disse Can accarezzandomi una guancia.
Quanta voglia di andar via con lui! Ma non potevo abbandonare quella donna che mi aveva resa “libera” seppure per poco.
«Ascolta, Sanem! Se Can è qui non è un caso.»
«Cosa vuoi dire?»
«Abbiamo pensato di incontrarci qui per non destare sospetti. Ora tocca a te scegliere cosa fare.»
«Continuo a non capire» esclamai sempre più confusa. «Non siamo qui per aiutare Aylin?»
«Sanem, quella di mia figlia era solo una scusa per farti allontanare da casa per un po’» disse Mihriban, spiazzandomi. Sgranai gli occhi. «In realtà, in un primo momento saresti dovuta venire con me, ma poi Can mi ha parlato di Konya e… ora tocca a te decidere se restare comunque qui con me ed Aylin o andare con lui.»
Abbassai gli occhi. Mihriban dovette accorgersi del mio imbarazzo. Quella donna era capace di leggere nell’animo delle persone, di carpirne per prima emozioni e sentimenti.
«Fa’ quello che il tuo cuore desidera, Sanem! E se stai pensando che io possa rimanerci male, se te ne vai, sappi che invece ne sarei ancora più contenta: saperti felice darebbe ancora più senso a questa… fuga.» Nemmeno questa volta si era smentita; aveva capito perfettamente ciò che mi stava tormentando.
Mi avvicinai all’auto di Can. Lui era poggiato al cofano, a braccia conserte, e osservava il via vai della gente che frettolosa attraversa la piazza antistante la stazione. Mi piazzai davanti a lui. Cercò di scrutarmi, lo vidi trattenere il respiro in attesa della mia decisione.
«Can… io…» mi morsi il labbro inferiore ed abbassai lo sguardo per poi rialzarlo quasi subito, ma in tempo per leggere sul suo viso la delusione.
«Tranquilla, Sanem, l’avevo messo in conto. A me basta sapere che stai bene! Se è quello che vuoi…»
«Lo voglio!»
Chinò leggermente la testa, probabilmente per nascondere l’amarezza visibilmente stampata in volto.
«Voglio venire con te!» aggiunsi, col cuore che stava per scoppiarmi.
Puntò il suo sguardo nel mio, incredulo, perplesso.
«Mi hai chiesto di venire con te e mi hai detto: “Solo se lo vuoi, Sanem!”» continuai, mentre le mie labbra si aprirono ad un sorriso che non lasciava più dubbi. «Ed io lo voglio! Voglio venire con te, Can.»
Lo vidi rilassarsi e tirare un sospiro di quelli che si sarebbero sentiti a chilometri di distanza. Non feci in tempo ad avvicinarmi che si fiondò ad abbracciarmi sollevandomi di nuovo fra le sue braccia e facendomi volteggiare.
Salutammo la cara Mihriban, la quale mi avrebbe tenuta aggiornata, tramite il numero di Can, ogni volta che mia madre l’avrebbe chiamata. Avrei trovato io poi la maniera per richiamarla.
Le 6 ore di viaggio da Komurluk a Konya sembrarono volare. Ci fermammo solo una volta per pranzare e approfittai per chiamare Ayhan. Can mi raccontò del piano che avevano ideato e di quanto tutti fossero in pensiero per me. Mi spiegò che a Konya aveva davvero un servizio fotografico e restai senza parole quando mi disse di aver accettato l’incarico all’ultimo momento solo come scusa per stare via qualche giorno con me.
“Bene, se pensi ancora che il tuo... dolce amico... non provi niente per te, allora sei una stupida.”
Cosa? E da dove usciva fuori la mia Voce? Ovviamente non potevo risponderle o Can mi avrebbe creduta pazza.
“Non puoi rispondere, vero? Tanto ciò che sto dicendo è la verità. Guarda come gli brillano gli occhi. Guarda! Osserva!”
Mmm, che fastidio non poterle rispondere! Eppure, mi spostai in avanti e mi voltai a fissare il viso di Can che, in quel preciso instante, era intento a seguire le indicazioni del navigatore. La mia occhiata non gli sfuggì comunque e mi sentii avvampare quando mi chiese cos’avessi.
«Niente, niente! Mi era parso di veder volare un insetto ma mi sbagliavo, doveva essere un fascio di luce, un raggio di sole che si è riflesso su di te» mi giustificai cercando di nascondere l’imbarazzo.
Rise. «Ma se il cielo è nuvoloso in questo tratto!»
«E cosa significa? Il sole sarà nascosto dietro qualche nuvola e i suoi raggi filtrano lo stesso» dissi indicando un punto impreciso al di fuori del finestrino cercando ancora una scusa.
La sua risata riempì l’abitacolo mentre nella mia mente litigavo con la mia Voce.
Arrivammo a Konya non molto tardi. Melo, la moglie di Metin, mi accompagnò in giro per la fattoria fino a un piccolo molo che dava sul lago. Era molto simpatica, i suoi capelli rosso/castano le incorniciavano il viso pieno sul quale spuntava sempre il sorriso. Chiacchierammo come se ci conoscessimo da tempo e mi fece sentire molto a mio agio. Anche Metin fu molto ospitale e dentro di me sentii che quei giorni sarebbero stati indimenticabili.
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L'odore del pane
RomanceUna storia dolce, semplice, dalle sfumature romantiche. Una serie di incontri casuali che fanno pensare sia opera del destino ma che regaleranno a Can e Sanem emozioni mai provate prima. S'innamoreranno al primo sguardo? Chissà...