Nella testa di Randy la confusione era così forte da intontirlo. Si rese conto di aver seguito con lo sguardo l'auto, ruotando sul tallone e alzando il braccio come a indicare a qualcun altro la macchina che ormai era lontana, ma della quale sentiva ancora perfettamente il rumore. Aveva anche la bocca aperta, come a voler urlare qualcosa, ma senza voce. Era bloccato, come quei pc sui quali vengono installati troppi programmi e che impiegano diversi secondi per rispondere ai comandi. E poi, come se un qualche nerd smanettone avesse disinstallato tutta la robaccia inutile, deframmentato il disco e svuotato il cestino, il cervello di Randy riprese a funzionare, riprendendo il controllo sul corpo. Si guardò intorno, e istintivamente il suo sistema operativo elaborò un elenco di ciò che non tornava: nessuno dei pedoni sembrava minimamente interessato a soccorrere le due vittime dell'auto pirata; le vittime dell'auto pirata erano sparite, o quanto meno non erano più a terra; dopo il passaggio della macchina le persone, che prima vagavano per le corsie in ordine sparso e senza una ben precisa direzione, ora sembravano indirizzate verso la sua destra, da dove proveniva solo più il lontano rumore del motore; nessuno diceva una parola, compreso Randy in effetti, si sentiva solo il rumore dei passi; tutti avevano una andatura scomposta, tra il barcollante di un ubriaco e lo zoppicante di uno storpio. Tutte queste considerazioni elaborate da Randy in una frazione di secondo, questi input, generarono un unico, semplicissimo e imperativo output: TORNA A CASA RANDY.
E Randy eseguì, correndo, chiedendosi se l'aumento dei battiti del cuore faceva aumentare in lui una sensazione di panico o viceversa.
E mentre superava a tutta velocità il portoncino che conduceva alle scale della palazzina vide, appoggiato al muro, contro le cassettine della posta, il suo padrone di casa, nonché vicino di pianerottolo, il vecchio Laterk. Randy usò la presa che ancora aveva sulla maniglia del portone per arrestare la sua corsa, un po' per avvisare di quanto aveva appena visto, e un po' per evitare di essere richiamato alla calma dal vecchio, che di solito non perdeva occasione per lamentarsi.
Col fiatone e il panico trattenuto a stento Randy si rivolse a Laterk:
- Signor Laterk, buonasera, non avete idea di che cosa sta succedendo là fuori. Ho visto un'auto travolgere due persone, persone che camminavano in Slaghterstrasse, come se fosse una via pedonale, e nessuno a detto nulla, e si sono rialzati... signor Laterk...
Randy si rendeva conto di non essere stato chiaro nella spiegazione, ma la cosa che più lo preoccupò fu la non reazione del vecchio, che non si era nemmeno voltato a guardarlo. Per quanto anziano, malandato e mezzo sordo, il vecchio si sarebbe dovuto accorgere della sua entrata in scena, ma non parve rendersi conto di nulla, rimanendo quasi completamente fermo nella stessa posizione.
- Signor Laterk, ha capito? Si sente bene signor Laterk? Ehi, mi sente?
Mentre parlava Randy si avvicinò al padrone di casa, allungando una mano per poggiarla sulla sua spalla. Il contatto tra la mano del giovane e la spalla del vecchio ebbe l'effetto di una scarica elettrica su quest'ultimo, che parve risvegliarsi da una sorta di torpore, voltandosi di scatto verso Randy che balzò istintivamente all'indietro per lo spavento.
Il signor Laterk era diverso da come lo ricordava Randy, dall'ultima volta che l'aveva visto meno di un mese prima. Non era invecchiato, no... era diventato un qualcosa di orribile, il viso era contratto in un orribile ghigno che mostrava i denti gialli, gli occhi erano vuoti, bianchi, come fossero stati invasi da una cataratta ributtante.
Ora Randy aveva tutta l'attenzione di quello che fino a qualche ora prima era il suo "vecchio padrone di casa scassapalle" e per un istante provò una sorta di compassione, che divenne pietà, per poi tornare allo stupore e alla paura. Aveva ancora l'eco del TORNA A CASA RANDY nella testa, e decise di non farsi altri scrupoli o domande e di seguire quell'indicazione. Senza aspettare oltre si lanciò verso le scale vedendo con la coda dell'occhio il vecchio che cercava di avventarsi su di lui. Terrorizzato dal pensiero che se fosse rimasto fermo ancora un secondo il signor Laterk sarebbe riuscito a prenderlo, Randy divorò le quattro rampe di scale e si fondò nel suo appartamento.
Seguendo come un automa una procedura che ben conosceva, si occupò di: chiudere la porta a chiave; fissare la sbarra di rinforzo antisfondamento; spegnere tutte le luci; controllare le finestre e provvedendo ad avvicinare le persiane; controllare che tutte le stanze (cucinino, bagno, sgabuzzino) oltre alla sua stanza fossero sgombre da intrusi. E qui la visione di un'ombra che spariva dietro al tavolo della cucina lo fece prima rabbrividire, poi infuriare, poi sorridere: Fuster era saltato giù dal tavolo. Lo chiamò sottovoce, con quel tono che vorrebbe essere un urlo e al contempo un sussurro, e il gatto per una volta si degnò di ascoltarlo, seguendolo trottando nel laboratorio-studio-camera da letto.
Qui Randy, muovendosi nel buio aiutato solo dalle luci dei lampioni e di qualche insegna che filtravano dalle persiane, si diresse verso l'armadio che custodiva gran parte di quella che lui definiva dotazione di emergenza. Prese la piccola torcia a led e puntandola contro il copriletto controllò che le batterie fossero cariche accendendola per una frazione di secondo. A questo punto si sedette sul letto, ruotò di novanta gradi alzando le gambe e si stese con un sospiro. Doveva riordinare le idee, doveva ripensare con un minimo di calma a quanto aveva appena visto, doveva capire che stava succedendo.
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Assedio zombie
Science FictionI più fortunati, forse, non sono i sopravvissuti, costretti a sudarsi ogni istante, ma gli altri, le vittime, quelli che non dovrebbero camminare ma lo fanno.