42. TREGUA

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TREGUA

Nel pomeriggio Judith la invitò a guardare con lei un film in salotto. Lei fissava senza interesse lo schermo della TV.

Il rumore di un auto ruppe la quiete.

La porta d' ingresso si spalancò improvvisamente e lui fece ingresso con un mazzo di rose rosse.

Lei appena lo vide fare ingresso in casa, si alzò velocemente dal divano dove era seduta, per fiondarsi in tutta fretta nella sua camera.

Lui senza fretta si piazzò davanti alla sua porta chiusa, infilò il mazzo di rose nella maniglia e iniziò a parlarle con il sorriso in volto.

"Non so che cosa ti sia preso o cosa ti abbiano fatto credere, ma sappi che Harris ha preso il volo. Liam mi ha raccontato tutto. È stato registrato dalle telecamere dell' albergo e per la vergogna della sua condotta poco decorosa come aveva detto a noi, ha deciso di consegnare le proprie dimissioni.

Quanto a me, ti chiedo scusa per averti fatto una proposta come quella. Mi importa solo di averti al mio fianco. Non voglio perderti, anche se so che ci sono cose che ancora non mi hai detto, ma aspetterò fino a quando sarai pronta a raccontarmi quello che vorrai. Intanto però, non ti libererai facilmente di me: sarò il tuo tormento, la tua spina nel fianco e non andrò da nessuna parte senza di te. Ti amo bambina. Non mi importa se non vorrai parlarmi, ma resterò qui. Non posso dirti cosa significano le foto che ti ha mostrato Harris, non ora almeno. Ma sappi che anche se non sembra, ci sei sempre stata solo tu nei miei pensieri e ogni cosa che ho fatto e farò è solo per te e per noi. Non parlarmi se vuoi, ma ho promesso di prendermi cura di te ed è quello che farò."

Lei non rispose, si fece piccola nella sua stanza da letto.

Non volle uscire nemmeno per la cena, così Judith le portò il vassoio in camera.

In un certo senso averlo lì, in casa era un sollievo, anche se si sentiva ferita.

D' altro canto i dubbi seminati dalle congetture di Harris, rimanevano saldi nella sua mente.

Era combattuta.

Amava quel uomo, ma sentiva che le doveva delle spiegazioni.

Si sentiva in credito nei suoi confronti.

Era notte fonda, tutti dormivano, ma lei no.

Sapeva che nella stanza accanto dormiva lui e quelle lenzuola in camera sua, risultavano fredde senza il suo corpo caldo.

Si sentiva indifesa senza le sue braccia protettive a tenerla ancorata al suo petto.

Ripensò alla sensazione di sicurezza e protezione che provava quando era con lui.

Si alzò e a passi felpati, raggiunse la porta dove lui dormiva.

Entrò cautamente.

Lo vide dormire con la collana col ciondolo del cappellaio matto, stretta fra le dita della mano.

Le lacrime iniziarono a riempirle gli occhi e portando le braccia al corpo, provò una stretta al cuore.

Non poteva negare di amarlo.

Era ormai legata a lui indissolubilmente.

La mente le diceva una cosa, ma il cuore ne suggeriva un' altra.

Si avvicinò al letto, come se il suo corpo avesse una volontà sua, come se volesse sentire di nuovo il contatto della sua pelle.

Prima che ne fosse consapevole, aveva già alzato la coperta e si era infilata fra le lenzuola.

Lui nel sonno percepì il movimento nel letto.

Aprì gli occhi e si ritrovò a fianco lei, che lo guardava timorosa nel cuore della notte, con il viso rigato dalle lacrime.

Non le disse nulla, quasi non credeva di averla al suo fianco di nuovo.

Le offrì il suo braccio come aveva sempre fatto e la fece accoccolare vicino a sé.

In quel momento lei cominciò a piangere e si strinse a lui come non aveva mai fatto prima.

"Ti amo bambina e non ho mai smesso di farlo. Piangi mia Fenice, domani sarà un nuovo giorno."

Ma poi l' emozione di averla accanto sorprese anche lui e pianse a stringendola a sé, per impedirsi di perderla di nuovo. 

COME NELLE FAVOLE, PER SEMPRE. SIR E FENICEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora