Can
Dopo che Sanem era andata via, al nostro rientro da Bursa, ero rimasto sulla scogliera a riflettere. Capivo perfettamente che per lei non era facile parlarmi di ciò che sospettavo già da un po’, benché sperassi comunque di sbagliarmi, ma questa cosa mi faceva sentire, in qualche modo, escluso da una parte importante della sua vita. Non volevo forzarla ma non volevo nemmeno più ascoltare i suoi silenzi.
Seduto di fronte al Bosforo, avevo riavvolto il nastro degli ultimi due mesi, rendendomi conto, forse per la prima volta, di quanto fosse stata stravolta la mia esistenza dall’arrivo di Sanem. Avevo ripensato a ciò che ero stato prima di incontrare lei, un uomo libero che rincorreva il mondo alla ricerca della felicità ma, per quanto avessi amato quella vita di fotografo giramondo, non avevo mai trovato un porto al quale ormeggiarmi. Ed ora, lei era il porto dal quale non riuscivo a separarmi, quel porto che avevo cercato per tutta la mia esistenza. Avrei voluto solo che tra noi non ci fossero segreti, volevo che si fidasse di me, che non avesse paura di essere giudicata. L’avrei amata a prescindere da qualsiasi errore e volevo che lei lo capisse.
Dopo aver trascorso un tempo sufficiente ad arrovellarmi tra i miei pensieri, ero andato in agenzia. Come ogni volta, ad accogliermi era stata Ceyda col suo fascino seducente che su di me non faceva nessun effetto, provocandole, quindi, un abbassamento della propria autostima, atteggiamento che, ancora una volta, mi confermò quanto alcune donne avessero su di me delle aspettative molto alte. Le passai accanto dandole un semplice saluto senza fermarmi e andai diretto nell’ufficio di Akif.
«Can? Cosa ci fai qui?» mi chiese sorpreso.
«C’è stato un cambio di programma. Ma in realtà sono passato per avvisarti che fra qualche giorno parto per l’Italia.»
Akif mi guardò accigliato. «Amico, capisco che il tuo spirito indomito è un richiamo molto forte ma ti ricordo che ora hai un contratto con quest’agenzia.»
«Non è per questo che parto. Mia nonna ha lasciato un testamento e devo recarmi lì. Sta’ tranquillo, non ho intenzione di scappare» lo rassicurai.
«Quella ragazza ti ha davvero trasformato!» esclamò ancora una volta incredulo. Gli avevo raccontato di Sanem ed era rimasto senza parole. Già tempo addietro era accaduta la stessa cosa con Metin quando ci aveva presentato Melo, lo avevamo preso in giro per molto tempo finché non ci aveva annunciato che si sarebbe sposato. «A noi due non succederà mai, almeno per me!» avevo detto straconvinto ad Akif ed ora era il suo turno di prendersi gioco di me.
«Non mi ha trasformato, sono sempre io!» dissi consapevole, però, che avesse ragione. Infatti non riuscì a trattenersi dal ridere.
«Sì, sì, come no!» replicò. «Quindi se ti facessi una proposta l’accetteresti?»
«Di cosa parli?» chiesi incuriosito.
«Perché non diventi mio socio?»
Rimasi basito, non mi sarei mai aspettato una proposta del genere.
«Ascolta, Can, ho bisogno di qualcuno che gestisca con me quest’agenzia e, dopo aver riflettuto, ho pensato a te. Visto che hai deciso di piantarti stabilmente qui ad Istanbul, ho pensato che avresti potuto accettare. E poi, non avresti comunque alcun vincolo qualora tu decidessi di partire per qualche “missione”. Allora?»
«Akif… sei serio?»
«Serissimo, Can!»
«Posso pensarci?»
«Non credo che tu abbia molto a cui pensare. Le alternative sono due: o accetti, o continui a lavorare per me. Ah! E scordati altri giorni di ferie. Non te le pago» disse serio.
Lo guardai ma non batté ciglio, anzi, sicuro di sé aggiunse: «Tanto, ormai, non andrai più via. Giusto?»
«Questa tua spavalderia mi sbalordisce» replicai, solamente.
«Mai quanto il Can che ho davanti!»
«Touché!»
«Quindi è un…?» chiese in trepida attesa.
«Sì. Ok, accetto!» risposi con un sorriso, pensando innanzitutto che quella scelta dipendeva da una sola persona: Sanem.
La mia vita era davvero cambiata. Io ero cambiato e non me ne pentivo. Mai per nessuna donna avrei rinunciato alla mia libertà, benché con la mia ragazza dalla pelle di luna mi sentivo vivo più che mai.
Mi arrivò, poi, un suo messaggio nel quale mi diceva di aver parlato con i genitori e di avergli raccontato anche di me, ma che non l’avevano presa bene e aveva paura. La rassicurai che non l’avrei lasciata sola. Se solo avesse saputo che per lei, solo per lei, avevo deciso di rimanere ad Istanbul!
Il giorno dopo mi svegliai molto presto, per quel poco che ero riuscito a dormire, con l'intenzione di recarmi di nuovo alla scogliera sperando di incontrarla. Non mi aveva più scritto dal giorno prima nonostante i miei innumerevoli messaggi. Ero alquanto preoccupato, l’ansia di non sapere cosa le stesse accadendo prese il sopravvento, finché il mio telefono suonò e vidi che era lei: “Devo scappare di casa ma non so come fare. Sono sorvegliata giorno e notte”.
Quella frase mi spiazzò e mi sentii mancare il fiato quando mi scrisse che il matrimonio si sarebbe celebrato di lì a due settimane. Aveva, quindi, deciso di scappare ma aveva bisogno del mio aiuto.
“Parlerò con Ayhan e troveremo il modo di farti uscire” risposi.
Non avrei permesso a nessuno di rovinarle la vita. Lei era mia, era la mia “stella polare”, la mia ragione di vita.
Quella stessa mattina mi recai da Ayhan ed insieme iniziammo ad escogitare un piano di fuga. Lei conosceva bene casa di Sanem e l’avrebbe aiutata.
Poi, un altro messaggio, nel primo pomeriggio, ci mise ancora più in allerta: “Trovate il modo di farmi scappare… questa notte”.
Capimmo che non c’era più tempo da perdere.
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L'odore del pane
RomanceUna storia dolce, semplice, dalle sfumature romantiche. Una serie di incontri casuali che fanno pensare sia opera del destino ma che regaleranno a Can e Sanem emozioni mai provate prima. S'innamoreranno al primo sguardo? Chissà...