CAPITOLO 10

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Sanem

La sua voce raggiunse le mie orecchie mentre il mio cuore prese a martellarmi nel petto. "Che figura!" pensai. Mi voltai verso di lui. I suoi occhi furono come un bagliore nella notte, di nuovo erano lì a pochi centimetri dai miei, e mi fissavano.

«A quanto pare il destino ha deciso di giocare con noi» disse.

«Già!» fu la mia sola risposta.

Lo fissavo inebetita, era come se una forza sconosciuta mi tenesse calamitata al suo sguardo.

"Ma cosa fai? Sveglia, stupida!" mi riscosse la mia voce.

«Scusami, stavo...»

«Stavi...?» chiese curioso.

«Cosa stavo facendo?»

«Non lo so, dimmelo tu!» Sorrise.

Ma che stavo dicendo? Mi stavo incartando, stavo blaterando. Possibile che quel tipo mi facesse quell'effetto?

Risposi al suo sorriso con un sorriso.

«Dev'essere l'effetto dell'alcool» esclamai cercando una giustificazione a quell'imbambolamento.

Continuava a sorridermi e i suoi occhi a fissarmi. Dovevo smetterla di fissarlo anch'io, avvertivo un leggero imbarazzo. Spostai lo sguardo vagando per la sala, seppure non riuscivo a vedere niente, nei miei occhi erano impressi i suoi.

Mi accorsi che anche lui voltò la testa per poi ordinare il mio stesso cocktail.

«Come mai sei qui?» mi chiese, obbligandomi a guardarlo di nuovo.

«Ho accompagnato una mia amica, lavora per quest'agenzia» risposi. «Non voleva venirci da sola e mi ha chiesto di accompagnarla.»

Fece un lieve cenno di assenso con la testa per dire di aver capito.

«E dov'è ora?»

«Credo stia ballando con qualcuno» risposi indicando quella che era diventata la pista da ballo.

«E come mai eri alla scogliera? Non avevi fretta di prepararti? Di solito voi donne avete bisogno di molto tempo per questo.»

«Beh, io non ne ho bisogno e poi non era previsto. La telefonata che ho ricevuto... era lei» risposi. Perché sembrava che mi stessi giustificando?

«Strano!» disse.

«Cosa?» gli chiesi guardandolo perplessa.

«Abbiamo ricevuto entrambi la stessa chiamata. Al telefono... era mio fratello.»

Sorrisi spontaneamente, questa volta per la coincidenza.

«Anche lui lavora qui?» chiesi, cercando un modo per mandare avanti quella conversazione ed evitare vuoti imbarazzanti.

«E' il direttore finanziario» rispose. «L'agenzia era di mio padre, ora invece è nelle mani della signora Deren, quella laggiù, la vedi?» disse indicandomi una donna dai capelli neri a caschetto e con un vestito lungo stile impero. Mi ricordò Cleopatra. «Era la direttrice creativa. Avrei dovuto prendere io il posto di capo dell'azienda ma il lavoro d'ufficio non fa per me, nonostante qui sia sempre un via vai di idee e creatività.»

«E tu cosa fai?» gli chiesi, curiosa di sapere qualcosa in più di lui.

«Io amo viaggiare. Sono un fotografo freelance e questo mi permette di sentirmi libero.»

Vidi i suoi occhi illuminarsi.

«Dev'essere bello vedere nuovi paesi, respirare nuovi profumi, conoscere altre culture. Dev'essere un sogno!» esclamai sospirando.

«Non sei mai stata all'estero?» mi chiese meravigliato.

Feci cenno di no con la testa.

«Come mai?»

«La mia famiglia non me l'ha mai permesso e poi... senza compagnia mi sentirei sola» risposi malinconica, voltando di poco la testa.

«Ti va di ballare?» mi chiese così, all'improvviso.

Sollevai lo sguardo nel suo, mi sentii avvampare. Mi porse la mano. Tentennai.

"E dai, su, vai!" incalzò la mia voce.

Gli tesi la mano e lui subito l'afferrò. Mi trascinò poco distante, evitando la mischia. Mi afferrò dolcemente per la vita, ma senza stringermi, posando una mano sulla mia schiena, mentre con l'altra avvolse la mia mano. Non tentò in alcun modo di avvicinare il mio corpo al suo, mantenne sempre una distanza di sicurezza, mentre i nostri visi, di tanto in tanto, accidentalmente tendevano ad avvicinarsi e quasi a sfiorarsi, ma prontamente o io o lui ci allontanavamo senza però perdere il contatto visivo. Quello no, quello fu costante, al punto da non renderci conto che la musica era cambiata diventando più allegra. Mi persi in quegli occhi profondi come la notte ma irradiati da quella stessa luce che avevo scorto alla scogliera mentre mi teneva fra le sue braccia. Mi persi nel suo profumo che mi fece immaginare le notti d'Oriente, una fragranza che mi aveva travolta sin da quella mattina. Fui avvolta dal calore della sua mano che stringeva la mia e un turbinio di emozioni e sensazioni mi pervasero sin nel profondo. Cosa provavo non avrei saputo spiegarlo.

L'odore del paneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora