Capitolo 28- Vertigine

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"La Vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare"

Le immagini si muovono confuse davanti ai suoi occhi, e nella sua mente. È come essere sull'orlo di quel precipizio che ti attende, se oscilli in avanti sulle punte dei piedi lo senti che ti chiama a gran voce, è lì per te e ti chiede di accoglierti, invitante.
Se arretri sui talloni te ne allontani leggermente, ma lo senti il suo richiamo, la senti la sua presenza ingombrante, lo avverti che puoi cadere anche solo se cambia il vento. E ti gira la testa, una vertigine che riempie i tuoi sensi mentre lo stomaco si contrae dolorosamente, sempre di più, fino a serrarsi totalmente e non lasciarti scampo.

Mi muovo verso di lei; è così radiosa mentre sorride a tutti, parlando con un gruppo di suoi amici, le gote leggermente arrossate per il caldo e quel vestito bianco che la fascia alla perfezione, lasciando scoperte le gambe ed evidenziando quell' accenno di rotondità sui suoi fianchi, appena visibile, ma che ho imparato ad amare oltremodo. È così affascinante come il corpo di una donna si adatti e si trasformi per accogliere una nuova vita, che mi fa tremare leggermente, più la guardo e più la trovo incantevole e non vedo l'ora di meravigliarsi per tutte le future trasformazioni che avverranno in lei, perché sono sicuro la renderanno ancora più bella.
Mi blocco preda di una consapevolezza che mi provoca un brivido sulla schiena, rischiando di rovesciare il contenuto dei bicchieri che stringo nelle mani, farò di tutto per proteggere questa mia nuova famiglia, qualsiasi cosa accada d'ora in poi ne sono responsabile.
Mi avvicino cautamente alle sue spalle e mi abbasso leggermente per baciarla fra i capelli. Sorride voltandosi, in quel modo tenero che le illumina il viso e rende il mondo un posto meritevole di essere abitato.

"Mi hai portato da bere? Sto morendo di sete."  Poi avvicina le labbra al mio orecchio, per sussurrare qualcosa.
"In realtà mi scappa da morire, ultimamente è un continuo andare in bagno. Forse dovrei bere un po' meno." La sento ridere, mentre le porgo il suo succo di frutta.

"Bevi prima questo, almeno ti passa la sete." Le strizzo l'occhio, so che ha passato un periodo pesante dovuto alle nausee e non si è mai lamentata, anche se sul suo viso si notava il pallore della sofferenza, ora che un po' di colore è tornato sulle sue guance, ci tengo che possa star bene.
Mi guarda reclinando la testa di lato.

"Tu però non esagerare, mi devi portare a casa."

"Tranquilla, è solo il secondo bicchiere."

Per tutta risposta mi da un bacio sulla guancia con gli occhi che brillano felici, sorseggiando il suo succo e sollevando lo sguardo su di me ogni volta che stacca le labbra dal bordo del calice.
Finito di bere mi restituisce il bicchiere.

"Mi sa che non posso rimandare."
La accompagno con lo sguardo mentre si avvia verso il bagno, il passo spedito mentre sistema i capelli e la sua risata che risuona ancora nelle mie orecchie, che ha il sapore della felicità.

Si muove nella penombra della stanza, aprendo gli occhi con ancora il ricordo di quel sogno stampato nella mente, con tutto il carico di emozioni che lo accompagna. Ancora un risveglio in quella stanza d'albergo che ha imparato a detestare cordialmente, per fortuna l'ultimo. Fra poche ore ha il treno per Roma che lo riporteta dalla sua famiglia e da lei, dopo un lungo mese. Per quanto sia stato un mese denso di bellissime emozioni, ad  incominciare dai live e dal contatto con un vero pubblico, che lo ha gratificato e fatto sentire apprezzato, non ne può più di quella camera d'albergo e di cene nei ristoranti o in stanza da solo, ha voglia di casa e di famiglia. Sistema le ultime cose nella valigia e chiama il taxi che lo porterà alla stazione. Il viaggio in treno trascorre lentamente, non vede l'ora di arrivare a destinazione perché ha progettato di fare una sorpresa a Giulia e non l'ha avvertita del suo arrivo. È domenica e si è informato da Serena che lei sarà a casa a riposarsi, visti i carichi di lavoro pesanti dell'ultimo mese. Le ha fatto credere che sarebbe partito il giorno dopo, così da poter presentarsi a casa sua, mentre non lo aspetta.
Quando si trova davanti alla porta il suo cuore prende a tamburellare nel petto, come se avesse avvertito che fra pochi istanti potrà riappropriarsi dei suoi occhi, per non lasciarli andare più. Deve suonare più volte il campanello prima che lei venga ad aprire e per un attimo teme che non sia in casa e che all'ultimo abbia deciso di uscire.
Invece dopo un paio di minuti si affaccia alla porta, gli occhi socchiusi ed il viso di chi si è  appena svegliato, scalza e coperta da una canottiera ed un paio di short. Si stropiccia gli occhi con le mani, incredula, temendo di avere di fronte una visione, poi quando realizza gli si butta addosso, rischiando di farlo cadere.

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