40 - Randy

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Il ritorno da quella inutile missione di salvataggio fu radicalmente diverso dall'andata sia per lo stato d'animo che pervadeva Randy sia per le decisioni che prese sull'onda di quelle emozioni. Era in parte deluso dall'insuccesso perché sapeva che c'era qualcuno in quella casa, qualcuno che però non aveva voluto, o potuto, cogliere la sua offerta di aiuto; ma era anche su di giri per l'adrenalina che scorreva impetuosa nelle sue vene per tutto ciò che aveva fatto. Non si sentiva in colpa per aver schiacciato quei corpi, era anzi stupito da sé stesso per aver gestito anche quella situazione al meglio, per aver mantenuto la calma, e pensò ad ottimizzare quell'occasione fuori dalla sicurezza del centro commerciale per fare un giro completo della zona, cercare segni di "vita" ed eventuali posti o mezzi utili. La pioggia si era fatta più fine e insieme il cielo coperto si era alleggerito del grigio scuro di alcuni minuti prima, illuminando meglio la città. Durante il giro di osservazione Randy vide alcune cose che cercò di annotarsi mentalmente: un grosso carro attrezzi nella rimessa degli autobus, un grande cantiere probabilmente per la costruzione di un palazzo, alcuni negozi potenzialmente "utili" ma soprattutto nessun segno di vita. La cittadina sembrava un enorme set di un film al punto che allo stesso Randy, che ci aveva vissuto per oltre dodici anni, pareva finta. Al suo ritorno nel parcheggio sul retro del centro commerciale Randy trovò una brutta sorpresa ad attenderlo: se quando era uscito c'erano non più di una mezza dozzina di zombie, ora erano almeno quattro o cinque volte tanti; inoltre in molti occupavano anche il vialetto di accesso, tanto che Randy, suo malgrado, fu costretto ad investirli, seppur a velocità ridotta, facendoli questa volta rimbalzare a qualche metro di distanza. Mantenendo la velocità costante fece un giro del piccolo piazzale per poter studiare rapidamente un piano per scendere e fiondarsi al sicuro: la porta da cui era uscito era chiusa, e come molte porte antincendio o uscite di sicurezza non aveva maniglie all'esterno. Si sentì chiuso fuori, poi pensò al fatto che lasciando la porta aperta quegli zombie sarebbero entrati e subito si sentì meno stupido. Nel parcheggio c'erano alcune auto, ma nessun mezzo che potesse essergli utile, a parte un vecchio muletto per lo scarico di pallet parcheggiato davanti ad alcune pile di bancali. Era pericoloso e complicato, ma poteva farcela; decise che doveva affrontare la situazione di petto. Guardò il machete posato sul sedile e, una volta finito il giro del piccolo parcheggio, con una rapida retromarcia fermò il piccolo mezzo di servizio all'imbocco dello stretto vicolo di accesso, per bloccare o quantomeno rallentare il passaggio. Durante quei pochi secondi tutta l'attenzione famelica degli zombie si era riversata su Randy, che senza pensarci ulteriormente scese e con passo spedito, ma senza correre, seguì la parete dell'edificio fino a raggiungere la porta da cui era uscito meno di un'ora prima. Chiusa, senza dubbio era impossibile rientrare da lì, se lo aspettava ma voleva tentare. Si voltò verso il muletto, era pochi metri oltre la porta, ma gli zombie gli erano quasi addosso. Con il machete stretto nella mano destra sferrò un pugno in pieno sterno ad una ragazza in divisa da lavoro, che cadde senza un lamento. Un secondo zombie ricevette un calcio nel ventre, cadendo rovinosamente di shiena e liberando la strada a Randy verso il piccolo carrello elevatore. Solo in quel momento pensò alla possibilità che il muletto fosse chiuso o comunque che necessitasse delle chiavi per partire, ma non ebbe nemmeno il tempo di preoccuparsene perché fu subito sul mezzo che si aprì al volo e Randy ci saltò dentro chiudendo la porta. Qualche anno prima aveva usato un mezzo simile quando aveva fatto il magazziniere per qualche mese in una piccola fabbrica di bottiglie di vetro, quindi dopo aver acceso il mezzo elettrico, che fortunatamente aveva le chiavi inserite, partì di scatto in retromarcia per allontanarsi dalle pile di bancali e poterle inforcare. Nella manovra travolse alcuni corpi e provò di nuovo quel senso di disgusto nel sentirli schiacciati sotto le piccole ruote del pesante carrello elevatore, cercò di non farci caso e rapidamente impilò i bancali fino a formare un'unica fila alta a sufficienza per raggiungere il tetto. Aveva una via di fuga, ma prima di usarla schiacciò tutti gli zombie che lo circondavano con il muletto, aveva rapidamente messo da parte il disgusto e la pietà per lasciar spazio all'istinto di sopravvivenza. Dal vicolo, attratti dal seppur lieve rumore del mezzo in manovra che comunque sovrastava il suono della pioggia, stavano arrivando altri zombie dei quali però Randy non volle occuparsi, affiancandosi alla sua costruzione di pallet per salirvi e raggiungere il tetto. Quando fu dentro, al sicuro ed all'asciutto, dovette cambiarsi completamente e si mise una coperta sulle spalle mentre aspettava che il fornelletto scaldasse una tazza d'acqua. Sorseggiando il tè caldo vide arrivare da chissà dove Fuster, che gli si strusciò un pochino contro prima di accomodarsi sul letto di Randy guardandolo pigramente. La giornata si esaurì lentamente insieme all'intensità della pioggia, e come fossero sintonizzate sulle stesse frequenze, anche la tensione e l'agitazione residue di Randy andarono via via attenuandosi. Intorno alle otto di sera, dopo aver preparato la cena per lui e per Fuster, Randy tornò sul tetto; la pioggia era cessata e lui era pieno di idee e propositi per il giorno successivo, ma voleva vedere se la casa che aveva raggiunto alcune ore prima era ancora assediata, e ne ebbe subito conferma, ancor prima di usare il cannocchiale. Si avvicinò al bordo del tetto, si inginocchiò per poggiare i gomiti sul muretto perimetrale, in modo da avere una visione dettagliata della situazione intorno e, sperava, anche dentro la villetta. Rimase alcuni minuti ad osservare quella massa di corpi ammassati, cercando di carpire qualche movimento nella casa, attraverso le finestre, senza riuscire a scorgere nulla. Nel silenzio che era calato dopo la pioggia riusciva a sentire nuovamente i lamenti sull'altro lato dell'edificio, ma si accorse che altri lamenti provenivano anche dal parcheggio sul retro; si spostò per dare un'occhiata e constatò suo malgrado che, nonostante avesse lasciato il piccolo furgone a ostacolare parzialmente il passaggio, il piccolo piazzale era letteralmente invaso dagli zombie. La mattina successiva si svegliò alle prime luci dell'alba, si preparò una buona colazione, diede una generosa porzione di crocchette a Fuster e dopo essersi lavato e rivestito tornò sul tetto. La musica ed il panorama erano gli stessi della sera precendete, ma Randy ora aveva un piano, semplice e banale, ma lo ritenne adeguato alla stupidità degli zombie e si mise subito all'opera per vedere se avrebbe avuto successo: recuperò il rampino con la corda e lo lanciò in mezzo al piazzale facendolo rimbalzare tintinnando. Questo attirò immediatamente le attenzioni dei presenti che dopo un istante di stasi generale iniziarono a confluire verso il rampino. Randy si limitò a trascinarlo prima verso il vicolo, poi, seguendo il perimetro del tetto, sul lato dell'entrata principale, quello affollato. Come il giorno precedente, i corpi senza intelligenza comandati solo dall'istinto di cacciare, seguirono ottusamente quell'oggetto rumoroso liberando il piccolo parcheggio. Rimasero solo una decina di corpi a terra, alcuni morti schiacciati, altri ancora per così dire vivi ma orrendamente feriti o mutilati dalle ruote del muletto. Randy si preparò per uscire nuovamente, voleva soccorrere e anche semplicemente scoprire chi si stava nascondendo in quella villetta, indossando una robusta tuta da lavoro, un paio di guanti e sia sulle gambe sia sugli avambracci si fissò dei parastinchi trovati nello scaffale sportivo del supermercato. Si sentiva pronto e rapidamente scese la pila di bancali e armato di machete e dello zaino salì sul furgoncino e partì alla volta della villetta. Questa volta guidò più lentamente, guardandosi attorno in cerca di idee e quando fu ad un paio di isolati di distanza dalla villetta apparve quella che nella propria mente Randy definì artiglieria pesante: un camion della nettezza urbana. La strada era quasi completamente libera da zombie, ma i pochi presenti erano già stati richiamati dal rumore del motore del furgoncino. Randy affiancò il grosso mezzo bianco e verde abbandonato in mezzo ad un giardinetto condominiale, scese dal suo furgoncino e di slancio balzò sul camion chiudendo la porta. Davanti ai suoi occhi si presentò una serie di indicatori e pulsanti tra i quali dovette cercare per alcuni lunghi secondi la chiave, che fortunatamente era inserita; una volta girata per il primo scatto, quello dell'accensione del quadro elettrico, buona parte degli indicatori e pulsanti prese vita illuminandosi, Randy non perse tempo ed accese il motore: qualche singhiozzo e il potente ruggito del camion, sbuffando una nuvola nera dagli scarichi, riempì le orecchie di tutti gli zombie nel raggio di diverse centinaia di metri, che lentamente iniziarono a confluire in quella direzione. Randy riuscì a godersi la sensazione di potenza, dalla punta del suo piede destro tramite il pedale dell'acceleratore ed il filo ad esso collegato e tutte le altre componenti meccaniche, sprigionata da quel motore solo per pochi secondi, istanti in cui si sentì come un bambino, ma la realtà lo scosse quasi subito. La visuale, l'altezza, le dimensioni di quel mezzo gli infusero una sicurezza ed una determinazione tale da permettergli di giungere alla villetta con le idee chiare. Viaggiando a velocità sostenuta passò lungo il lato di ingresso della casa, il più possibile vicino alla cancellata, falciando decine di zombie, alcuni vennero sbalzati a diversi metri di distanza, altri furono schiacciati sotto le grosse ruote. Ripeté l'operazione sugli altri due lati esposti della casa, il quarto aveva troppe auto parcheggiate lungo la cancellata, finché la maggior parte degli zombie non furono morti definitivamente o feriti o mutilati, in generale resi inoffensivi; accostato il camion, che ora era rosso e verde, alla cancellata, Randy uscì dal finesrrino del camion saltando direttamente dentro al prato, nel quale vide giochi sparsi qua e là. L'idea di trovare un bambino lo colpì come uno scappellotto sulla nuca, facendolo sentire uno stupido per non averci neanche pensato. Si rese conto che era plausibile, un bambino che col suo pianto attira gli zombie, che non si fida di una voce sconosciuta che offre aiuto; Randy inconsciamente aveva sperato di trovare qualcuno che potesse aiutarlo, senza averne un'idea precisa, aveva sperato di trovare quantomeno un adulto, non un bambino da accudire. Ma avvicinandosi alla porta della casetta, solo socchiusa, era rassegnato all'idea di trovare un bambino, magari più di uno; era anche arrabbiato con sé stesso per la delusione che provava, per la rabbia di doversi sobbarcare un peso simile in una situazione già così tragica. Nel mondo di una decina di giorni prima il gesto di sfidare la morte per salvare uno, o più bambini, sarebbe stato eroico, da telegiornale della sera, ma nel mondo in cui era precipitato quel gesto, per quanto giusto, doveroso e coraggioso, rischiava di metterlo fuori gioco, o quantomeno di rendergli la vita ancora più difficile.
- Ehi... c'è nessuno? Ehi... mi chiamo Randy, c'è nessuno? Sono un amico... - disse Randy appena varcata la soglia, cercando di usare un tono di voce gentile, per non spaventare quello che ormai era convinto fosse almeno un bambino, o due, o una bambina, o due. Tese l'orecchio mentre osservava quel soggiorno, altri oggetti sparsi a terra, e dopo alcuni secondi sentì una combinazione di rumori, esclusi quelli che giungevano dall'esterno, che gli fece gelare il sangue nelle vene: qualcosa, o qualcuno, stava grattando il pavimento, lentamente, e contemporaneamente un rantolo, un ringhio sommesso vibrava nella stanza. Randy, insieme alla sicurezza e determinazione acquisiti alla guida del camion della nettezza urbana, era pietrificato in mezzo al soggiorno, senza riuscire a capire da che direzione provenissero quei due suoni spaventosi, soprattutto per ciò che rappresentavano. Nessun superstite, bambino o adulto, uomo o donna, da solo o in gruppo, solo un altro zombie, da cui ora si sarebbe dovuto difendere. In quegli attimi di allarme Randy ripercorse mentalmente il tragitto che dal camion l'aveva portato in quel soggiorno, il giardinetto pieno di giochi, attraversato senza fare troppo caso a ciò che vedeva, sopraffatto dalla vile delusione per aver trovato, pensava, un bambino, un inutile ed esigente bambino; e quella porta socchiusa, mancava qualcosa, qualcosa che c'era ma che non aveva visto, che il suo cervello non aveva ancora registrato. E intanto quell'insieme di rumori si fece inspiegabilmente più familiare, sempre meno preoccupante. Una cuccia, dei giochi, certo, una portina per poter uscire anche con la porta chiusa... un cane. Ora ne era sicuro, si sciolse completamente, si inginocchiò e iniziò a chiamare con voce suadente il cane che ancora non vedeva. Dopo alcuni secondi riuscì a distinguere il respiro dell'animale e ad individuare la sua posizione: era dietro la poltrona di pelle in fondo alla stanza. Con estrema lentezza e cautela Randy si avvicinò alla poltrona che ora pareva gemere di terrore, e quando si sporse su un lato vide una piccola palla grigia tremante con due occhi scuri terrorizzati. Era un cane, paralizzato dalla paura, sicuramente denutrito, ma a Randy piacque subito, al punto che dovette trattenersi dal provare a coccolarlo, preferendo utilizzare un approccio più cauto. Ci vollero quasi venti minuti, ma alla fine riuscì a prenderlo in braccio, quindi si sedette sul divano e lo accarezzò finché non smise di tremare. Dallo zaino prese alcune barrette di carne essiccata che spezzettò in piccole parti: il cane dopo una annusata di circostanza iniziò a mangiarne una dietro l'altra, arrivando a leccare la mano di Randy per chiederne ancora. Randy era felice, e, ne era certo, anche il cane. Era un maschio, di taglia media, dal pelo corto, grigio, sembrava giovane, magro ma in salute, al collare non aveva una targhetta con il nome. Randy decise che doveva portarlo via, cogliere quel momento per tornare al sicuro, si alzò quindi lentamente tenendo in braccio il cane. Uscì dalla casa e quando vide che il cielo nuvoloso ed ancora carico di pioggia era dello stesso colore del cane, decise che l'avrebbe chiamato Wolke.

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