CAPITOLO 57

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Can

«Come mai non parli?» chiesi a Sanem stranamente silenziosa.

Fece spallucce e incrociò le braccia. Allungai la mano per prendere la sua. Non si ritrasse ma continuò a guardare fuori dal finestrino.

Non capivo cosa avesse, era stata allegra tutta la serata e aveva persino tenuto testa alle insinuazioni di Ceyda.

«Amore, mi rispondi?» chiesi preoccupato.

«Dimmi!»

«Vorrei sapere cos’hai, perché sei così silenziosa.»

«Nulla d’importante!» rispose senza distogliere lo sguardo dalla strada.

«Guardami!» le ordinai.

Voltò la testa e mi fissò. Davvero non riuscivo a capire cosa le prendesse. Le sorrisi sperando di ottenere qualcosa ma ricambiò con un sorriso che sembrò più una smorfia.

Arrivammo a casa mia. Entrammo e Sanem andò subito a sedersi sul divano a braccia conserte. Mi accomodai accanto a lei e la fissai.

«Ora mi dici cos’hai?»

Mi guardò socchiudendo gli occhi come per scrutarmi.

«Davvero non riesci a capire?»

«No, davvero, Sanem!»

«Allora te lo dico io!» esplose arrabbiata.

«Sto aspettando, infatti!»

«Cos’è questa storia del Casanova?» chiese furiosa ma senza urlare.

Corrucciai la fronte alzando un sopracciglio. «Aaah! E’ questo?»

«Sì, esatto, e vorrei una spiegazione!»

«Sanem, ti ho raccontato della mia vita e delle mie storie passate, non c’è nient'altro da sapere.»

«Ah, no? E sentiamo, quante storie hai avuto? Le riesci a contare o devo prendere carta e penna?» disse ironica.

«Smettila! Non ha importanza. Fanno parte del passato.» Mi piaceva che fosse gelosa ma non ne aveva davvero motivo.

«E dimmi… anche Ceyda è nella lista?»

«Sanem! Ti prego, basta!»

«Rispondi, su, avanti!»

«Solo una volta, ma è successo molto tempo fa, dopo che lasciai Polen. Ma non ha significato niente, anzi, ero anche ubriaco e non ricordo quasi nulla.»

«Bene, quindi chissà quante volte ti sei ubriacato e quante…»

Non le feci terminare la frase, mi buttai su di lei e la baciai. «Smettila, adesso, di fare la gelosa!» le sussurrai sulle labbra. «Il passato non esiste più, ora ci sei tu… solo tu!»

Continuai a baciarla ma all’improvviso mi spinse via. «Eh, no, hai bevuto. Non ti permetto di portarmi a letto con il rischio che domani non ricordi più niente!» disse ancora punzecchiandomi.

«Non succederà!» Mi avvicinai di nuovo al suo viso. «Con te ricordo ogni notte, ogni istante, ogni momento di amore e passione che abbiamo vissuto. E ricorderò anche questa notte perché sono più lucido che mai.»

I suoi occhi si persero nei miei. Era stupenda. Non avrei smesso mai di guardarla. Anche imbronciata era la creatura più bella che avessi mai conosciuto.

Le sfiorai la coscia con la mano, potei avvertire i brividi che le provocavo. Avvicinai di nuovo le mie labbra alle sue aspettando che fosse lei a baciarmi, ma si ritrasse e, senza che potessi prevederlo, mi tirò uno schiaffo.

Forse aveva bisogno di riflettere, ma un’ultima cosa gliela dovevo dire: «Mi dispiace! Non posso togliermi da dosso il mio passato come fosse un abito, ma posso garantirti una cosa… Quell’abito è bruciato completamente ed è successo grazie a te. Tu mi hai fatto scoprire l’amore vero, quello forte che fa battere il cuore all’impazzata, quello di cui non posso più farne a meno. E’ te che voglio oggi e per sempre. Solo ed unicamente te, Sanem!»

Mi alzai lasciandola da sola sul divano e mi recai in camera mia. Mi sedetti sul bordo del letto con le mani tra i capelli. Ero sicuro che non ci avrebbe messo molto a raggiungermi ma fu più forte di me aspettare. Tornai in salotto, Sanem era ancora lì, ferma nella stessa posizione in cui l’avevo lasciata. Senza esitare, mi avvicinai e la presi velocemente in braccio portandola in camera.

«Can, che fai?» chiese sorpresa da quel gesto.

«Come che faccio? Voglio il mio regalo. L’hai dimenticato?»

Finalmente sorrise. La buttai letteralmente sul letto piazzandomi sopra di lei e bloccandole i polsi. «Smettila di essere gelosa perché tutto ciò che desidero sei tu… il tuo profumo» iniziai ad elencare sfiorandole il collo, «il tuo sapore…» la mia lingua passò dolcemente sulle sue labbra, «le tue carezze…» portai una delle sue mani sul mio viso. «Ti amo, Sanem. Io sono pazzo di te!»

«Anch’io ti amo… da morire, Can! Scusami per prima!»

«Hai solo un modo per farti perdonare» sussurrai sorridendole e sfilandole il vestito.

Durante la notte ci svegliammo di continuo, cercandoci ancora, amandoci fino all’alba.

L'odore del paneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora