10. LACRIME

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LACRIME

Le fu difficile trattenersi, quando capì che lui la aveva sentita.

Si asciugò in fretta il viso dalle lacrime e tornò a rifugiarsi nelle fibre del piumone.

Ma lui si accorse dei suoi occhi umidi e lei lo sapeva, anche se pregò che non fosse così.

Sperò che non si fosse accorto di nulla, ma le sue speranze si infransero quando lo sentì pronunciare quelle parole che sembravano annientare le sue difese, ma allo stesso tempo le infondevano una flebile speranza.

Si chiese se non fosse di questo di cui aveva sempre sentito il bisogno e non di libertà.

Si chiese se non fosse d' amore ciò di cui avesse bisogno o forse sperava solo di essere accettata per come era realmente, con tutti i suoi difetti e debolezze, senza che nessuno provasse ad imporsi su di lei.

Quando lo sentì pronunciare quelle parole, si sentì male, tanto che a stento trattenne le lacrime.

Si sentiva, come se lui fosse entrato nelle sue tenebre e la tenesse per mano, rimanendole accanto.

Avrebbe potuto sentire il rumore della corazza con cui si era difesa fino ad allora.

Riusciva quasi a sentirla sgretolarsi, come il muro di un castello sotto attacco, cedere sotto i colpi di cannoni.

Quando lui chiuse la porta non riuscì più a trattenersi: fece ricorso a tutta se stessa per non abbandonarsi alle lacrime che le riempivano gli occhi.

Strinse le mani sul cuscino, desiderando di abbandonarsi tra le sue braccia.

Sentiva il bisogno di togliersi quella corazza di dosso e mostrarsi a lui per quella che era veramente.

Aveva sentito la sua mano protesa sopra di lei e avrebbe tanto voluto allungare la sua e afferrarla.

Tuttavia non riusciva ancora a fidarsi abbastanza.

Non sapeva se poteva fidarsi di lui, quel tanto che bastava da lasciarsi andare.

Non credeva di potersi fidare di nessuno e dubitava di chiunque, ma allo stesso tempo non voleva abbandonare la speranza che prima o poi avrebbe trovato qualcuno che l' avrebbe fatta sentire speciale quanto meritasse.

Non poteva correre il rischio di rimanere ferita proprio nel momento in cui aveva appena iniziato ad assaporare la sua nuova libertà tanto reclamata, anche se la sera prima, mentre lo ascoltava leggere, le pareva finalmente di essere in pace, ma la paura di rimanere scottata era troppo grande.

Cercò di calmarsi.

Cercò di riposare.

Cercò di rimettere insieme i pezzi di quella armatura sgangherata, che si era costruita addosso e che aveva portato a lungo. Cercò di difendere se stessa per non rimanere ferita ancora una volta, dal giudizio altrui che tanto la aveva condizionata fino ad allora.

Si disse che al sorgere del nuovo giorno nessuno, nemmeno lui, avrebbe intravisto le sue cicatrici.

Passò un'ora prima che riuscisse a controllarsi, prima che dovette nascondersi dietro alla maschera che portava di fronte al mondo.

Mentre il sole stava per fare capolino sull' umida erba della brughiera, esausta, finalmente prese sonno e si addormentò più stanca di quando andò a dormire.

COME NELLE FAVOLE, PER SEMPRE. SIR E FENICEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora