SCONOSCIUTI
Si era rinchiuso nel suo studio cercando di lavorare fra le scartoffie sulla scrivania, ma la sua mente era occupata, quasi tormentata.
Per un po' non sarebbe stato più solo a casa sua.
Sarebbe stato il tutor di lei, lavorando al suo fianco, per istruirla.
Per un po' avrebbe dovuto occuparsi di un' altra persona, oltre a sé stesso.
Doveva provvedere alla formazione di quella ragazza tanto voluta, che poi sarebbe stata inserita a tutti gli effetti nel suo organico.
Se non fosse stata all' altezza o non avesse portato i risultati sperati, il suo operato come tutor sarebbe stato giudicato in egual misura.
Si sentiva sotto pressione per questo: sentiva su di sé, il peso di dover di fare bene il proprio lavoro, dimostrando agli altri ciò che era stato in grado di imparare prima ed insegnare poi, oltre al fatto di sentirsi come una bilancia che avrebbe giudicato il futuro di lei, ma allo stesso tempo anche il proprio.
Aveva spinto gli esaminatori affinché lei venisse affidata a lui, ma in quel momento era troppo.
Non si sentiva in grado di cominciare a legare con lei come avrebbe voluto e così si chiuse nel suo studio.
I pensieri affollavano la sua mente facendo troppo rumore, tanto da non riuscire a concludere nulla.
Passava il tempo fissando i fogli davanti a sé, cercando invano di tenersi occupato.
All' improvviso il fragore sordo della porta che si chiudeva e dei passi veloci che si allontanavano, lo distrassero dai suoi pensieri.
Doveva abituarsi all' idea di non essere più solo a casa propria.
La vide allontanarsi correndo su per la brughiera dalla finestra del suo studio.
Non seppe dirsi cosa provava, tutto era confuso dentro lui.
Non si aspettava nemmeno che fosse diverso per lei e sapeva solo che sarebbe stata una sfida ardua e diversa da tutte le altre che aveva dovuto affrontare fino a quel momento.
Per ora non volle fermarla: tutti e due avevano bisogno di spazio, avevano bisogno di respirare a fondo.
Si fece tardi: era quasi sera inoltrata e lei non era ancora rientrata.
Cominciò a montargli la paura che si fosse persa nella bruga.
In fondo, non conosceva la zona e comunque, non erano di certo in città.
Non era difficile da raggiungere il cottage, ma distava parecchio da coloro che si potevano definire vicini.
Cominciò a preoccuparsi seriamente.
Poi, la porta si aprì.
Lui si voltò a guardarla rincasare, rasserenandosi, ma furioso.
Non era ancora preparato a condividere i suoi spazi con qualcun' altro.
D' altra parte lei, si sentì in dovere di dare almeno una spiegazione, o di scusarsi quanto meno.
Gli occhi di lui si agganciarono furiosamente allo sguardo di lei.
Lui non ebbe il tempo di aprire bocca, che lei iniziò a scusarsi.
"Ti chiedo scusa, avevo bisogno di un po' di aria."
Lui continuava a fissarla serio.
Avrebbe voluto squarciare l' aria tuonando parole dure, sul pericolo che avrebbe potuto correre.
Oltretutto, aveva lasciato il telefono sul divano.
Sapeva cosa volesse dire lei, perché anche per lui era lo stesso.
Sapeva che se avrebbe dovuto convivere con lei, cercando costruire un rapporto di fiducia, sincerità e sostegno reciproco, non avrebbe potuto cominciare con una strigliata, rivelando quanto fosse difficile per entrambi tutto quello.
Pensò al fatto che lei lo volle come tutor, anche se era stato lui a spingere per averla e lei stava riponendo la sua fiducia in lui.
Così si sentì in un certo senso, in dovere nei suoi confronti.
Si limitò a una semplice raccomandazione.
"Ti capisco. È così anche per me. È solo che la brughiera è pericolosa, soprattutto di notte. Fa già freddo. Ci sono piccole paludi qui intorno, senza parlare degli animali. Almeno la prossima volta che esci, prendi il telefono. Devo riuscire a raggiungerti ovunque tu vada!"
Di rigetto, lei si scusò nuovamente con lo sguardo basso.
"Mi dispiace. Non succederà più."
Dopo cena, lui si ritirò in camera, mentre lei rimase a guardare le fiamme nel camino.
La stanchezza cominciò a sopraffarla e si abbandonò al sonno sul divano.
Lui era già a letto da un po', ma non riusciva a chiudere occhio.
Si sentiva frustrato e pensava alla mole di lavoro ed impegni che li aspettavano entrambi.
Non aveva idea di come sarebbero andate le cose.
Ciò che lo preoccupava di più, era la paura di non riuscire ad instaurare con lei un minimo di complicità, quel tanto che bastasse per poter lavorare insieme.
Se non vi fosse riuscito, sarebbe stato impossibile continuare anche solo a tollerarsi.
Il ticchettio dell' orologio in camera, accompagnava i suoi pensieri, mentre la notte avvolgeva sempre di più quella landa selvaggia.
Non si sentiva un solo rumore in casa oltre al camino.
Scese dal letto avvicinando la sua sedia a rotelle.
Voleva assicurarsi che riposasse.
Si stupì quando si accertò che la porta della sua camera era socchiusa e il letto era ancora intatto.
Si affacciò al salotto e la vide addormentata sul divano.
Si incantò a guardarla, mentre dormiva riflessa dalla luce delle fiamme del camino.
Si promise che se vi fosse stata anche la più piccola possibilità di poter fare funzionare tutto quello, lui avrebbe dato il suo contributo e non si sarebbe fatto indietro.
Si avvicinò di più verso di lei, in silenzio le scostò una ciocca di capelli che le cadeva sulla guancia, poi prese la coperta appoggiata al bracciolo e la coprì affettuosamente.
Le diede un ultimo sguardo, mentre accennava un timido sorriso di ammirazione per lei che cominciava ad imparare a nuotare tra gli squali e che aveva faticato per arrivare fino a lì.
Tornò a letto.
Si disse che in fondo era bello non essere più solo in quella casa.
Era bello avere qualcuno che contasse sul suo aiuto e sul suo supporto.
Chiuse gli occhi, pensando alla mole di lavoro e impegni che lo aspettava.
Ma poi i suoi pensieri volsero di nuovo a lei, che dormiva sul suo divano poco distante da lui e finalmente, si addormentò.
STAI LEGGENDO
COME NELLE FAVOLE, PER SEMPRE. SIR E FENICE
RomanceScozia, giorni nostri. Lui, un cinquantenne titolare di una squadra di corse automobilistiche, vedovo e costretto sulla sedia a rotelle dopo un incidente, accetta di fare da tutor per uno stage di lavoro presso il suo team ad una ragazza poco più ch...