CAPITOLO 55

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Can

Diventare socio di Akif mi dava maggiori responsabilità, non ero più il fotografo reporter che viaggiava per il mondo, bensì ora il mio compito era quello di gestire ogni settore del reparto fotografico. L’azienda, infatti, che si occupava anche di moda, aveva diversi soci. Io ovviamente mi interessavo soltanto di ciò che concerneva la fotografia. Per fortuna, nonostante la mole di lavoro, riuscivo a ritagliarmi del tempo per la mia Sanem. Se solo avesse accettato la mia proposta di venire a vivere con me avremmo potuto passare insieme più tempo, ma capivo quanto ancora fosse legata a quelle tradizioni che le erano state inculcate sin da piccola. Ne aveva già infrante alcune e non avevo insistito oltre. Era solo questione di tempo; una volta sistemate le cose, con l’aiuto di Leyla, che non tardò ad arrivare, le avrei chiesto ufficialmente di sposarmi. Ci conoscevamo da poco più di due mesi ma ero sicuro di volerla completamente e per sempre nella mia vita. Ero pronto a diventare quell’uomo che nessuno avrebbe mai osato immaginare, un uomo che avrebbe messo al centro della propria vita una donna, un uomo innamorato che per la prima volta sognava una famiglia sua.

Il telefono squillò e la voce di Sanem mi rimbombò nelle orecchie mentre velocemente mi diceva qualcosa a proposito di suo padre e di sua sorella.

«Sanem, parla più piano, non ti capisco» dovetti quasi urlare per farla tacere. «Per favore, ripeti!»

«Incontriamoci, Can. Ho delle grandi notizie.»

«Ok, vedrò di finire quanto prima, dammi almeno un paio d’ore, però.»

Passai a prenderla al panificio e mi chiese di andare a casa mia per poter parlare tranquillamente. Ci fermammo solo un attimo per strada a prendere qualcosa di pronto da mangiare.

Mi disse che Leyla era pronta ad attaccare Yiğit. Le indagini che aveva fatto su di lui l’avevano portata a scoprire la vera vita di quell’essere ignobile. Non era vero che lavorava in una clinica a Maslak, o meglio, ci lavorava saltuariamente come operatore sanitario ma il suo vero “lavoro” era quello di trafficare merce contraffatta e di fare affari sporchi con altri Paesi del continente europeo. Questo bastava per incastrarlo e Leyla aveva già pronta una denuncia nei suoi confronti. Bisognava soltanto procedere. Tempo qualche giorno per organizzare un blitz e tutto sarebbe finito.

«C’è un’altra cosa che riguarda mio padre» disse poi raccontandomi del loro incontro di quella mattina. «Verrai a cena a casa di Ayhan?»

«Certo che verrò. Sarei felice di conoscere tuo padre. L’altra volta non è andata proprio bene» esclamai.

Sapere che almeno con suo padre la pace era stata fatta mi rincuorò. Vedere il sorriso sul volto di Sanem, saperla felice era tutto ciò che desideravo.

Venne a sedersi a cavalcioni sulle mie gambe. «Che cosa vuoi fare?» sussurrai sulle sue labbra. «Devo tornare a lavoro.»

«Ora sei un socio, puoi anche tardare» disse baciandomi dolcemente. «O non vedi l’ora di vedere quella Ceyda?» mi punzecchiò.

«Hai ragione» esclamai quasi ridendo.

Sanem mise il broncio e si alzò di scatto, ma non le diedi tempo di allontanarsi che l’afferrai per la vita e la spinsi contro la parete facendo aderire il mio corpo al suo.

«Dicevo… hai ragione… posso anche tardare» sussurrai prima di sigillarle le labbra con un bacio passionale. La presi in braccio e la portai in camera mia lasciandoci cadere sul letto.

Il lavoro avrebbe aspettato.

Quella sera, a casa di Ayhan, l’atmosfera fu abbastanza tranquilla. Il signor Nihat volle sapere tutto di me ed io non fui restio a raccontargli del mio lavoro, della mia famiglia. Sanem gli raccontò del nostro incontro e di come pian piano ci eravamo innamorati e di quanto le fossi stato vicino in quel periodo. Lo sguardo di suo padre si perse per un momento, pensando forse a quanto male avessero fatto anche a Sanem.

«Can, spero di poterti rivedere presto. Non vedevo la mia bambina così felice da tanto ed è anche colpa mia e di sua madre se il suo sguardo si era spento, tu però hai riacceso quella luce che la fa brillare come una stella. Io ti ringrazio!» mi disse dopo cena il signor Nihat, mentre Sanem era in cucina con Ayhan.

«Non deve ringraziarmi. Io amo Sanem e voglio renderla felice. Le mie intenzioni sono serie, più di quanto lei possa immaginare, signor Nihat.»

«Spero che anche mia moglie capisca quanto l'abbiamo fatta soffrire, ma forse dopo che quel... maledetto avrà pagato, capirà anche lei.»

«Lo spero tanto... per Sanem!» Non gli dissi di quanto ancora lei ci soffriva, ero certo che le cose sarebbero ben presto cambiate e Sanem avrebbe riabbracciato anche sua madre.

«Perché non torni a casa con me?» le proposi a fine serata. Emre era a Izmir da giorni, ma non sarebbe stato comunque un problema.

«Amore…» pronunciò solamente.

Ancora una volta non insistetti ma le chiesi di restare con me la sera successiva. «Domani, dopo il rinfresco, ti voglio da me.»

Ancora non eravamo riusciti ad organizzare una festa per la mia nuova collaborazione in agenzia e Akif aveva organizzato per l’indomani un semplice rinfresco di auguri.

«Va bene, allora preparati per domani sera…» esclamò Sanem con un sorriso malizioso prima di congedarmi. «Sarò il tuo regalo.»

«Non vedo l’ora!» risposi ricambiando quel sorriso.

L'odore del paneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora