Capitolo 9-Milano

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Appoggia la fronte al finestrino, mentre il panorama le scorre davanti al viso. Il cartello che  annuncia l'arrivo alla stazione di Milano le scorre rapidamente sotto gli occhi e sorride appena.
Sente già il profumo di casa, l'abbraccio dei suoi genitori che le mancano ogni giorno di più, da quando è svanito il suo sogno di famiglia.
Si rassegnera' mai?
Avrà mai fine quel senso di vuoto che le stringe la gola ogni volta che ci pensa?
Forse se non fosse tutto finito avrebbero potuto riprovarci, tante volte il pensiero l'aveva sfiorata, ma l'aveva respinto nell'angolo più nascosto del suo animo.
Quella notte, mentre si rigirava nel letto cercando di prendere sonno, non faceva che tornarle in mente il calore che le aveva trasmesso il suo abbraccio e l'eccitazione che le aveva scatenato il tocco delle sue mani quando si erano infilate sotto il vestito con possesso, ed aveva avvertito il suo desiderio.
Perché anche se era stata lei a volerlo, lui aveva risposto a quel bacio con la stessa frenesia e quando i loro occhi si erano incrociati, per un lunghissimo istante, lei vi aveva letto qualcosa di intenso oltre al desiderio fisico, c'era un mondo nel quale per un attimo era precipitata.
Era il loro spazio, quello in cui avevano condiviso tutto, in cui si erano svelati, in cui la tenerezza li aveva avvolti, nel quale trovare rifugio. Per un attimo lo aveva rivisto nel suo sguardo e ne era rimasta scossa.
Era tanto che non pensava a lui, imponendosi di annullare il suo ricordo ed ora tutto la tornava a travolgere, con la stessa immutata emozione da stringere il petto. Chiudendo gli occhi lo può vedere quel tempo solo loro nel quale si isolavano spesso, lasciando fuori il mondo, ed è ciò che più le manca. Più del contatto fisico o delle parole dette, più dei baci. Sono quei momenti in cui restavano abbracciati ad ascoltare il battito del cuore dell'altro e lasciavano che i silenzi parlassero per loro, che raccontassero quanto non avessero bisogno di parole per essere in perfetta sintonia, erano silenzi dolci, che carezzavano l'anima. Con un ultimo singulto il treno prende possesso della stazione, costringendola ad abbandonare i ricordi per recuperare la valigia e portarsi all'uscita. Suo padre la aspetta all'uscita del binario e Giulia gli corre incontro tuffandosi nelle sue braccia amorevoli.
Restano stretti per un lungo minuto, mentre lei ritrova quel posto che ha sempre meno spazio, man mano che cresce e le sue braccia riescono ad avvolgerla con più fatica.

"Sei dimagrita, adesso ci pensa mamma a farti tornare l'appetito è da stamattina che non fa che sfornare torte e pizze. Sembra che debba sfamare un esercito."

Giulia sorride, pensando alla quantità di cibo a cui dovrà dire di no, ma è il modo in cui sua mamma le dimostra l'affetto e cercherà di riempirsi la pancia, per quanto possibile.

" Come stai piccola? Tutto bene in accademia?"

Giulia annuisce, con un sì sussurrato appena, un tempo suo padre le avrebbe chiesto anche altro, un tempo lontanissimo.

"Sono qui a Milano non solo per voi, devo partecipare ad un'audizione per un corpo di ballo che accompagnerà un gruppo in tour, quest'estate, è una buona occasione ed avrò il tempo di diplomarmi a Maggio. Mi sembrava giusto provarci."

"Hai fatto benissimo tesoro, del resto è quello che vuoi fare nella vita, noi siamo con te sempre, ricordalo."

Le passa il braccio intorno alle spalle, mentre si incamminano verso la macchina, e lei si sente protetta da quel gesto.
Mettendo piede in casa, in quel luogo che l'ha vista felice e poi crollare ripiegata su sé stessa nell'ultimo anno, avverte una strana sensazione, come se il tempo si fosse fermato. Nella sua camera ci sono ancora i ricordi felici chiusi in un cassetto, di cui non è riuscita a liberarsi. Li aveva portati li, perché non sopportava di averli sotto gli occhi tutti i giorni, ma non era riuscita a liberarsene definitivamente. In quel cassetto, chiuso rigorosamente a chiave, ci sono le loro fotografie, quei fogli di quaderno scritti a mano che entrambi ogni tanto si scambiavano, un po' per gioco e un po' per comunicarsi delle emozioni e le tracce di quei pochi mesi felici: il test di gravidanza che lui aveva voluto conservare e quelle piccole scarpine, che erano state il suo ultimo regalo.
La chiave l'ha consegnata a sua mamma, con la preghiera di tenerla in un luogo sicuro e nascosto. Entrando, la prima cosa che aveva fatto era stata andare ad abbracciarla. In quel tenersi strette c'erano tutte le parole non dette per paura di ferire e le preoccupazioni per l'umore in bilico sull'orlo di quel precipizio che aveva rischiato di inghiottirla più volte. Ma ogni volta se ne era tirata fuori, con una forza e determinazione che sua mamma aveva sempre ammirato.

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