CAPITOLO 25

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Sanem

Gli avevo raccontato tutto, non avevo tralasciato niente, anche quando gli avevo parlato della mia storia con Yiğit gli avevo descritto i sentimenti che avevo provato ma che ora non c’erano più.

«Voglio un uomo che mi rispetti, che mi faccia sentire importante in ogni momento, non voglio fiori o cioccolatini ma gesti quotidiani che mi facciano capire quanto io sia importante e speciale per quella persona. Com’è possibile che i miei genitori non lo capiscono? Come posso sposare qualcuno che non amo?»

«Parla con loro e fagli capire ciò che realmente provi.»

«A te sembrano banali le cose che ho detto? Perché a quanto pare per loro non sembrano essere importanti.»

«Non sono banali, tutt'altro» disse Can prendendo il mio viso tra le mani. «Meriti un uomo che faccia di te la sua stella polare, che ti ami con tutti i tuoi difetti, meriti un amore che ti faccia ridere e arrossire, un uomo con cui la vita non è mai banale e che anche nella routine quotidiana ti regali sorrisi e la consapevolezza di voler continuare a stare insieme.»

Lo guardai. Dove l’avrei trovato un uomo così? Eppure, lì davanti a me vedevo qualcuno che forse avrebbe potuto darmi tutto ciò. O forse mi sbagliavo? Che tra di noi ci fosse attrazione era evidente, ma non era la classica attrazione fisica bensì qualcosa che andava oltre, come una strana alchimia, eppure nessuno dei due osava oltrepassare quella linea che avrebbe stravolto le nostre vite. Io avevo paura di rimettermi in gioco, avevo paura di lasciarmi andare e credere ad un nuovo amore. Eppure, quando poco prima i nostri occhi si erano incrociati, dopo che le sue labbra avevano sfiorato la mia fronte in un casto bacio, avevo desiderato con tutta me stessa baciarlo. Ma la paura di fare quel passo era stata più forte, forse anche più forte di un eventuale rifiuto da parte sua.

«Tu… ti sei mai innamorato? Veramente, intendo. Hai mai trovato la tua "stella polare"?» Sapevo che questa domanda ci avrebbe avvicinati ancora di più o forse allontanati, al punto da far disperdere nell’universo tutte le mie illusioni.

Mi riportò fra le sue braccia come poco prima. «Veramente mai, mi sono innamorato ma non ho mai creduto che fosse quella giusta. Amavo la mia libertà più di ogni altra cosa e quando lei… mi chiese di sposarla rifiutai. Capii che stavamo insieme solo per attrazione e perché la pensavamo allo stesso modo, questo mi portò a credere di esserne innamorato ma non ho mai vissuto le cose che ti ho detto prima, a parte rispettarla, questo per me è un principio fondamentale.»

«Hai avuto tante storie?» feci questa domanda provando una fitta di gelosia immaginando già la sua risposta.

«L’unica vera storia è stata quella che ti ho appena accennato, con Polen, tutte le altre sono state avventure senza alcuna importanza o storie durate poche settimane.»

La fitta di gelosia aumentò immaginando lui tra le braccia di un'altra.

Come poteva a uno come lui piacere una come me? Ero una stupida a pensare di poter essere qualcosa di più di un'amica, probabilmente lo attraevo ma non ero nulla di più.

«Se vuoi sapere, poi, se ho trovato la mia "stella polare"… beh, questo devo ancora capirlo.»

«Cosa vuoi dire?»

«Che vorrei tanto averla trovata ma non riesco a capire lei cosa provi.»

Quindi c’era qualcuna nei suoi pensieri!

«E… e… perché non lo scopri?» chiesi timorosa.

«Perché se scoprissi di non essere corrisposto potrei perdere anche la sua… dolce amicizia. E per me lei è… molto importante.»

Non volevo fraintendere le sue parole. La nostra era una “dolce amicizia”. Possibile mai che parlava di me?

Non gli chiesi altro. Preferivo continuare ad illudermi.

«Sanem, io…» provò a dirmi qualcosa ma il mio telefono prese a squillare.

«Scusami!» dissi quasi ringraziando quella chiamata provvidenziale. Non ero pronta a sentirmi dire qualcosa che, in ogni caso, avrebbe cambiato la mia vita.

Era Ayhan, mi disse di tornare subito perché mia madre stava andando da lei. Sospettava qualcosa.
Chiusi la chiamata e la disperazione tornò ad impadronirsi di me.

«Dobbiamo tornare» dissi solamente.

Can sembrò capire e prima di salire in macchina disse: «Io ci sono, Sanem. Tu sei importante per me, hai capito?»

Lo guardai e feci cenno di sì. Forse avevo capito davvero cosa volesse dirmi.

Can

Mi ero esposto più di quanto avessi potuto immaginare. Avrei voluto dire a Sanem che, se solo me lo avesse permesso, la mia stella polare avrei voluto fosse lei. In quelle settimane fatte di incontri alla scogliera e alla panetteria, l’avevo corteggiata e mi era venuto istintivamente, senza pensarlo, senza programmarlo. Non facevo altro che aspettare con ansia il momento di vederla. Ormai non serviva nemmeno più la scusa del libro che, curioso di capire come mai le piacesse così tanto, avevo letto. Era la storia di un amore che aveva attraversato tante tempeste ma che alla fine era riuscito a vincere. Una storia in cui lui aveva fatto di lei il centro della propria vita non perdendo comunque la propria libertà, quella libertà che aveva scoperto mancargli con l’assenza di lei. Ecco, Sanem cercava proprio questo e me lo aveva fatto capire. In quel libro c’era la storia d’amore che lei avrebbe voluto vivere, un amore grande, sincero, vero, che avrebbe sfidato gli ostacoli più impervi e renderlo unico.

Ero davvero pronto a tutto questo?

L'odore del paneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora