23 - Randy, giorno 2

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Affacciato alla finestra della sua stanza, Randy aveva sotto gli occhi un mare di fuoco, che lambiva già le pareti della palazzina che ospitava il suo appartamento. A qualche isolato di distanza le fiamme erano più alte del secondo piano e Randy sapeva che presto l'avrebbero raggiunto. Questa consapevolezza paradossalmente lo tranquillizzò, e in quell'istante le fiamme divennero verdi, bellissime, un mare di fuoco verde che invece del fumo produceva un profumo di fiori e al posto del calore emanava una fresca brezza primaverile. Una voce lo chiamava, dalla sua stanza, ma lui era rapito da quello spettacolo e non voleva girarsi; la voce riprese insistente a chiamare il suo nome:

- Randy... Randy... Randy... - era suadente e rilassante e,!! lentamente, si faceva sempre più largo nella sua testa, e più la voce era insistente e più lo spettacolo davanti ai suoi occhi si faceva sfocato. Randy sapeva che la voce apparteneva a qualcuno che conosceva bene, era familiare, ma non riusciva a capire chi era a chiamarlo; decise quindi di voltarsi verso il buio della sua stanza ma non vide nulla. Ora si sentiva spaesato, la sua stanza era più che buia, era tenebra, e guardare quell'oscurità gli dava le vertigini. Si dovette tenere al davanzale della finestra, guardare quelle fiamme, ormai sfocate, come per prendere fiato, come se fossero le fiamme il suo rifugio e la sua stanza il pericolo da cui fuggire. E poi capì, la voce apparteneva a Fuster, il suo nuovo amico, il coinquilino, no, non coinquilino, Fuster era solo un gatto... ora le vertigini erano incontrollabili, il davanzale che doveva aiutarlo a trovare stabilità era diventato un qualcosa che lo trascinava sopra le fiamme, al quale Randy era aggrappato, non voleva precipitare su quel mare che fino a poco prima contemplava e dal quale traeva pace e tranquillità. Ma la velocità aumentava e Randy era al limite, le sue dita erano al limite e di colpo, come d'incanto, si trovò a planare su quel mare, un mare di mani protese verso il cielo, verso di lui, che si avvicinavano, anzi era lui ad avvicinarsi a loro, come un cantante che durante un concerto si lancia sul pubblico. La prima mano a raggiungerlo lo afferrò al piede sinistro, poi a pioggia tutte le altre lo presero e lo tirarono giù, sempre più giù, fino a stritolarlo.

Randy aprì gli occhi trovandosi in un bagno di sudore, il cuore che batteva all'impazzata e Fuster che dormiva con la testa appoggiata al suo piede sinistro. Dalla finestra proveniva un lieve bagliore, l'orologio da polso segnava le 5:49, era mattina. Randy impiegò alcuni minuti per riprendersi dal sogno che aveva appena fatto, e cercava di capire quanti e quali dei ricordi della sera prima fossero reali e quali e quanti no. Andò in bagno e si lavò il viso, si guardò allo specchio e nel riflesso, sopra la sua spalla, vide la finestra della cucina che incorniciava qualcosa di strano; dopo essersi sforzato inutilmente di interpretare quel piccolo spettacolo dal riflesso, si girò e andò a dare un'occhiata. La finestrella della cucina affacciava direttamente verso il parco, e oltre, verso il centro città: ebbene, il centro città era punteggiato di incendi, dai quali partivano colonne di fumo, le torri sbilenche che aveva visto riflesse nello specchio del bagno. Solo a quel punto, e questo lo fece riflettere, notò l'odore del fumo, fino a pochi istanti prima ignorato e ora così invadente e fastidioso.

Quell'odore non l'avrebbe più scordato, come una sorta di imprinting. Da quel giorno, e per sempre, quando sentiva odore di bruciato, di plastica e gomma e legno e chissà cosa bruciati, veniva investito da quella sensazione ti vuoto, di paura di cadere nel nulla, di solitudine, e allo stesso modo, quando ripensava a quei momenti, riusciva a sentire quell'odore terribile.

In quel periodo della sua vita Randy era solo, a parte la presenza di Fuster. Cerano alcuni amici, ma erano persone che considerava comparse utili solo per condividere qualche serata e poco più. Randy sapeva di essere un "poveraccio cinico che morirà solo", non per nulla la sua password del PC per un periodo era stata pccms. I parenti più prossimi erano degli zii che vivevano in Polonia e dei quali non ricordava neanche il nome esatto: Oleg e Edita? O Olaf e Edita? O Odeta? Erano comunque fratelli della sua nonna paterna e probabilmente non si ricordavano neanche di lui. La sostanza era che Randy era solo, e provava quel misto di tristezza, nessuno si sarebbe preoccupato per lui, ma anche di sollievo, non avrebbe dovuto avvisare né sincerarsi delle condizioni di nessuno. Ma che stava succedendo a quella gente là fuori? E al signor Laterk? Decise di fare colazione, caffelatte e qualche fetta biscottata con marmellata, e di dar da mangiare a Fuster, che non parve minimamente interessato, rimanendo acciambellato sul letto. Dopo aver finito Randy prese il binocolo dal suo zaino e si mise ad informarla osservare fuori dalla finestra. Dopo alcuni secondi di nulla iniziò a vedere cose che lo preoccuparono non poco. I focolai disseminati per il centro cittadino si stavano trasformando in un unico grande incendio, del quale Randy riusciva a sentire, nel silenzio quasi assoluto, un lontano ma comunque minaccioso suono. Sin chiese perché la città si fosse svuotata di suoni, traffico, persone, non era possibile che dalla sera al mattino tutto si fermasse. Nessuna sirena di polizia o pompieri, nessuna persona che, come lui, si ponesse le stesse domande. Che cosa poteva aver causato un cambiamento così radicale? E perché lui era ancora lì? Pensò anche all'eventualità di essere rimasto l'ultimo uomo sulla terra. Impossibile. Non riusciva a dare un senso alle ultime ore, e il sogno che aveva fatto contribuiva a confondergli le idee.

Quando, nella sua panoramica, cercò di trovare qualcuno per strada, un qualche segno di vita in quel paesaggio da città fantasma, abbassando il binocolo sulle strade che riusciva a vedere, rimase stupito nel vedere di nuovo quelle persone che vagavano barcollando apparentemente senza una meta precisa. Cercò di guardare il più vicino possibile, per riuscire a vedere in faccia qualcuna di quelle persone, e quando ci riuscì, istintivamente si ritrasse dentro l'appartamento, come per non essere visto. Lo sguardo era lo stesso che aveva la sera prima quello stronzo del padrone di casa, pensò, ma la cosa più che divertirlo, come sempre accadeva dopo aver insultato tra se e se il signor Laterk, lo preoccupò.

Ritenendo di essere sufficientemente al sicuro, al secondo piano, barricato in casa, si fece coraggio e si riaffacciò per vedere di nuovo quelle persone. Passò la mezz'ora successiva ad osservare, sempre meno spaventato, ma con un'ansia crescente, quelle persone per cercare di capire, di carpire qualcosa. Con gli occhi che gli bruciavano andò di nuovo in bagno a rinfrescarsi e si accorse di avere i segni del cannocchiale sugli occhi. La cosa lo fece sorridere, ma dentro avrebbe voluto piangere, avrebbe dedidersto attirare l'attenzione di qualcuno di più forte di lui e di ricevere rassicurazioni e spiegazioni, come farebbe un bambino. Tornò a sedersi sul letto e accarezzando Fuster iniziò a riflettere su ciò che aveva visto: tutti avevano quello sguardo, tutti vagavano senza meta, tutti ignoravano tutti, nessun segno di interazione; alcuni erano feriti in modo lieve, altri, pochi, con ferite preoccupati, vestiti zuppi di sangue, ma tutti, compresi quelli messi peggio, vagavano senza parlare nè lamentarsi. Senza quasi accorgersene volle fare un esperimento. Si alzò di scatto, andò in cucina e prese una vecchia pentola di rame che era appesa a prendere polvere sulla parete; si affacciò dalla finestra che dava sul vicolo e la lasciò cadere. Il rumore prodotto fu come quello di un campanaccio che viene preso a martellate. E, come forse aveva immaginato, neanche lui lo sapeva con certezza, tutte quelle persone che fino a poco prima vagavano disordinatamente, si voltarono e presero a camminare verso il vicolo. Dopo pochi minuti Randy contò 39 di quei cosi (non voleva più chiamarle persone) popolare il vicolo sotto la sua finestra.

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