CAPITOLO 40

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Can

La tirai a me, fra le mie braccia, sul mio corpo che improvvisamente iniziò a tremare. Quel contatto poteva mandarmi fuori di testa più di quanto già lo fossi ma mi trattenni, con Sanem... io... non avrei corso, ci sarei andato cauto e avrei aspettato che lei fosse pronta per amarla come meritava.

«Dove credi di andare?» sussurrai a un soffio dalle sue labbra mentre i nostri sguardi s’intrecciavano come fili invisibili, divenendo un unico groviglio.

«Can…» mormorò, avvampando. Avvertii il suo corpo fremere leggermente e cercai di non stringerla troppo a me, per quanto tra di noi non passasse nemmeno un filo d’aria.

«Voglio un bacio prima che tu vada a dormire» le ordinai, sorridendo.

La sentii rilassarsi e scostarsi dal mio corpo adagiandosi di lato. Continuò a guardarmi per poi allungarsi sulle mie labbra. Le mie braccia, che non l’avevano lasciata neanche per un secondo, l’avvolsero teneramente mentre un dolce bacio cancellò le turbolenze di quella giornata regalandoci un momento di pace e di amore.

Durante la notte, la sentii lamentarsi più volte nel sonno per poi tornare a calmarsi dopo pochi istanti. Io non riuscii quasi a chiudere occhio, quello che stavo vivendo mi sembrava così surreale da mettermi una certa agitazione.

Dovetti assopirmi, a un certo punto, perché mi sentii scuotere e chiamare. Mi resi conto che Sanem era davanti a me, tremante, che pronunciava il mio nome.

«Sanem, che succede?» Balzai a sedere nel letto.

«Posso dormire con te?» mi chiese con voce debole e scossa.

«E me lo chiedi pure? Vieni qui!» Le feci posto e si accoccolò accanto a me, di schiena, e io l’abbracciai. L’avrei protetta anche dai suoi incubi.

Tra le mie braccia si calmò e si riaddormentò. Vegliai sul suo sonno per il resto della notte e non dovette fare più incubi perché non si lamentò, anzi, mi sembrò serena ed io, per la prima volta nella mia vita, mi sentii davvero importante per qualcuno, un qualcuno che stava diventando sempre più il centro della mia esistenza.

Di nuovo dovetti addormentarmi per un po’ perché fui svegliato da dolci carezze. La prima cosa che vidi furono i suoi occhi che immediatamente sprofondarono nei miei. Avrei voluto svegliarmi così ogni mattina!

«Buongiorno!» sussurrò salutandomi con un ampio sorriso.

«Buongiorno!» risposi avvicinando il mio viso al suo e facendo sfiorare i nostri nasi. Respirai il suo odore e mi lasciai cullare ancora pochi minuti da quella pericolosa vicinanza. Mi beai di lei come fosse il mio pieno di energia per una nuova ed ignota giornata da affrontare.

Sentimmo bussare alla porta della camera. Sanem schizzò via dalle mie braccia come se una fiamma la stesse ustionando.

«Sanem, sei sveglia? Giù c’è Yiğit che ti aspetta per andare a fare colazione.» Le parole di sua nonna ci riportarono alla realtà e sbuffai al pensiero che doveva trascorrere ancora qualche ora con quell’individuo.

Sanem aprì leggermente la porta e avvisò nonna Ateş che sarebbe scesa dopo qualche minuto, il tempo di prepararsi. Richiuse la porta e mi guardò. Ero così irritato da quella situazione che mi si leggeva chiaramente in faccia.

«Non ho alcuna voglia di andare!» disse sedendosi accanto a me.

«Lo so!»

«Quando finirà questa farsa? E soprattutto COME finirà?»

«Solo tu puoi metterci la parola fine, ma finirà, stai tranquilla, ed io sarò con te» la rassicurai.

«E se i miei non capiranno?»

«Cosa, Sanem? Che la vita è tua e hai tutto il diritto di essere felice come e con chi vuoi? Se anche fossero sotto ricatto cercheremo di risolvere il problema… insieme.»

La vidi rimuginare. «Can… devo dirti una cosa…»

«Non ora, Sanem! Adesso devi andare, non destare sospetti» dissi riluttante.

«Farò in modo da non allontanarmi. C'è una caffetteria a pochi isolati da qui, andremo a piedi.» Sembrò quasi che volesse tranquillizzare me.

Rimasi in camera fino a che non fu uscita con quell’essere ignobile, poi mi preparai e scesi in cucina.

«Buongiorno!»

«Buongiorno, figliolo! Accomodati, facciamo colazione insieme, se ti va!» disse nonna Ateş.

Come potevo rifiutare? Anche se il mio stomaco sarebbe rimasto chiuso fino al ritorno di Sanem, mi sedetti e mangiai tutto ciò che mi fu servito.

Quella donna dolce ma vivace riusciva a mettermi a mio agio, chiacchierammo un bel po’, volle che le raccontassi del mio lavoro, dei miei viaggi; rimase stupita e incantata proprio come la nipote. Non ci rendemmo conto del tempo che passò e improvvisamente sentimmo la porta aprirsi. Finalmente Sanem era tornata ed era sola, o non avrebbe aperto con le chiavi rischiando di farmi scoprire.

«Vedo che senza di me vi state divertendo!» esclamò fintamente imbronciata.

«Il tuo ragazzo è davvero sorprendente!» disse la nonna con un’euforia che accese il sorriso sul volto di Sanem.

«Lo so!» rispose guardandomi innamorata. Non potei far altro che sciogliermi e ricambiare lo stesso sguardo.

Quella mattina, ci azzardammo a passeggiare per il bosco mano nella mano. Prima di uscire di casa, Sanem si assicurò che non ci fosse più la macchina di Yiğit nei paraggi, per poi avviarci in quella radura facendomi guidare da lei. Non parlammo molto, né Sanem accennò a quanto stava per dirmi quella mattina. Avevo intuito di cosa si potesse trattare, le si leggeva in faccia ma non volevo forzarla, ogni volta abbassava lo sguardo e sembrava quasi vergognarsi. Stavamo insieme da nemmeno una settimana e avrei lasciato che me ne parlasse lei quando si sarebbe sentita pronta, sperando che non facesse passare troppo tempo per risolvere la situazione con la sua famiglia e sentirsi finalmente libera.

L'odore del paneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora