Sanem
«Cosa fai qui fuori da sola?»
Il mio cuore riprese a galoppare mentre il freddo lasciò spazio ad un calore improvviso.
«Aspetto il taxi» risposi cercando di rimanere calma. Dentro di me stava per scatenarsi il maremoto.
«Non credo che a quest'ora ne passino.»
«Infatti ho chiamato la stazione dei taxi, ne stanno mandando uno.»
Fece un cenno di assenso con la testa.
«Se vuoi... ho la macchina parcheggiata poco distante... insomma... potrei darti un passaggio» mi propose quasi imbarazzato.
«Non c'è problema, ma ti ringrazio. Il taxi sarà qui a momenti.»
«Ok.» Chinò la testa, sembrava esserci rimasto male. «Allora ti auguro una buona notte» disse puntando i suoi occhi nei miei prima di allontanarsi.
Lo seguii con lo sguardo, finché la sua figura scomparve svoltando l'angolo, così come era accaduto quella mattina dopo essere uscito dalla panetteria.
"Probabilmente non lo rivedrò più. Non si è nemmeno voltato per salutarmi un'ultima volta" pensai. «Che stupida ad aver creduto...» pronunciai quelle ultime parole a voce bassa, come a voler buttare fuori di me l'illusione di un qualcosa che mi aveva travolta.
Due minuti dopo arrivò il mio taxi, seguito da un'altra auto che dovette fermarsi dietro.
«Allora bellezza, cosa fai, sali o no?» disse il tassista.
«Come? Mi scusi!» risposi abbassandomi all'altezza del finestrino.
«Non ho tempo da perdere, bambolina. Avanti, sali!»
Il mio cuore prese a battere forte, questa volta un po' impaurito.
«Ma come si permette di parlarmi così?! Se ne vada. Piuttosto torno a piedi» esclamai facendomi coraggio.
«Ho capito, vuoi che faccia il galantuomo e venga ad aprirti lo sportello. Va bene» disse scendendo dall'auto e facendo il giro. «Lo faccio unicamente perché sei davvero bella.»
«Le ripeto che vado a piedi. E mi scusi se l'ho disturbata» risposi indietreggiando leggermente intanto che quell'uomo apriva lo sportello posteriore.
«Nessun disturbo, anzi, è un vero piacere» continuò regalandomi un sorriso che finì di mettermi ansia.
Fece per prendermi un braccio quando vidi lo sportello dell'altra auto aprirsi e scendere... lui.
«Lasciala stare!» disse ad alta voce cercando di intimorire il tassista.
«Chi è lei? Cosa vuole? Sto solo lavorando» rispose l'uomo per niente intimidito dalla stazza del mio salvatore che, a confronto, lo faceva apparire piccolo.
«Lasciala!» lo intimò.
In effetti non mi ero resa conto che il tassista faceva ancora presa sul mio braccio. La presenza di quel ragazzo impedì alla paura di prendere il sopravvento.
Con uno strattone mi divincolai da quella presa e indietreggiai ancora fino a poggiarmi di nuovo al muretto.
Il tassista, dopo avergli lanciato un'occhiata quasi di sfida, richiuse lo sportello e ritornò al posto di guida, sfrecciando via come se qualcuno lo volesse inseguire.
Attesi pochi istanti prima di ringraziare lo... sconosciuto.
«Stai bene?» mi chiese, senza però avvicinarsi.
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L'odore del pane
RomansaUna storia dolce, semplice, dalle sfumature romantiche. Una serie di incontri casuali che fanno pensare sia opera del destino ma che regaleranno a Can e Sanem emozioni mai provate prima. S'innamoreranno al primo sguardo? Chissà...