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Hawkins era una città ammantata nella nebbia – eravamo soltanto a inizio ottobre ma, quella mattina, il cielo era scuro e i nuvoloni che si addensavano a est non promettevano nulla di buono, donando una rigida sensazione di freddo.

Foglie sparse ricoprivano i lunghi viali con colori rosso-aranciati, intasando tombini e rendendo difficile la loro percorrenza.

Mi strinsi ancora di più nel giubbino di pelle, sollevando il cappuccio della mia felpa e richiudendomi la porta di casa in Piney Wood Drive alle spalle. Osservai l'orologio: le otto e quarantasette. Cazzo. Avevo esattamente tredici minuti per arrivare al lavoro.

Non ce la farò mai.

Cominciai a tremare dalla tensione, mi guardai intorno e agguantai la bicicletta marrone scolorito di mio cugino, fin troppo piccola per me.
Sospirai e la inforcai.
Attraversai a tutta birra Randolph Lane, coprendomi ancora di più il volto con il cappuccio della mia felpa bordeaux, per quanto possibile.
Ignorai più che potei le risatine che qualche mio compagno di scuola, mattiniero come me, mi stava rivolgendo mentre gli sfrecciavo davanti, scattante come mai prima di allora.

Altra occhiata all'orario, che mi diede un'ulteriore scossa a decidermi di tagliare per il sentiero; lunghi brividi cominciarono a percorrermi il corpo mentre più lentamente deviavo dalla strada. Allungai il braccio destro a mo' di freccia e cominciai a pedalare più veloce. Passare da quella parte era sempre stato fonte di ansia, forse per le storie che si sentivano in giro e che mi aveva raccontato Dustin, mio cugino.

Riuscii ad arrivare a Mulberry Street appena in tempo. Frenai, sgommando, davanti al Melvald's, smontai davanti all'insegna del "Neil's Records" – il negozio di dischi e strumenti musicali dove lavoravo da qualche mese e, tutta trafelata, mi misi a rovistare nella mia cartella alla ricerca delle chiavi della dannata saracinesca in grigio arrugginito.

Abbassai il cappuccio, cercando invano di aumentare la mia concentrazione per trovare il mazzo di chiavi corretto, quando una goccia cadde dall'alto, posandosi proprio sulla mia frangetta.

Tanto spazio dove cadere, proprio lì.

Sbuffai, sollevando il ciuffo con il mio fiato caldo.

Tolsi tutti i catenacci e alzai la serranda. Per farla salire insù, dovetti fare qualche saltello. Dopo un po' di tentativi ci riuscii.

Maledetta altezza che non ho!

Entrai e clic dopo clic illuminai il grande open space pieno di scaffali in legno scuro, al cui interno erano stipate pile e pile di dischi, musicassette, vecchi vinili e strumenti musicali di ogni tipo.

La solita zaffata di polvere mista all'odore di sandalo e legno vecchio mi avvolse totalmente.

«Il sabato mattina dovrebbe essere illegale svegliarsi presto!» esordì la mia compagna di scuola, nonché collega, Robin Buckley, mentre indossava il gilet verdone con il logo bianco e rosso del negozio, facendomi sobbalzare. «Tieni!» e mi mise davanti un bicchiere fumante di caffè. Cominciai a indossare la divisa a mia volta, mentre gli occhi verdi di Robin mi osservavano, spuntando dalla frangetta biondo-rossiccia.

«Sei la migliore, lo sai?» dissi riconoscente mentre soffiavo sulla bevanda.

«Sì, ma ogni tanto è giusto che qualcuno lo ricordi!» continuò lei, con un ghigno soddisfatto.

Sorrisi e cominciai a sistemare le scatole con i nuovi arrivi, che se ne stavano a ronfare placidamente da almeno un paio di giorni sul pavimento.

Era il 1985 e cominciavano a fare il loro ingresso i primi cd musicali. Naturalmente a Hawkins quasi nessuno possedeva un lettore cd, ma il signor Neil, il nostro capo, ci teneva a far vedere quanto il suo negozio potesse essere all'avanguardia.

Take on me - Eddie MunsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora