29.

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Appena i miei amici furono andati via cominciammo a smontare gli strumenti – ormai ero parecchio su di giri e facevo le cose molto a rallentatore. Ci mettemmo a sgomberare e a caricare tutto sul van di Eddie, ma io ero di molto poco aiuto e cominciavo a chiedermi come mai non avessi accettato l'invito di Steve di tornare a casa.

Quando salutammo i ragazzi della band e finalmente salimmo in macchina mi sembrò di essere in paradiso – mi ero stancata molto a fare su e giù dal palco e a stare sempre a mille e l'adrenalina del concerto stava scivolando via, lasciando posto alla stanchezza che la birra aveva dato una spinta a fare aumentare.

<Che ne dici di festeggiare la serata, io e te?> mi propose lui, ammiccando.

<E in che modo vorresti festeggiare, scusa?> gli lanciai un'occhiata circospetta.

<Ho un po' di erba pipa a casa, che ne dici? Ti può allettare l'idea?>

<Mmm... forse.>

Ero già parecchio su di giri e cercavo di tenere sotto controllo il mal di testa dovuto all'alcool, fumarci sopra avrebbe potuto essere un'idea ottima o pessima, io optavo più per la seconda, ma non avevo voglia di concludere la serata, o meglio volevo ancora rimanere con lui. Internamente mi battei una mano sulla testa. Ero patetica.

Come se la mia risposta fosse stata un sì di default, il mio pilota guidò fino a casa sua, scendemmo e mi aprì la porta d'ingresso con un inchino.

<Prego, scassinatrice.> ridacchiai.

Ormai trovarmi in quella casa non lo trovavo più strano, anzi cominciava a sembrarmi familiare – i suoi odori, i colori dati da un'eccessiva quantità di cappelli appesi al muro o dalle tazze che spiccavano in bella vista in cucina.

<Ma tu sei sempre solo?> domandai.

<La sera quasi sempre, zio Wayne fa spesso il turno di notte in fabbrica, è quello pagato meglio ma che nessuno vuole fare mai.> scrollò le spalle. <Vieni.> mi prese la mano e mi condusse in camera sua.

Piccole scossette cominciarono a risalirmi il braccio.

Chiuse la porta e cominciò a rovistare nella sua scatola nera, poi si accomodò sul letto e mi fece cenno con la mano di sedermi vicino a lui. Prima di accomodarmi però feci un giro tra i suoi dischi e ne trovai uno che mai mi sarei aspettata di trovare: Temptation dei New Order!

<No way!> esclamai sconvolta mentre tiravo fuori dalla pila quel vinile in particolare.

Lui sorrise, mentre leccava le estremità della cartina.

<Mi hai scoperto, è uno dei miei peccati inconfessabili!> alzò le mani in segno di resa.

<E tu che mi hai tanto preso in giro per i Joy Division, poi ascolti la loro versione dance?> ero sconvolta e divertita allo stesso tempo.

<Mi piace quella canzone.> scrollò le spalle, mentre accendeva la sigaretta.

<Non riesco a capire come ho fatto a non notarlo la scorsa volta!> ero ancora incredula.

Misi il disco nel mangiadischi e le note di Temptation cominciarono a riempire l'aria.

Era un effetto quasi surreale, Edward Munson, il metalhead per eccellenza che ascoltava i New Order.

<Sempre da quelli più insospettabili...> lo presi in giro, mentre lui mi passava la sigaretta.

<La smetti adesso?>

<Di prenderti in giro? Giammai!> cominciai a ridere, mentre cacciavo via il fumo dalla bocca.

<Guarda che poi mi vendico!> esclamò.

Take on me - Eddie MunsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora