Sanem
Guardai mia madre esterrefatta, non ci credevo, non volevo credere che Leyla fosse stata abbandonata a se stessa perché incinta. Mio padre aveva lo sguardo basso sull’orlo delle lacrime, mia nonna, scioccata quanto me, guardava sua figlia incenerendola con lo sguardo. Can era l’unico a sembrare di avere sangue freddo, mi strinse la mano sotto il tavolo, mi sentivo morire. Pensavo a mia sorella, da sola in un’altra città e… sicuramente con un bambino del quale non sapevo l’esistenza. Ora mi spiegavo la sua freddezza.
«Come avete potuto? Come avete potuto abbandonare Leyla?» gridai. Ero fuori di me.
«Calmati, amore!» sussurrò Can voltandosi verso me.
Ma come potevo stare calma? Che razza di persone erano i miei genitori? Mi alzai di scatto e corsi via da quella casa che non riconoscevo più. Corsi per il quartiere a perdifiato, volevo allontanarmi il più possibile. Can mi raggiunse e mi bloccò portandomi fra le sue braccia dove scoppiai a piangere e a singhiozzare. Mi sentivo tradita, non sapevo più chi fossero i miei genitori.
Camminammo fino alla scogliera dove esaurii le mie lacrime. Can non parlò, sapeva che non sarebbe servito, ma continuò a tenermi stretta al suo petto finché non mi calmai.
«Come hanno potuto?» continuavo a ripetere. Mi sentivo mancare il respiro.
«Respira e cerca di calmarti» disse Can vedendomi impallidire.
Prese a massaggiarmi le mani, il rumore delle onde che s’infrangevano sugli scogli sembrò rilassarmi, nonostante continuassi a pensare a mia sorella.
Dopo minuti che sembrarono interminabili, Can propose di andare a casa sua. Avevo bisogno di riposare, mi scoppiava la testa. Esausta, a causa di tutte quelle emozioni, mi addormentai, svegliandomi nel pomeriggio dopo diverse ore.
«Tesoro mio, come ti senti?» mi chiese Can non appena mi vide spuntare in giardino, era al computer, probabilmente lavorava.
«Stordita» risposi, andandomi a sedere sulle sue gambe. Avevo bisogno di lui, di sentirmi amata.
«Cosa fai?» gli chiesi notando diversi siti aperti riguardanti avvocati e atti legislativi.«Cerco di capire come muoverci ma… abbiamo bisogno di un avvocato e… credo di aver trovato l’indirizzo di tua sorella.»
«Come hai fatto?» chiesi stupita.
«Non l’indirizzo della sua abitazione, ma quello del suo studio legale. Credo che andare lì di persona sia la soluzione migliore, soprattutto dopo il fatto che non vi sentite da mesi.»
Rimasi alcuni secondi a fissare quella pagina web dove compariva il nome di Leyla Aydin e una serie di elogi sulla sua professionalità. Tante volte avevo provato a cercarla ma non avevo mai trovato nulla.
«Potremmo partire domani mattina, prenoto una camera per qualche giorno a Izmir così che avrai tutto il tempo di parlare con lei» disse Can.
«Io non so se da sola ce la faccio!» ammisi.
«Chi ha detto che sarai sola? Ci sarò io con te.»
«Davvero verrai con me? Come farai con il tuo lavoro?»
«Dimentichi che sono quasi socio di Akif? Posso permettermi di assentarmi ancora per qualche giorno. E poi non posso lasciarti andare da sola.»
Gli sorrisi. «Ti amo tanto!»
Quella sera non avevo intenzione di tornare a casa, mi sentivo di troppo, ma dovetti andarci per recuperare la mia valigia e prendere altre cose personali. Incontrai nonna Ateş che stava uscendo di casa, disse che sarebbe andata a dormire in albergo. Aveva litigato furiosamente con mia madre per tutto il giorno e non le perdonava di aver abbandonato Leyla nel suo stato.
«Venga a stare anche lei da me, questa notte. Ho una camera per gli ospiti» disse Can.
«Non voglio disturbare. Andrò in albergo e domani mattina tornerò a Bursa» esclamò mia nonna.
«Nessun disturbo. Al contrario, lei è la benvenuta. Mi ha accolto in casa sua come fossi un nipote. Ricambiare è il minimo che io possa fare.»
«Sanem è davvero fortunata e spero che tu non la deluda mai!»
«Lei è importante per me e farei qualsiasi cosa per vederla felice.»
Dopo aver preso ciò di cui avevo bisogno, tornammo tutti e tre a casa di Can. Mia nonna si offrì di preparare la cena, alla quale si aggregò anche Emre. Parlammo poco di ciò che era accaduto. Nonna Ateş ci raccontò della sua giovinezza rallegrando un po’ la serata.
«Perché non vieni anche tu a Izmir?» le proposi.
«Sì, con lei accanto per Sanem sarà molto più semplice» intervenne Can.
Mia nonna accettò senza esitare. Con lei vicino mi sarei sentita molto più sicura.
Quella notte, fra le braccia dell’uomo che amavo, dormii ben poco. Ero in ansia e piena di domande. Cosa avrei detto a mia sorella? Come avrebbe preso la mia presenza? E se era arrabbiata anche con me? Passai la notte a tormentarmi e mi addormentai profondamente solo un’ora prima che Can mi svegliasse.
Arrivammo a Izmir nel primo pomeriggio.
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L'odore del pane
RomanceUna storia dolce, semplice, dalle sfumature romantiche. Una serie di incontri casuali che fanno pensare sia opera del destino ma che regaleranno a Can e Sanem emozioni mai provate prima. S'innamoreranno al primo sguardo? Chissà...