17 - Il mondo, giorno 30

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Un mese dopo l'inizio della fine del mondo i cambiamenti erano già evidenti, ma erano pochi i fortunati, o sfortunati, a poter notare la cosa. Il giorno prescelto per spingere il mondo verso il baratro fu il 27 aprile 2019, una data scelta con particolare cura. E già alla fine di maggio la popolazione mondiale era stata ridotta drasticamente, il 99,9998% dei quasi 7 miliardi di un mese prima erano o definitivamente morti, circa un terzo, o parzialmente morti. Questo significa che i sopravvissuti erano poco più di centomila, gli zombie più di 4 miliardi.

A questa sproporzione a svantaggio dei superstiti si devono aggiungere alcune piccole problematiche associate alla sparizione improvvisa della razza umana: delle circa 500 centrali nucleari sparse in giro per il mondo, lasciate quasi da un giorno all'altro senza controllo, la metà si sono disattivate automaticamente, mentre quasi altrettante hanno avuto qualche problema di surriscaldamento, di fusione del nocciolo, e della conseguente esplosione. La buona notizia è stata che alcune decine di migliaia di zombie sono stati polverizzati. Tutte le altre non sono buone notizie.

Altri disastri sono stati causati da cedimenti di bacini di raccolta per la produzione di energia idroelettrica, oltre alla presenza di incendi incontrollati che proseguono inesorabili praticamente dal primo giorno.

Considerando che i droni modificati per diffondere il contagio hanno toccato i duecento centri urbani più popolati e che hanno terminato il loro viaggio di contaminazione in altrettante località relativamente remote, non ci sono zone specifiche del mondo dove il contagio non sia avvenuto, direttamente o indirettamente. I sopravvissuti alla prima ondata di diffusione aerea sono stati, come da previsioni, circa lo 0,2%, una percentuale bassissima dovuta ad una particolare combinazione genetica: banalmente, il pH delle mucose che rivestono le vie respiratorie dei soggetti scampati alla prima ondata è troppo alto e rende i prioni inefficaci.

Laddove l'aerosol prionico non è stato efficace, giunge il morso dell'infetto di turno. Ora, considerando i test effettuati dal dr. Stix, il tempo impiegato dal prione per prendere il controllo dell'ospite era stato stimato in circa due ore per ferite lievi agli arti, circa quindici minuti per ferite importanti al collo o comunque vicino alla testa.

Quindi la piccolissima popolazione di esseri umani sani ancora presenti sul pianeta era o immune all'aerosol prionico, o viveva in zone non coinvolte direttamente dallo stesso, e in seconda battuta o per fortuna o per capacità era riuscita a trovare un luogo sicuro dove rifugiarsi e iniziare la nuova vita.

Praticamente tutti erano, almeno inizialmente, soli o raccolti in piccolissimi gruppi, fatta eccezione per quattro situazioni particolari. Il gruppo di dipendenti della Ittika, azienda specializzata nell'allevamento di pesci nel nord dell'Australia, composto da 25 tra dipendenti e clienti in visita allo stabilimento. Un intero villaggio boliviano, La Vadilas, di circa 184 abitanti, circa perché ad un mese dall'inizio della fine, tre sono le donne incinta e due sono gli anziani morti per cause naturali. Una squadra di scienziati a bordo di una rompighiaccio, la Luponx, composta da 36 tra biologi marini, marinai e 6 ospiti-finanziatori. Navigando nel mare di Davis, in Antartide, questo gruppo si unirà con altri nuclei rimasti immuni al contagio: gli occupanti di alcune stazioni antartiche. E infine "loro", al sicuro, organizzati, pronti psicologicamente e concretamente ad affrontare come da previsioni, altri 23 mesi nei rifugi NexP. Queste quattro realtà, sono, al 27 maggio, le uniche comunità al mondo dove si respira ancora un'aria di quasi normalità. Per decine di migliaia di altre persone invece la realtà è molto più cruda, e dopo il primo mese di resistenza, per molti le difficoltà iniziano a diventare gravi, se non insormontabili. Il cibo, l'acqua, la salute fisica e mentale sono le priorità comuni a tutti. A queste esigenze, che costantemente contribuiranno a ridurre il numero di sopravvissuti, se ne affiancano altre, dalla volontà di scappare a quella di lottare, a quella di rimanere al sicuro e aspettare.

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