26 - Goran, giorno 2

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Goran si svegliò alle prime luci dell'alba, cosa che non gli capitava dai tempi dell'addestramento, alcuni mesi prima. In quel periodo la sveglia era tutt'altro che dolce: il caposquadra Matten che uralava insulti e minacce e che dava tre minuti e trenta secondi per svegliarsi, lavarsi, vestirsi e rifare la branda. In realtà quei risvegli erano meno traumatici man mano che passavano le settimane, ma non sarebbe mai riuscito a farci l'abitudine. L'unica consolazione era che quello stronzo di Matten doveva svegliarsi prima di loro per tirarli giù dalla branda in quel modo. Quella mattina però Goran si svegliò molto bene: il sonno era stato profondo, abbondante per i suoi standard, aveva anche fatto un bel sogno, c'entrava sua mamma, non ricordava altro, ed era stato il canto di un gallo ad interrompere l'idillio. Rimase un secondo a godersi la comodità del letto, senza ricordare che cosa ci fosse di strano in tutto ciò. Poi, con la velocità di un treno in corsa, dapprima piccolo e quasi immobile, velocissimo e potente al punto da causare un forte spostamento d'aria al suo passaggio, gli tornò tutto in mente, regalandogli una sensazione di enorme pericolo e paura. Ora era allarmato. Doveva controllare di essere al sicuro, perlustrare la casa, ma si sentiva paralizzato a letto. Poi, come in preda ad un attacco isterico, si alzò e fece un rapido giro della casa, prese il fucile e scese al piano di sotto. Qui trovò tutto come l'aveva lasciato, compreso quei dannati pazzi o ritardati che evidentemente si erano svegliati prima di lui. Cercò di guardarli meno possibile, vide che comunque erano altri rispetto a quelli che aveva visto il giorno prima. Diversi gli individui ma identiche le movenze e l'aspetto: alcuni con qualche brutta ferita, altri no, ma tutti con quello sguardo al tempo stesso assente e mostruoso.

Tornò al piano di sopra e iniziò a pensare al da farsi. Affacciandosi dal terrazzino vide che la strada era piena di quelle persone-cose, e che sullo sfondo la città era sovrastata da una cappa di fumo che, come la sera precedente, veniva placidamente alimentata da più focolai. Non riusciva a vedere segni di vita normale, movimenti che non fossero quei dannati schifosi. Si ricordò della TV e andò nel soggiorno ad accenderla. Dopo dieci minuti di paziente zapping non riuscì a vedere nulla che non fossero pubblicità, televendite, serie TV anni 90 e molti segnali automatici di sospensione momentanea delle trasmissioni, una delle quali, quella di ToonTV, che consisteva in una vignetta che ritraeva un cameramen ubriaco che dormiva sulla telecamera, riuscì a farlo sorridere. Ma come la sera precendete, quando né vide lampeggianti né sentì sirene, anche questo lo interpretò come un brutto, bruttissimo segnale.

Contò quante pallottole aveva a disposizione: erano 42. Pensò che doveva provare a saperne di più di ciò che era successo, ma non sapeva come. Decise, dopo aver mangiato, di capire meglio come reagivano quelle cose; iniziò tornando sul terrazzino e cercando, in silenzio, di attirare la loro attenzione agitando le braccia. Alcuni di loro parvero notarlo e iniziarono a muoversi verso la sua direzione; lui si nascose rapidamente sotto il parapetto e aspettò qualche minuto. Dopo aver aspettato quella piccola eternità, si rialzò e vide che quelli che prima avevano reagito, ora erano mescolati agli altri, disinteressati, vagando senza meta. Decise di provare a fare un qualche rumore, e non avendo avuto idee migliori, gridò un "ehi" del quale si pentì dopo circa mezzo secondo. La reazione di quelle che ora per Goran erano cavie da laboratorio fu immediata e preoccupante: tutti, letteralmente tutti quelli che lui riusciva a vedere lungo la via si voltarono con sorprendente rapidità, rispetto a quello che aveva visto fino a quel momento, e iniziarono a confluire verso il minimarket come una folla che si accalca sotto al palco del gruppo di turno.

Dopo meno di cinque minuti il pubblico sotto al terrazzino era di almeno una cinquantina di spettatori che a suon di versi gutturali e sibili e altri suoni tutt'altro che confortanti parevano da un lato reclamare una performance, dall'altro richiamare altri spettatori.

A quel punto Goran era furioso con se stesso per la stupidaggine.

- Adesso l'hai capito che ci sentono bene eh stupido idiota? - si diceva da solo - stupido stupido idiota hai invitato a pranzo i cannibali eh? -

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