DOLORE
Era notte fonda.
Ogni cosa era avvolto nel silenzio e nell' oscurità.
Silenzio che venne squarciato da un lamento, un piccolo gemito appena percettibile.
Lui si destò improvvisamente dal suo sonno leggero, quando lo sentì.
Si disse che forse era stato qualche animale nella brughiera o che lo avesse immaginato.
Si sistemò sul cuscino di nuovo affondandoci il viso, cercando da abbandonarsi nuovamente al sonno.
Ma venne ancora interrotto, quando sentì distintamente ancora quel rumore.
Così sgranò gli occhi e si mise in ascolto.
Lo sentì di nuovo e questa volta capì che era lei che piangeva quasi in silenzio.
La ascoltò ancora.
Era incredulo.
Accese la luce della lampada sul comodino e senza fare troppo rumore, volle alzarsi.
Si accostò alla porta della camera ed ebbe la certezza che fosse proprio lei.
Percepiva il suo dolore e la solitudine.
Provò una stretta al petto.
Ansioso e preso da una pesante inquietudine, si chiese cosa avrebbe dovuto fare: rimanere in camera sua e far finta di niente o prestarle il suo supporto?
Intromettersi significava ammettere di averla sentita e parlarne apertamente poteva minare il loro rapporto compromettendolo sul nascere.
Affrontare il problema di petto poteva essere rischioso, ma non
supportarla significava mancare al proprio dovere di tutor, quel ruolo che lei stessa gli aveva chiesto di assumere.
Intanto continuava ad ascoltare e sembrava che lei non accennasse a calmarsi, così si fece coraggio.
Impugnò la maniglia e aprì la porta.
Quando uscì sul corridoio sembrava che lo avesse sentito e lei cessò improvvisamente.
Si avvicinò piano alla sua camera ed entrò cercando di fare meno rumore possibile.
Sembrava dormisse ma sapeva perfettamente che era sveglia.
Si accostò al letto.
La vide col volto affondato dalla coperta che la copriva la testa fino sopra alle orecchie.
La luce del corridoio filtrava fino in camera, abbastanza da permettere lui di notare le lacrime inumidirle il suo viso e bagnare il cuscino.
Non si era sbagliato.
In lei c'era una guerra di cui lui ancora non ne conosceva ne la causa, ne tanto meno la gravità.
Sentì il suo cuore stringersi ancora di più nel vederla così vulnerabile e fu un colpo duro, tanto che si emozionò a sua volta.
Il suo volto si fece duro e la bocca si strinse in una smorfia per trattenere ciò che provava.
Gli faceva male vederla così piccola e indifesa.
Era poco tempo che lei era lì e lui per primo si era mostrato distante e forse persino insensibile.
Lei non aveva nascosto la sua natura.
Ne aveva parlato nella lettera e lui lo sapeva.
Ma si chiese comunque se fosse per colpa sua.
Si chiese se per caso il suo esserle distante, potesse aver in qualche modo contribuito a tutto questo o se invece era stato il libro, ma ne dubitò.
In ogni caso si sentì in parte responsabile e non volle fingere di svegliarla.
Così preferì parlare apertamente, anche se non direttamente.
Posò delicatamente la sua mano sopra la coperta, sul suo braccio, mentre sul suo volto si formava un espressione dolce.
"Non so cosa ti sia successo. Ma ti prometto che d'ora in poi andrà tutto bene. Sei al sicuro adesso e ti sarò accanto ogni volta che ne avrai bisogno."
Strinse delicatamente la mano sul suo braccio per rassicurarla.
Le diede un ultimo sguardo prima di lasciare la sua stanza chiudendosi la porta alle sue spalle.
Tornò in camera sua e si rimproverò di non aver potuto fare di più, per non turbarla ulteriormente.
Si rimise a letto agitato, turbato e si sentì inerme.
Rimase sveglio per un po', ma ormai l' alba incombeva già nella brughiera e così si arrese.
Decise di alzarsi e dopo un caffè caldo si chiuse nel suo studio, cercando il modo di lavorare, ma il pensiero di lei era costante nella sua mente.
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COME NELLE FAVOLE, PER SEMPRE. SIR E FENICE
RomanceScozia, giorni nostri. Lui, un cinquantenne titolare di una squadra di corse automobilistiche, vedovo e costretto sulla sedia a rotelle dopo un incidente, accetta di fare da tutor per uno stage di lavoro presso il suo team ad una ragazza poco più ch...