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Come spiegare i giorni passati con Eddie? Stare con lui era come essere in una bolla che mi proteggeva da tutte le ansie che quotidianamente mi infestavano. A malincuore aveva accettato di non pubblicizzare la nostra ehm, qualsiasi cosa eravamo, a scuola, ma puntualmente mi accompagnava al negozio quando ero di turno, a volte fermandosi un po' più del dovuto (per la mia gioia, un po' meno per quella di Steve), mi lasciava bigliettini divertentissimi nell'armadietto e, inoltre, ci vedevamo un paio di pomeriggi a settimana con le prove con la band, dato che il sig. O'Connor ci aveva chiesto di far diventare la serata del martedì un appuntamento fisso, visto il successo che i ragazzi avevano ottenuto la scorsa volta.

Eravamo giunti alla fine di ottobre e Halloween era alle porte, non che mi interessasse la festa di per sé, ma perché il giorno dopo sarebbe stato il mio compleanno. Sì, ero nata il giorno della festa dei morti, quasi come se avessi avuto un destino infausto già segnato dalla nascita. Di norma, adoravo festeggiare, soprattutto se ripensavo alla festa di due anni prima, i miei 16 anni, dove mio padre se ne era uscito con una costosissima Gibson Les Paul vintage del 1957 nera e mia madre lo aveva rimproverato, tanto per cambiare! I miei mi avevano organizzato una festa stratosferica affittando una famosa villa alle porte di Chicago a cui aveva praticamente preso parte tutta la mia scuola, e molti amici e colleghi dei miei. Ecco, con il senno di poi potevo dire che quello era stato l'ultimo evento felice che avevo festeggiato con la mia famiglia. Poi era stato lì che James mi aveva regalato l'anello di Cartier, mostrandosi a tutti i nostri compagni come il perfetto principe azzurro. Aprii e chiusi la mano destra e il dolore arrivò puntuale a farmi compagnia.

Scossi la testa decisa a non pensarci e mi concentrai sulla lezione di economia. Mrs. Tingle aveva deciso di assegnarci un compito particolare per quella settimana, dovevamo simulare la vita domestica di una tipica famiglia americana. Io, con mio dispiacere e imbarazzo, ero stata messa in coppia con un certo Nate Walsh, uno dei giocatori della squadra di basket, molto simile come colori e stile a Jason Carver, che tra l'altro idolatrava. Dovevamo fare finta di essere una coppia sposata con tre figli, dove io ero una donna in carriera e lui restava a casa a badare ai bambini, dato che aveva perso il lavoro, quindi, avremmo dovuto fare molta attenzione al budget mensile che avevamo.

<Ti va se ci vediamo oggi pomeriggio per svolgere il compito?> mi domandò lui mentre io prendevo appunti sulla scala di valori che avremmo dovuto tenere in considerazione nel redigere il family economy plan.

<Ehm io di solito lavoro dopo la scuola.> svicolai. <Posso fare io il compito e dire che lo abbiamo fatto insieme?> proposi.

<Ma questo è barare!> sembrava sconvolto.

<Sei il primo sportivo che si preoccupa di barare su un compito?!> lo punzecchiai.

<No.> ridacchiò. <E' che ci tenevo a fare questa cosa perbene.>

<Allora è ancora peggio, sei uno sportivo fuori dai cliché!> feci la finta sconvolta e lui ne rise.

<Non voglio essere uno stereotipo dello sportivo, comunque, facciamo domani, allora?> non si arrendeva.

<Va bene!> esclamai rassegnata.

<Perfetto! Possiamo fare da me?>

<Ehm, credo che la biblioteca andrà benissimo.> preferii un campo neutro.

<Ah, certo, sì.> sembrò leggermente spiazzato.

Finimmo di prendere appunti e appena suonò la campanella mi allontanai per andare a posare i libri prima di recarmi in mensa.

Avevo preferito proporre la biblioteca per studiare visto che non sapevo quale avrebbe potuto essere la reazione di Eddie, cioè noi non stavamo insieme, non ce lo eravamo detti a parole, ma preferivo evitare eventuali complicazioni.

Take on me - Eddie MunsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora