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LUKE

Da una settimana non esco di casa. Me ne sto in camera mia a farmi i fatti miei suonando quella chitarra scadente che la scuola mi ha gentilmente prestato, solo per togliersela dai piedi. Non vado nemmeno alle sedute di mister D.
Ho suonato wherever you are fino allo sfinimento ma Calum non si è fatto vedere.
Forse è vero, proviamo in tutti i modi di farci ascoltare dalle persone anche se sappiamo con certezza che le nostre parole non le sentiranno, e forse non le sentirà mai nessuno.
Suonano al campanello e ho appena finito di cantare wherever you are e salto dalla sedia perché potrebbe essere Calum.
È tornato. Calum è tornato. È venuto a riportarmi il mio cuore.
Scendo le scale di corsa aspettandomi un discorso chilometrico sul perché se ne sia andato e mi abbia lasciato qui per quasi metà anno.
Già, siamo ad Aprile e i mesi sono trascorsi sotto i miei occhi senza rendermene conto.
Calum dirà che è stato via per una vacanza inaspettata.
Apro la porta e sto per urlare.
Ma non è lui. Ovviamente.
Il cuore scappa di nuovo.
« Luke. »
Abbasso lo sguardo perché sto per piangere, ma devo trattenermi.
« Luke..? »
Porto la mano dietro la schiena e la chiudo a pugno sperando che Michael non noti il mio atteggiamento.
« Si, è il mio nome. » Rispondo freddamente a bassa voce, ricordando il giorno in cui lui mi aveva risposto allo stesso modo.
Merda, non posso farmi vedere in questo stato da lui.
« Umh posso entrare? »
Alzo gli occhi che mi cadono subito sui suoi capelli.
Li ha tinti di rosso.
Il mio colore preferito.
Mi rilasso pensandoci e con sgarbo mi sposto facendolo passare.
Mi strofino gli occhi senza farmi vedere, il moccio del naso rimane sul dorso della mia mano. Che schifo.
« Che ci fai qui? Come fai a sapere dove abito? » Lo guardo alzando un sopracciglio. « Che ci fai qui? » Ripeto rendendomi conto solo adesso che Michael Clifford si trova nel mio salotto.
Lui non risponde e si toglie una sacca dalla schiena.
No, non è una sacca. È una custodia.
« Ti ho portato la mia chitarra. »
Me la passa con molta tranquillità.
Ma non sta sorridendo e sono confuso.
« Che significa? »
« Che ti serve la mia chitarra. Quindi ora prendila prima che cambi idea. »
« Ma... »
« Torna a scuola. Il professore è una lagna, si lamenta sempre che tu sia scomparso. »
Scomparso.
« Non me ne sono andato. Avevo solo bisogno di... » ma lui mi interrompe di nuovo.
« Schiarirti le idee? Stare da solo? Non è quello che fai ogni giorno? »
Rimango in silenzio e fisso la sua chitarra. Non riesco a guardarlo in faccia. Sono troppo imbarazzato e confuso e frustrato.
Perché ha ragione.
Annuisco lentamente e lui sospira. « Riprenditi presto. »
Poggia la mano sulla mia spalla stringendola piano per poi andare verso la porta.
« Perché lo fai? »
« Perché so come ti senti. »
E sparisce chiudendosi la porta alle spalle.

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