CAPITOLO 28

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Can

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«Ascoltate, ragazzi, forse un’idea ce l’ho» disse improvvisamente Guliz.

Tutti ci voltammo a guardarla, era rimasta in silenzio mentre io, Ayhan e Muzo, a suo modo, cercavamo come “liberare” Sanem.

«Mia zia ha una buona influenza sulla famiglia Aydin, in realtà un po’ su tutti in generale, la sua calma e il suo buon cuore conquistano tutti. Potremmo chiedere aiuto a lei» proseguì Guliz accennando un sorriso.

«Ma certo, a Mihriban non resisterebbe nemmeno la cocciutaggine di un mulo» convenne Ayhan.

«Bene, la chiamo subito e le chiedo se può raggiungerci ora» aggiunse euforica Guliz.

Poco dopo, vidi metter piede in giardino la stessa signora che mi aveva affidato il libro di Sanem. Cominciai a credere che il destino stava davvero giocando con me che non avevo mai creduto al caso o alle coincidenze. Ma stavolta dovetti ricredermi nuovamente.

La donna salutò tutti con un sorriso che rivelava una certa calma del suo animo, per poi posare gli occhi su di me. «Tu sei…»

«Can. Ci siamo già conosciuti» continuai al suo posto.

«Il libro, certo! Spero che tu lo abbia restituito a Sanem!»

«Ecco… a proposito di Sanem, dobbiamo chiederti di aiutarci» s’intromise Guliz.

Dopo averla fatta accomodare, le raccontammo ciò che stava passando Sanem. Non si meravigliò delle voci che stavano circolando sul suo imminente matrimonio.

«Lasciatemi pensare, ragazzi. Per prima cosa non dobbiamo essere avventati o sarà peggio per Sanem. Potrei cercare di parlare con Mevkibe e Nihat, provare a farli ragionare, ma so anche quanto sono caparbi quando prendono una decisione, e poi… non posso di certo presentarmi all’improvviso a casa loro e rischiare di peggiorare le cose.»

«Ti prego, Mihriban, trova una soluzione! Altrimenti ci organizziamo per farla scappare» disse seria Ayhan.

«Allah, Allah, calma, calma! Però, l’idea di allontanare per un po’ Sanem non sarebbe male» esclamò la donna che sembrava cercare nella sua mente davvero una soluzione. «Forse ci sono!»

Tutti ci mettemmo sull’attenti, in ascolto.

«Mia figlia Aylin, che vive a Komurluk, sta per aprire una panetteria e potrei dire ai genitori di Sanem che ha bisogno di qualcuno che l’aiuti ad avviare il negozio. E chi meglio di Sanem?»

«Mi sembra una splendida idea» esclamò Guliz battendo le mani euforica.

A tutti sembrò un’ottima idea. Sanem avrebbe potuto “respirare” per qualche giorno e intanto Mihriban avrebbe parlato con la sua famiglia.

C’incontrammo nuovamente il pomeriggio seguente per avere notizie.

«Mevkibe ha accettato. Cioè… Yiğit ha accettato.»

La guardammo tutti rassegnati, capendo che ormai qualsiasi cosa riguardante Sanem era nelle mani di quel bastardo.

«Siamo sicuri che non seguirà Sanem fino a Komurluk?» chiesi ansioso.

«Questo non posso assicurarvelo» disse Mihriban.

«E se… invece di Komurluk lei andasse a Konya?» proposi.

«Come sarebbe?» chiese Mihriban.

«Facciamo partire Sanem per Komurluk col treno, magari può accompagnarla stesso lei così da non destare sospetti,» spiegai, «una volta lì, mi farò trovare alla stazione e la porterò a Konya con me.»

«Perché proprio Konya e non Goynuk, Kilozu, Izmir…»

«Muzooo» lo redarguì Ayhan, zittendolo.

«Perché a Konya devo recarmi per lavoro… davvero…» li tranquillizzai, mentre intanto pensavo a come l’avrei detto ad Akif.

«Beh, io non credo che Yiğit abbia tanta voglia di passare il tempo da solo. Sanem sarebbe impegnata tutto il giorno. Dobbiamo quindi solo sperare che non decida di seguirla.»
Chinammo tutti la testa come a cercare una soluzione anche a questo imprevisto.

«Can… posso parlarti un momento?» chiese Mihriban.

«Io vado a preparare il tè» disse Ayhan alzandosi.

«Vengo con te» la seguì Guliz.

Guardammo Muzo che ci osservava a sua volta. «Ho capito. Vado a mettere lo zucchero nel tè» esclamò quasi seccato per non poter ascoltare ciò che Mihriban aveva da dirmi.

Una volta soli la donna mi chiese in che rapporti fossi con Sanem.

«Siamo… amici.»

«Solo?» mi chiese abbozzando un dolce sorriso.

La guardai ma lei capì.

«Ne sei innamorato…»

Non capii se era una domanda o un’affermazione. «Non lo so!» risposi. «Ma lei per me è molto importante.»

«Già una volta mi sono fidata di te e non sapevo se realmente eri suo amico, ma… voglio fidarmi ancora, perché i tuoi occhi parlano da soli.»

«Cosa intende dire?» chiesi perplesso.

«Se vuoi che Sanem venga a Konya con te, va bene, ma lo deciderà stesso lei quando arriveremo a Komurluk» acconsentì Mihriban.

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Sanem

Stretta fra le braccia di Can non capivo più niente. Il mondo intorno scomparve per alcuni istanti, il mio dolore sembrò smaterializzarsi andando in frantumi, la tristezza e l’angoscia di quei giorni sembrarono un ricordo lontano che avevano lasciato il posto ad un’emozione a cui non sapevo dare un nome: gioia e felicità erano soltanto degli eufemismi.

«Dimmi che sei reale!» sussurrai nell’incavo del suo collo.

«Sono qui con te!» sussurrò a sua volta perso col viso tra i miei capelli.

Mi era mancato, non c’era stato momento in cui non avessi pensato a lui, al suo profumo che, di notte soprattutto, mi faceva sognare Terre lontane impregnate di una bellezza da togliere il fiato... ai suoi occhi che mi scrutavano dentro da togliermi il fiato... al suo sorriso che illuminava le mie giornate fino a togliermi il fiato... alle sue mani che, solo poche volte, mi avevano sfiorata in una carezza fugace togliendomi il fiato.

«Ti va di venire a Konya con me?» mi chiese improvvisamente continuando a tenermi stretta.

Mi staccai per guardarlo in volto.

«A Konya?» chiesi perplessa.

«Vado lì per un servizio fotografico e… vorrei che venissi con me.»

Continuai ad osservarlo.

«Il mio amico Metin e sua moglie ci ospiteranno, hanno una fattoria in riva al lago e tu… potrai distrarti.»

«Can…» esitai.

«Solo se lo vuoi, Sanem!» I suoi occhi sembravano implorarmi.

Guardai verso Mihriban e poi di nuovo Can…

L'odore del paneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora